Si Sente Dire che l’esperienza del viaggiare non è
più quella di una volta: troppo veloce, troppo facile, il percorso ci scivola
via senza insegnarci nulla. Ai tempi dei nostri bisnonni il viaggio era ostico
e faticoso. Ma era anche un lento susseguirsi di impercettibili mutamenti nei
paesaggi geografici e umani. Non arrendiamoci alla dittatura della
superficialità. Anche un viaggio aereo può essere una magnifica lezione di
geografia, concentrata in poche ore. Quando sono fortunato – cieli senza nuvole
e quindi buona visibilità – cerco di sorvolare l’America coast-to-coast con gli
occhi incollati al finestrino. Mi aiuta persino quel banale atlante che le
compagnie aeree pubblicano sulla rivista di bordo, infilata nella tasca del
sedile di fronte. Il mini-schermo tv, oltre ai film, offre anche la mappa
digitale della rotta, anche quella una miniera di informazioni. Scrutando là
sotto cerco una risposta alla domanda: l’Impero Americano ha le ore contate?
Anche se da una costa all’altra il viaggio di oggi non è avventuroso,
affascinante e pericoloso come ai tempi dei pionieri a cavallo, può comunque
lasciare frammenti di impressioni sulla fisicità dell’America, quella
dimensione spaziale che nella storia che ha avuto un ruolo importante per
trasformare questo paese in una superpotenza. Da New York a San Francisco sono
quasi sei ore di volo. E già questo dà l’idea della grandiosità, della
dimensione continentale. N ella vecchia Europa, ovunque tu ti trovi, se voli
per sei ore finisci già “fuori”, hai superato i confini di quel piccolo
continente. Se decolli da JFK, l’areo prima di prendere quota fa una puntata
sopra le distese di sabbia bagnate dai cavalloni dell’Atlantico. Serve a
ricordarti che questa è la East Coast, guarda verso l’Europa da cui ebbe
origine l’invasione e il popolamento coloniale di questa terra. Il pilota poi
fa una virata e si dirige verso il Mid-West, sfiorando la regione dei Grandi
Laghi al confine col Canada. Il Mid-West fu il primo retroterra economico,
inizialmente agricolo e poi industriale, che sostenne lo sviluppo della east
Coast. Chicago incarna lo splendore del capitalismo americano del Novecento:
con grattacieli più belli di Manhattan, fu a lungo la rivale economica di New
York. Anche dall’alto della cabina pressurizzata colpiscono alcune forze di
questo territorio. Dall’Ohio all’Iowa, dall’Indiana al Wisconsin, più di un’ora
se ne va a sorvolare terre piatte e facilmente arabii, immense pianure gialle
di cereali in una zona temperata che si presta allo sfruttamento di
un’agricoltura industrializzata, con tanti macchinari. Lì si è sviluppato uno
dei più fertili granai del pianeta. Più avanti il volo attraversa paesaggi
desertici e montuosi. Nebraska e Dakota, Wyoming e Idaho. Lì sotto c’è
l’America Saudita, una zona con giacimento di greggio e gas naturale, ricchezze
minerarie. Ecco un’altra forza strutturale, che ha alimentato e sostiene
tuttora la superpotenza americana: le materie prime racchiuse nel suo
sottosuolo. Solo gli addetti ai lavori lo sanno, ma l’America è ormai quasi
auto-sufficiente, non importa più una goccia di petrolio dal Medio Oriente, ha
superato Arabia Saudita e Russia nella produzione energetico. Quindi l’aereo
comincia una leggera curvatura verso Sud. In direzione di San Francisco, la
capitale dell’economia digitale. Questa è l’America bagnata dal Pacifico.
Quindi per vocazione guarda verso l’Asia, ha una posizione geografica che la
spinge a curare le relazioni con il Giappone, la Corea, la Cina, il sudest
asiatico dei dragoni come Taiwan, Singapore e Vietnam. Un’altra notazione di
geografia dall’alto: la California appare per lo più disabitata. Come del resto
gran parte degli Stati Uniti che ho sorvolato per raggiungerla. C’è ancora
tanto vuoto da riempire volendo.
Federico Rampini – Opinioni – Donna di La Repubblica 29
luglio 2017 -
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