Non Farò Il suo nome perché non è più tra noi,
giovane uomo al quale la fortuna sembrava avere regalato tutto e al quale la
fortuna sembrava avere regalato tutto e al quale la stessa dea malvagia portò
via la vita prima di diventare adulto. Seduto sui gradini della mia casa di
Tokyo, dove di tanto in tanto veniva per gustare la cucina di mia moglie Alisa
e magari concedersi qualche giro di poker tra amici, il ragazzo mi confidava
una pena che a milioni di ragazzi come lui sarebbe sembrata invece una
benedizione: “Lei non sa che cosa significhi nascere portando un nome pesante,
crescere sapendo che avrai la responsabilità di grandi aziende, migliaia di
lavoratori e risparmiatori. E soldi a volontà”. Il ragazzo non avrebbe mai
conosciuto il dramma o i trionfi del nome che portava, ma le sue parole, la sua
espressione di angoscia mi tornano alla memoria quando le cosiddette “grandi
famiglie” si avvitano e si consumano su se stesse. Ora negli Stati Uniti è il
momento della famiglia Trump, risucchiata nel gorgo di un intrigo venuto dal
freddo e nel gomitolo di menzogne che minacciano di travolgere proprio il
capoclan, quel Donald che i figli volevano aiutare e proteggere. Per favore,
dimenticate per i minuti necessari a leggere questa paginetta i guai di soldi e
bollette, gi smunti conti correnti e i mutui. Per chi nasce “con il cucchiaio
d’argento in bocca”, ricco sin dal primo vagito, quel danaro che per il 99 per
cento di noi è un sogno non significa niente. Come la salute per chi l’ha. L’ossessione,
per quei bambini, poi teenager, poi adulti – per Donald Jr, il primogenito,
Eric il cadetto, Ivanka la cocca di papà della seconda moglie Marla Maples e
Barton il agazzino dal volto triste e assente che ha dovuto seguire la madre
Melania alla Casa Bianca – l’incubo è non deludere l’ingombrante genitore,
godere della sua approvazione, sentirsi alla sua altezza. Se è vero per tutti i
figli, per i rampolli di un mostro di vanità e di successo, di un uomo assurto
addirittura alla massima poltrona d’America – la Casa Bianca – il timore di
deluderlo dev’essere divorante. E questo aiuta a capire perché Donald jr, il
principe ereditario, si sia immischiato in rapporti con trafficanti e pataccari
russi, probabilmente all’insaputa di suo padre per mostrarsi utile e
indipendente e pieno di iniziative politiche in proprio. I Baby Trump sono già
ricchissimi. Ivanka e il marito Jared valgono più di 300 milioni di dollari, e
i fratelli amministrano più di 300 milioni di dollari, e i fratelli
amministrano i miliardi di papà Mc Donald ed Eric vogliono contare per quello
che sono, non per il nome che portano. E rischiano di inguaiare il Gran Uomo che
sognano di impressionare La storia è densa di drammi e tragedie dei dannati
dalla ricchezza, di giovani che cercano di sfuggire al loro “cucchiaio
d’argento”. Alcuni membri del club dei super ricchi hanno già deciso di non
opprimere i loro rampolli con troppo, immeritato danaro. Bill Gates, il
fondatore di Microsoft con una formula calcolata in 76 miliardi, ha scelto di
lasciare alla figlia una frazione (dieci milioni, spiccioli), cosa credibile
negli USA, dove non esiste la “legittima” quota di eredità. Warren Buffett il
finanziere ha teorizzato che i ricchi dovrebbero lasciare ai figli “abbastanza
per fare quello che vogliono ma non abbastanza per poter non fare niente”. Una
ricerca condotta dalla rivista Forbes,
che conta i soldi nelle tasche altrui, ha notato che il70 per cento delle
ricchezze ereditate vengono sperperate dagli eredi, e il 90 per cento non
sopravvive alla terza generazione. Oggi, guardando all’affannarsi di Donald
Trump Jr. per proteggere il padre dai propri errori, e ricordando lo sguardo
atterrito di quel giovane seduto con me sui gradini di una casa di Tokyo, so
che cosa non proverò mai per loro invidia.
Vittorio Zucconi – Opinioni – Donna di La Repubblica – 29
luglio 2017 -
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