Nella vita di coppia la “pausa di
riflessione” di un partner, com’è noto, annuncia una separazione. La Francia
che chiede una pausa di riflessione all’Italia sul progetto Torino-Lione crea
dunque una giustificata ansia. I due Paesi erano già ultimi innamorati di
questa follia del famoso Corridoio 5 che doveva collegare Lisbona con Kiev ma
ha perso per strada uno dopo l’altro Portogallo, Spagna, Slovenia, Ungheria e
Ucraina, tutti per lo stesso motivo: i conti. In effetti, basta fermarsi e
ragionare. Ventisei miliardi per costruire una Tav su una tratta dove il
traffico merci è in calo da anni non sono un grande investimento. Lo stop di
Macron arriva dopo una sentenza durissima della Corte dei Conti francese, dove
si legge che il progetto è “largamente fuori portata” e “pericoloso per
l’equilibrio delle finanze pubbliche”. Una stroncatura che dovrebbe far
riflettere noi italiani, visto che i nostri conti pubblici non sono certo
migliori dei francesi e il nostro investimento nel progetto è ancora più
oneroso: il 35% dell’opera, contro il 25 della Francia (il rimanente 40 lo
assicura l’Unione). Ma in Italia riflettere sulle opere pubbliche è proibito.
Andiamo avanti senza se e senza ma, a costo di spendere una finanziaria per
mandare alla fine avanti e indietro treni superveloci vuoti. Quelli che si
oppongono alla Torno-Lione sono dipinti da anni sui media come un branco di
scioperato dei centri sociali, anarchici insurrezionalisti, con la molotov in
una mano e nell’altra il ritratto di Bakunin. Sulle ricerche che certificano
l’insensatezza dell’investimento, non un cenno. Il fermo francese è colpa di
Macron, spiegano, che fa gli interessi della Francia a danno dell’Italia. Pensa
che imbecille. E cosa dovrebbe fare, il contrario? I nostri governi continuano
così a buttare soldi pubblici in grandi opere inutili, come il Mose di Venezia
e la Pedemontana, già avviata al fallimento, dopo essere costata 36 milioni a
chilometro, pazienza se a Nizza a quel prezzo ci costruiscono la metropolitana.
Sono tutti soldi sottratti alla tutela del paesaggio, alla manutenzione degli
acquedotti, alla messa in sicurezza delle montagne e dei fiumi, all’edilizia
scolastica e antisismica, ai trasporti locali, alle mille piccole opere utili
che creerebbero lavoro, salute e ricchezza per tutti e non guadagni per pochi,
spesso frutto di ruberie. Ma questi sono discorsi ragionevoli, noiosi. Ebbene,
sì, confesso, sono un anarchico, ho sulla scrivania una foto di Sacco e Vanzetti
e in Val d Susa ho cercato di colpire l’Autorità con un voluminoso studio del
Politecnico di Milano. Per fortuna sono allenati a scansarli.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di La Repubblica –
11 Agosto – 2017-
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