“Nessuno nasce odiando un’altra persona
per il colore della sua pelle, per il suo passato o la sua religione” scrive
Barack Obama su Twitter a commento dei fatti di Charkottesville (città della
Virginia dove, a margine di un’orgogliosa manifestazione di nazisti, uno di
questi ha investito in macchina alcuni contestatori uccidendo una ragazza).
Alla forza della frase, che è una citazione di Nelson Mandela, dà ulteriore
sostegno una foto di Obama sorridente alle prese con tre bambini. Icona del
passato remoto più icona del passato prossimo bastano per dare forma e sostanza
al tweet più cuorato di sempre della
storia del social network più usato da Trump. Oggi, davanti al disfacimento dei
tempi, e in assenza di icone (o idee) del presente in grado di invertire la
rotta, si reagisce soprattutto così (ed è comunque qualcosa). Anche se
probabilmente gran parte di coloro che hanno messo il cuore alla frase di Obama
non sa nemmeno chi sia stato Mandela (un po' come quelli che pensano che Bella Ciao sia una canzone del Modena
City Ramblers, ci si aggrappa a quel record di cuori per sentirsi meno soli.
Pochi giorni dopo il fondamentalismo islamico farà strage nel centro di
Barcellona (con un furgone contro la folla), e chi già si sentiva in guerra si
affretterà a ribadire l’esigenza di lustrare le armi anziché usare “gessetti
colorati” (il simbolo della resistenza pacifica, ritenuta inutile, dannosa,
buonista e ipocrita dai più facinorosi leader di destra), senza capire che sono
proprio quei gessetti colorati, qualora ne fossero rimasti in giro, a marcare
una minima differenza tra chi uccide e chi ragiona, tra chi odia e chi dialoga.
Trovare appigli, mentre basi e regole di convivenza del mondo “occidentale” o
comunque “civilizzato” (quello che lo renderebbero “migliore” degli altri)
crollano giorno dopo giorno, è sempre più complicato. Del resto, se il
presidente degli Stati Uniti d’America avalla il razzismo omicida al punto da
far esultare i nazisti che lo hanno eletto, ogni tentativo di affermare l’ovvio
in difesa dei normali diritti dell’uomo, ovunque questi siano lesi o messi in
discussione, sembra vano. Chi una colta indossava il cappuccio, oggi gira a
volto scoperto. Il dominio dell’intolleranza e dell’indifferenza rotola
implacabile a ogni latitudine legittima a osare l’inosabile, genera emulazione
o afasia anche tra chi dovrebbe provare a opporsi. Diventare più cattivi,
anziché più intelligenti di chi distrugge, è la linea. Non servirà purtroppo
una frase di Nelson Mandela, che in prigione ha passato 27 anni della sua vita
a lottare contro l’apartheid, a sensibilizzare il governo italiano alle sorti
di chi, respinto, è destinato a marcire tra umiliazioni e sofferenze nelle
carceri libiche. Nelson Mandela, con molta probabilità, oggi sarebbe ritenuto
corresponsabile della strage di Barcellona.
Diego Bianchi
– Il Sogno di Zoro – Il Venerdì di La Repubblica – 25 agosto 2017 -
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