Il 21 giugno non è stato solo il giorno caldissimo
del solstizio astronomico, l’arcano e sempre sospirato passaggio dalla
primavera all’estate. Per migliaia di adolescenti il 21 giugno è stato il
giorno d’inizio dell’esame di maturità, altrettanto arcano e sospirato assaggio
dall’adolescenza all’età adulta. Alle prese con l’esame di Stato sono stati i
ragazzi del 1998 del 1999, gli ultimi nati nel 1900, che ho incontrato nel mio
viaggio per le scuole italiane. In questi giorni di paura e emozione sono loro
ad avermi scritto. Giovanissimi uomini e donne che i sociologi non sanno se
collegare tra i Millennial, Generazione Y, o i post Millennial, ovvero
Generazione Z. Mi sono spesso chiesta se sanno di trovarsi al solstizio di due
generazioni, con quella bizzarra nomenclatura “da equazione” per etichettare la
gioventù che stanno coraggiosamente vivendo. Il 21 giugno è poi accaduto che,
per la prima prova di italiano, il testo scelto dal Ministero sia stata una
poesia del Livornese Giorgio Caproni. E tutto questo ha scatenato un'altra
speciale congiunzione astrale tra me, i miei pensieri e i miei giovani lettori.
Perché Livorno è stata l’ultima città in cui ho scelto di vivere in Itala prima
di trasferirmi in Bosnia, e spesso mi manca. E perché proprio una poesia di
Cipriani apre il mio libro: è sua la voce che ho scelto per presentarmi ai
lettori, il mio esame di maturità da scrittrice. Sono stati in tanti a dirmi
semplicemente “grazie” oppure “ti ho sentita vicina”. Anche molti insegnanti mi
hanno scritto. So bene che la poesia attraverso a quale hanno conosciuto
Caproni, in vista di un buon voto, non è stata loro utile – parola orribile,
che dal latino rimanda al troppo contemporaneo utente, come se i ragazzi fossero
in coda alle poste per ritirare un diploma. La purezza dei messaggi WhatsApp
che ho ricevuto non ha nulla a che fare con il profitto, ma è la purezza delle
cose fragili e preziose che inducono a riflettere. In quelle stesse ore,
infatti, sul web impazzava la polemica su Caproni – con tanto di storpiatura
del nome tra il “capra” di Sgarbi e il Caprotti fondatore dell’Esselunga - in
quanto autore sconosciuto e quindi ingiustificato alla maturità, perché “non è
nel programma”, lasciando intendere che la prova prevista non riguardi la
capacità di comprendere da e qualunque testo , da una poesia a un tweet a un
articolo su D, ma che si tratti solo
di riportare fedelmente quanto scritto sull’antologia di letteratura. Ciò che
più mi ha colpita dei post, degli articoli e dei meme è stata la totale
unilateralità: erano, infatti, tutti scritti da adulti e destinati a far ridere
altri adulti, sudati in ufficio e non sui banchi di scuola, alla ricerca della
battuta giusta per la pausa pranzo. Nessuno dei commenti su Caproni era
indirizzato ai ragazzi, come se gli adulti, magari genitori degli stessi
adolescenti alle prese con la maturità, vivessero su galassie distanti anni
luce, su pianei fuori sincrono in cui il solstizio di cui scrivo non è mai
accaduto, Il 2\ giugno, in mezzo a tutto quel baccano dei presunti grandi e
maturi, ho pensato a quanto precisi siano i versi di caproni per questi tempi
di vitale apologia dell’ignoranza, tempi carnevaleschi di “uomini pieni di
maschere”. E ho dedicato a ciascuno dei ragazzi del 1998, ancora una volta quel
verso che apre il mio primo libro: siete proprio voi, sei proprio tu che “senza
maschere/ nascondi l’arte di esistere”. Servono poesia e sincerità per
affrontare il tempo di mezzo tra il solstizio d’estate e l’equinozio d’autunno,
quando questi giovani uomini e donne dovranno decidere chi vogliono essere e
cosa vogliono fare per vivere, non solo un lavoro o una facoltà. Quando saranno
chiamati alla maturità di scegliersi.
Andrea Marcolongo – Opinioni – Donna di La Repubblica – 22
luglio 2017 -
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