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martedì 8 agosto 2017

Lo Sapevate Che: L'Impero Americano ha le ore contate?...



Si Sente Dire che l’esperienza del viaggiare non è più quella di una volta: troppo veloce, troppo facile, il percorso ci scivola via senza insegnarci nulla. Ai tempi dei nostri bisnonni il viaggio era ostico e faticoso. Ma era anche un lento susseguirsi di impercettibili mutamenti nei paesaggi geografici e umani. Non arrendiamoci alla dittatura della superficialità. Anche un viaggio aereo può essere una magnifica lezione di geografia, concentrata in poche ore. Quando sono fortunato – cieli senza nuvole e quindi buona visibilità – cerco di sorvolare l’America coast-to-coast con gli occhi incollati al finestrino. Mi aiuta persino quel banale atlante che le compagnie aeree pubblicano sulla rivista di bordo, infilata nella tasca del sedile di fronte. Il mini-schermo tv, oltre ai film, offre anche la mappa digitale della rotta, anche quella una miniera di informazioni. Scrutando là sotto cerco una risposta alla domanda: l’Impero Americano ha le ore contate? Anche se da una costa all’altra il viaggio di oggi non è avventuroso, affascinante e pericoloso come ai tempi dei pionieri a cavallo, può comunque lasciare frammenti di impressioni sulla fisicità dell’America, quella dimensione spaziale che nella storia che ha avuto un ruolo importante per trasformare questo paese in una superpotenza. Da New York a San Francisco sono quasi sei ore di volo. E già questo dà l’idea della grandiosità, della dimensione continentale. N ella vecchia Europa, ovunque tu ti trovi, se voli per sei ore finisci già “fuori”, hai superato i confini di quel piccolo continente. Se decolli da JFK, l’areo prima di prendere quota fa una puntata sopra le distese di sabbia bagnate dai cavalloni dell’Atlantico. Serve a ricordarti che questa è la East Coast, guarda verso l’Europa da cui ebbe origine l’invasione e il popolamento coloniale di questa terra. Il pilota poi fa una virata e si dirige verso il Mid-West, sfiorando la regione dei Grandi Laghi al confine col Canada. Il Mid-West fu il primo retroterra economico, inizialmente agricolo e poi industriale, che sostenne lo sviluppo della east Coast. Chicago incarna lo splendore del capitalismo americano del Novecento: con grattacieli più belli di Manhattan, fu a lungo la rivale economica di New York. Anche dall’alto della cabina pressurizzata colpiscono alcune forze di questo territorio. Dall’Ohio all’Iowa, dall’Indiana al Wisconsin, più di un’ora se ne va a sorvolare terre piatte e facilmente arabii, immense pianure gialle di cereali in una zona temperata che si presta allo sfruttamento di un’agricoltura industrializzata, con tanti macchinari. Lì si è sviluppato uno dei più fertili granai del pianeta. Più avanti il volo attraversa paesaggi desertici e montuosi. Nebraska e Dakota, Wyoming e Idaho. Lì sotto c’è l’America Saudita, una zona con giacimento di greggio e gas naturale, ricchezze minerarie. Ecco un’altra forza strutturale, che ha alimentato e sostiene tuttora la superpotenza americana: le materie prime racchiuse nel suo sottosuolo. Solo gli addetti ai lavori lo sanno, ma l’America è ormai quasi auto-sufficiente, non importa più una goccia di petrolio dal Medio Oriente, ha superato Arabia Saudita e Russia nella produzione energetico. Quindi l’aereo comincia una leggera curvatura verso Sud. In direzione di San Francisco, la capitale dell’economia digitale. Questa è l’America bagnata dal Pacifico. Quindi per vocazione guarda verso l’Asia, ha una posizione geografica che la spinge a curare le relazioni con il Giappone, la Corea, la Cina, il sudest asiatico dei dragoni come Taiwan, Singapore e Vietnam. Un’altra notazione di geografia dall’alto: la California appare per lo più disabitata. Come del resto gran parte degli Stati Uniti che ho sorvolato per raggiungerla. C’è ancora tanto vuoto da riempire volendo.
Federico Rampini – Opinioni – Donna di La Repubblica 29 luglio 2017 -

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