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sabato 27 giugno 2020

Lo Sapevate Che: STRAGE DI USTICA, 39 anni fa, nel 1980, uno dei grandi misteri irrisolti dell’Italia repubblicana


La strage di Ustica fu un incidente aereo, avvenuto alle 20:59 UTC+2 del 27 giugno 1980 sopra il braccio di mare compreso tra le isole italiane di Ponza e Ustica.
Vi fu coinvolto il volo di linea IH870, partito da Bologna Borgo Panigale e diretto a Palermo Punta Raisi, operato dall'aeromobile Douglas DC-9 della compagnia aerea Itavia, il quale perse il contatto radio con l'aeroporto di Roma-Ciampino, responsabile del controllo del traffico aereo in quel settore, si destrutturò e cadde nel mar Tirreno. Nell'incidente morirono tutti gli 81 occupanti dell'aeromobile, tra passeggeri ed equipaggio. Fino al disastro aereo di Linate, la strage di Ustica fu uno degli incidenti aerei più gravi avvenuti sul suolo italiano dal secondo dopoguerra.
A diversi decenni di distanza, vari aspetti dell'incidente non sono ancora chiariti in maniera compiuta, a partire dalla dinamica stessa.
Varie ipotesi sono state formulate nel corso degli anni riguardo alla natura, alla dinamica e alle cause dell'incidente: una delle più battute, e pertanto accettata con valenza in sede penale e risarcitoria, riguarda un coinvolgimento internazionale, segnatamente franceselibico e statunitense, con il DC-9 che si sarebbe trovato sulla linea di fuoco di un combattimento aereo, venendo infine bersagliato per errore da un missile (sparato segnatamente da un caccia NATO contro un MIG dell'aviazione dello stato nordafricano). Altre ipotesi, tuttavia meno accreditate e, alla prova dei fatti, rivelatesi inconsistenti, parlano di cedimento strutturale o di attentato terroristico (un ordigno esplosivo nella toilette del velivolo), ipotesi tuttavia smentita dalla scoperta di varie parti integre della fusoliera, quali vani carrelli e bagagliaio, che suggerivano che non vi fosse stata alcuna esplosione interna
Francesco Cossigaprimo ministro all'epoca dell'incidente aereo, nel 2007 ne attribuì la responsabilità a un missile francese «a risonanza e non a impatto», destinato al velivolo libico su cui, a sua detta, si sarebbe trovato GheddafiTesi analoga è alla base della conferma, da parte della Cassazione, della sentenza di condanna civile al risarcimento ai familiari delle vittime, irrogata contro i Ministeri di Trasporti e Difesa dal tribunale di Palermo.
Dal punto di vista penale, altresì, i procedimenti per alto tradimento a carico di quattro esponenti dei vertici militari italiani si sono conclusi con l'assoluzione degli imputati. Altri procedimenti a carico di circa 80 militari del personale dell'Aeronautica si sono conclusi con condanne per vari reati, tra i quali falso e distruzione di documenti.
La compagnia Itavia di Aldo Davanzali, già pesantemente indebitata prima dell'incidente, cessò le operazioni il 10 dicembre successivo; il 12 dicembre 1980 le fu revocata la licenza di operatore aereo con messa a rischio dei livelli occupazionalie, nel giro di un anno, si aprì la procedura di amministrazione controllata, cui fece seguito il conferimento di flotta aerea e personale ad Aermediterranea, società partecipata dall'allora compagnia di bandiera Alitalia e dalla sua consociata ATI. Nel 2018 la Cassazione ha condannato i ministeri delle Infrastrutture e della Difesa a risarcire gli eredi del titolare della compagnia Itavia per il dissesto finanziario al quale andò incontro dopo il disastro aereo di Ustica; i due ministeri sono stati riconosciuti colpevoli dell'omesso controllo della situazione di rischio venutasi a creare nei cieli di Ustica dove aerei militari non autorizzati e non identificati incrociarono l'aerovia assegnata al volo Itavia.
Le vittime
Le vittime del disastro furono ottantuno, di cui tredici bambini, ma furono ritrovate e recuperate solo trentotto salme.
La Procura di Palermo dispose l'ispezione esterna di tutti i cadaveri rinvenuti e l'autopsia completa di 7 cadaveri, richiedendo ai periti di indicare[
1.    causa, mezzi ed epoca dei decessi;
2.    le lesioni presentate dai cadaveri;
3.    se su di essi si ravvisassero presenze di sostanze tossiche e di corpi estranei;
4.    se vi fossero tracce evidenti di ustioni o di annegamento.
Sulle sette salme di cui fu disposta l'autopsia furono riscontrati sia grandi traumi da caduta (a livello scheletrico e viscerale), sia lesioni enfisematose polmonari da decompressione (tipiche di sinistri in cui l'aereo si apre in volo e perde repentinamente la pressione interna)[]. Nelle perizie gli esperti affermarono che l'instaurarsi degli enfisemi da depressurizzazione precedette cronologicamente tutte le altre lesioni riscontrate, ma non causò direttamente il decesso dei passeggeri facendo loro soltanto perdere conoscenza. La morte, secondo i medesimi esperti, sopravvenne soltanto in seguito, a causa di traumi fatali, riconducibili (così come la presenza di schegge e piccole parti metalliche in alcuni dei corpi) a reiterati urti con la struttura dell'aereo in caduta e, in ultima analisi, all'impatto del DC9 con l'acqua. La ricerca tossicologica dell'ossido di carbonio e dell'acido cianidrico (residui da combustione) fu negativa nel sangue e nei polmoni. Nessuna delle salme presentava segni di ustione o di annegamento].
Il controllo radiografico, alla ricerca di residui metallici, risultò positivo su cinque cadaveri. Più precisamente:
·        nel cadavere 20 due piccole schegge nell'indice e nel medio sinistri;
·        nel cadavere 34 piccoli frammenti in proiezione della testa dell'omero destra e della quinta vertebra lombare;
·        nel cadavere 36 minuti frammenti nella coscia sinistra;
·        nel cadavere 37 un bullone con relativo dado nelle parti molli dell'emibacino;
·        nel cadavere 38 un frammento delle dimensioni di un seme di zucca e di forma irregolare nella mano destra.
La perizia ritenne di escludere, per le caratteristiche morfologiche e dimensionali, la provenienza dei minuscoli corpi estranei dall'eventuale frammentazione di involucro di un qualsiasi ordigno esplosivo.

