Una battaglia del 1940 raccontata nei nostri giorni può
accendere strane idee. Soprattutto se vi contribuisce un film che si ispira
alla storia senza l’impegno di rispettarla alla lettera. Ha altre ambizioni. È
una fiction. Il tema non è tanto la guerra quanto la sopravvivenza nella
guerra. Paura e coraggio vi si alternano e confondono. È cinema puro, che in
una tensione crescente racconta tre storie simboliche: il soldato Tommy
prigioniero della spiaggia infernale; la fragile imbarcazione impegnata a
soccorrere i naufraghi dell’esercito in rotta; lo Spitfire della Royal Air
Force a confronto con la Luftwaffe. Insieme, immersi nel grandioso e realistico
contesto, scrivono una pagina che può essere letta in varie versioni: una
disfatta militare, oppure un’eroica evacuazione, oppure il salvataggio di un
esercito che potrà così proseguire il conflitto. Tutto questo è compreso nel
“Dunkirk” di Christopher Nola. Preciso subito bellissimo. Non è tuttavia la qualità dell’opera che fa discutere. È come viene ricostruito un
avvenimento cruciale della Seconda guerra mondiale. La travolgente offensiva
tedesca nel Nord della Francia costrinse le truppe francesi e inglesi a
ritirarsi verso il mare. Accerchiati Dunkerque della Wehrmacht, 400 mila uomini
tentarono, mentre veniva difesa la città, di raggiungere le coste britanniche.
Churchill temeva una conquista tedesca dell’Inghilterra e voleva rimpatriare il
suo esercito e quel che era possibile dell’esercito francese. Fu l’operazione
Dynamo, che negli ultimi giorni di maggio e i primi di giugno, grazie anche a
imbarcazioni civili, portò in salvo 338 mila soldati (dei quali 115 mila
francesi) stando alle valutazioni di solito citate. Sul Guardian, la
scrittrice inglese
Sunny Singh rimprovera a Christopher Nolan di avere dimenticato nel suo film le
truppe indiane, arrivate da Bombay, e i marocchini e gli algerini dell’esercito
francese. E ancora, dice Sunny Singh, gli equipaggi della Royal Navy originari
dell’Africa orientale e dell’Asia meridionale che parteciparono
all’evacuazione. Insomma l’accusa è di aver limitato la presenza di “visi non
bianchi” a qualche rapida scena di massa sulla spiaggia e di dare quindi solo
una versione “bianca” della storia. La discriminazione non sarebbe dunque
lontana. Le critiche francesi riguardano il carattere troppo britannico del
film di Nolan, in cui si accenna appena ai difensori francesi della città che
permisero l’evacuazione e persero nella battaglia migliaia di uomini. C’è
perfino chi ha parlato di una “brexit” del 1940, vale a dire di una fuga
inglese dalla Francia invasa dalle truppe del Terzo Reich. Sul terzo volume di
Giornalismo italiano (curato da Franco Contorbia e pubblicato nei Meridiani di
Mondadori) c’è una corrispondenza di Cesco Tomaselli del 2 giugno 1940.
L’inviato speciale del Corriere della Sera segue la battaglia di Dunkerque
ancora in corso da Bergues, località qualche chilometro a sud, dove arriva
quando “il combattimento crepita ancora nei sobborghi orientali” e giusto in
tempo per vedere la bandiera con la svastica salire tra il fumo e gli incendi
sull’antenna della vecchia fortezza”. Nell’articolo poi trasmesso da Colonia,
Tomaselli riferisce quel che gli abitanti di Bergues dicono degli inglesi che
cercano di lasciare Dunkerque: “Avevano fretta, molta fretta. Hanno
raccomandato ai Francesi di tener duro e sono andati a imbarcarsi”. Gli inglesi
che abbandonavano gli alleati e ritornavano in patria era un argomento su cui
già insisteva la propaganda tedesca e anche quella italiana. Mussolini sarebbe
entrato in guerra il 10 giugno. Il giorno prima, il 9, quando la battaglia di
Dunkerque era ormai conclusa, Charles de Gaulle, da poco promosso generale di
brigata a titolo provvisorio e da pochi giorni sottosegretario alla guerra,
incontrava per la prima volta Winston Churchill a Londra. Nei suoi Mémoires de
Guerre racconterà l’impressione che gli fece il premier inglese: “La Gran
Bretagna, guidata da un lottatore di quella tempra, non si sarebbe certamente
piegata”. Ma de Gaulle si rese anche conto che l’unione strategica
franco-britannica si era praticamente spezzata. Riportati a casa i soldati, la
Gran Bretagna pensava alla propria difesa. Mentre la Francia una settimana
dopo, nominava presidente del Consiglio il maresciallo Pétain, avrebbe chiesto
l’armistizio alla Germania. Con la quale l’Inghilterra restava invece in
guerra. Questa è la storia vera dietro il forte, geniale film di Nolan.
Bernardo Valli – Dentro E Fuori – L’Espresso – 27 agosto 2017
-
Nessun commento:
Posta un commento