I più pigri del mondo sono gli
indonesiani. Lo dice una ricerca dell’Università di Stanford che ha contato i
passi dei cittadini di 111 Paesi. L’indagine si basa sul responso degli
accelerometri degli smartphone. Quei dispositivi geniali o infernali decidete
voi, che misurano in tempo reale tutti i nostri parametri vitali. Nella hit noi
italiani siamo al tredicesimo posto, con 5,296 passi al giorno su una media
mondiale di 4.961. A metà tra i 3.500 dei bradipi indonesiani e i 6,880 delle
lepri di Hong Kong, che i ricercatori considerano i più in forma del Pianeta. E
così la pigrizia è ridotta a una serie di misurazioni biometriche messe in
relazione con variabili come l’obesità, ma anche con il numero di aree pedonali
e piste ciclabili. Sarebbe più giusto allora parlare di attività fisica. O di
movimento. Mentre la pigrizia, parente
stretta dell’ozio, è uno stile di vita. Addirittura un’opzione morale. Così
la vedeva la grande scrittrice Agatha Christie, che considerava indispensabile
al progresso umano un giusto mix di ozio e di pigrizia. Il ritratto di Ercole
Poirot. Non è fancazzismo, per carità, ma qualcosa di simile all’ozio
contemplativo di Seneca e di altri grandi autori classici. Per questi
cervelloni il concetto di attività riguarda soprattutto i neuroni. Altrimenti i
meno pigri del mondo sarebbero i commessi viaggiatori. E se Stanford dà un
colpo al cerchio, l’Università della Florida lo dà alla botte, con uno studio
dal quale emerge che i pigri sono i più intelligenti, perché pensano di più e
corrono di meno. Adesso manca solo una nuova indagine per rimettere insieme mens sana e corpore sano.
Marino Niola – Miti D’Oggi – Il Venerdì di La Repubblica – 28
luglio 2017 -
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