La vecchia Europa invecchia. Si nasce meno di quanto si
muoia. Le vite si sono allungate, ma le nuove generazioni sono sempre meno
folte. E col tempo non in grado di garantire la successione, un giorno forse
neppure di assicurare le pensioni agli anziani. Un’iniezione di giovinezza
attenuerebbe il calo demografico destinato a sconvolgere gli equilibri
economici e sociali di molti paesi del Continente e a provocare il loro
declino. La simultanea ondata di migranti, che si abbatte sulle nostre coste,
potrebbe apparire un fenomeno compensativo, qualcosa di simile a un soccorso
provvidenziale destinato a colmare i vuoti umani che si stanno scavando. Ma l’Europa si sente invasa, minacciata dai migranti che fuggono l’Africa e affrontano
la morte nel Mediterraneo, trasformando in un cimitero le acque delle nostre
vacanze. Così siamo stretti in una tenaglia: da un lato il rifiuto (che
considero culturale) di procreare abbastanza per assicurare una costante
continuità all’Europa, dall’altro il rifiuto (spesso xenofobo) di accogliere
masse umane che appaiono come invasori. L’idea di una società multietnica,
ottenuta attraverso una faticosa assimilazione, è vista come una rinuncia alla
nostra identità. Impedisce di vedere le lene ma inesorabili conseguenze del
declino demografico: una bomba silenziosa, con effetti prolungati nel tempo,
spesso al di là delle esistenze di molti di noi. E che per questo appare come
una minaccia del futuro che non vedremo, che non ci tocca, ma di cui siamo
responsabili di fronte alle generazioni che lo conosceranno. Mentre l’ondata di
migranti è il presente. La viviamo. È la paura di oggi. Riassumo i dati
che tante istituzioni europee interessate alla demografa hanno fornito negli
ultimi due anni. Il caso tedesco è il più interessante. Nel prossimo mezzo
secolo la Germania conterà più di sessantaquattro milioni di nascite. Se
persistono i assi di fertilità (1,3 per donna nel 2016 contro il 2,1 necessario
per mantenere stabile la popolazione) entro il 2080 può scomparire una quota di
abitanti equivalente a quella della Germania dell’Est, un tempo comunista. Agli
ottantuno milioni di oggi a livello nazionale se ne dovranno sottrarre
ventiquattro. Vale a dire l’equivalente delle popolazioni, assieme, delle cinque
principali città del paese. Sono cifre da fantascienza rese nebbiose,
incerte, perché con scadenze reali remote, L’angoscia che dovrebbe
accompagnarle può quindi essere rinviata. Inoltre sono pronostici modificabili,
si pensa, con provvedimenti in favore della fertilità. E naturalmente con
immigrazioni controllate, selezionate, insomma asettiche. Senza flussi di
massa, senza drammi e odor di cadaveri. Qualche effetto positivo c’è già stato,
ma resta che, malgrado la robusta spesa pubblica, in cui è compreso un
altrettanto robusto sistema di sicurezza sociale, sulla Germania continua a
pesare la minaccia di una contrazione demografica senza precedenti. Una
decimazione della popolazione contenibile, meglio attenuabile, con una forte
immigrazione. Un’idea quest’ultima che spaventa gli elettori e che può cambiare
il panorama politico tedesco. E anche gli equilibri nell’Unione Europea. La
Francia (insieme alla Gran Bretagna) sfugge al calo demografico, di cui ha
sofferto nel secolo scorso, quando anche i prolifici emigranti italiani
contribuirono a contenerlo. Entro alcuni decenni, stando ai calcoli attuali,
grazie all’apporto degli immigranti in maggioranza magrebini, la Francia
dovrebbe raggiungere i settantotto milioni di abitanti, rispetto al sessantasei
di oggi, e potrebbe superare il Pil tedesco, col conseguente cambiamento
nell’equilibrio del potere europeo. L’Italia invecchia come la Germania e il
suo deficit demografico si avvicina a quello tedesco. Le proiezioni indicano
che la Grecia, il Portogallo, la Bulgaria, la Slovacchia, la Lituania subiranno
nel prossimo decennio un calo della popolazione (37,4%) secondo il Fondo
monetario internazionale difficile da gestire. Lo sfoltimento delle popolazioni
può aumentare in un primo tempo il reddito procapite. Ma l’eredità su cui si
baserebbe questo miglioramento svanirebbe molto presto. Le scelte dell’Europa
mettono in gioco la sua anima e il suo avvenire.
Bernardo Valli – Dentro e Fuori – L’Espresso – 30 luglio 2017
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