La 
scatola nera (FDR) dell'aereo aveva registrato dati di volo assolutamente regolari: prima della sciagura la velocità era di circa 323 nodi, la quota circa 7630 m (25 000 piedi) con prua a 178°, l'accelerazione verticale oscillava, senza oltrepassare 1,15 g. La registrazione del tranquillo dialogo tra il comandante Domenico Gatti e il copilota Enzo Fontana, che si raccontavano barzellette, restituita dal cockpit voice recorder (CVR), si era interrotta improvvisamente e senza alcun segnale allarmante che precedesse la troncatura.
Gli ultimi secondi dal CVR:
«Allora siamo a discorsi da fare... [...] Va bene i capelli sono bianchi... È logico... Eh, lunedì intendevamo trovarci ben poche volte, se no... Sporca eh! Allora sentite questa... Guarda cos'è?».
Inizialmente, la registrazione si era interrotta tagliando l'ultima parola, che per anni si ipotizzò fosse un «Guarda!». Il 10 giugno 2020, un'accurata pulizia dell'audio ha rivelato che le ultime parole pronunciate dal pilota fossero «Guarda cos'è?», confermando la teoria della visione dell'arrivo di un missile o di un velivolo militare. (..)
Indagini
Le ipotesi
Le principali ipotesi sulle quali gli inquirenti hanno indagato sono::
·        il DC-9 sarebbe stato abbattuto da un missile aria-aria lanciato da un aereo militare;
·        il DC-9 sarebbe precipitato dopo essere entrato in collisione (o in semicollisione) con un aereo militare; .
·        sarebbe avvenuto un cedimento strutturale;
·        sarebbe esplosa una bomba a bordo
A partire dalla succitata prima ipotesi, negli anni si è affermata la tesi che in zona vi fosse un'intensa attività aerea internazionale: sebbene dagli enti militari, nazionali e alleati, sino ai primi anni novanta non fosse mai giunta alcuna conferma di tali attività (che pure è stato ipotizzato possano essere state occultate), né sul relitto sia mai stato trovato alcun frammento di missile, ma soltanto tracce di esplosivo, si sarebbe determinato uno scenario di guerra aerea, nel quale il DC-9 Itavia si sarebbe trovato per puro caso mentre era in volo livellato sulla rotta Bologna-Palermo. Testimonianze emerse nel 2013 confermerebbero la presenza di aerei da guerra] e navi portaerei
L'occultamento e la distruzionedi alcuni registri (MarsalaLicola e e di alcuni nastri radar (Marsala e Grosseto) che registrarono il tracciato del volo DC-9 IH870, a fronte delle prove prodotte da altri analoghi registri e nastri non occultabili e non distrutti (FiumicinoSatellite russo) vengono portati a sostegno di tale ipotesi.
Da testimonianze risulta che se il disastro avesse avuto cause chiare (difetto strutturale o bomba) non sarebbe stato necessario occultare e distruggere prove di primaria importanza sul volo, come è stato stabilito dalle conclusioni della sentenza nel Procedimento Penale Nr. 527/84 A G. I. I dati di volo distrutti e recuperati da altre fonti nazionali e internazionali[32] e l'allarme generale della difesa aerea lanciato da due piloti dell'aeronautica militare italiana potrebbero confermare la tesi accusatoria, secondo la quale l'aereo DC-9 Itavia del volo IH870, attorno al quale volavano almeno tre aerei dei quali uno a velocità supersonica[46], sia stato abbattuto da un aereo che volava a velocità supersonicatesi proposta per la prima volta dall'esperto del National Transportation Safety Board, John Macidull.
La magistratura italiana ha condotto un'attività di indagine durata decenni, con cospicue cartelle di atti: al processo di primo grado si giunse con due milioni di pagine di istruttoria, 4 000 testimoni, 115 perizie, un'ottantina di rogatorie internazionali e 300 miliardi di lire di sole spese processuali[49] e quasi trecento udienze processuali.
Le indagini vennero avviate immediatamente sia dalla magistratura sia dal Ministero dei Trasporti, all'epoca ministro Formica. Aprirono un procedimento le procure di Palermo, Roma e Bologna, mentre il ministro dei trasporti nominò una commissione d'inchiesta tecnico-formale diretta dal dottor Carlo Luzzatti, che però non concluse mai i suoi compiti, visto che, dopo aver presentato due relazioni preliminari, decise per l'autoscioglimento nel 1982 a causa di insanabili contrasti di attribuzioni con la magistratura. Formica finì con l'adeguarsi alla tesi prevalente, che l'aereo era precipitato per un cedimento strutturale dovuto alla cattiva manutenzione. Il 10 dicembre 1980 Itavia interruppe l'attività, mentre ai dipendenti non veniva più corrisposto lo stipendio. Il Ministero dei Trasporti il 12 dicembre 1980 revocò all'Itavia le concessioni per l'esercizio dell'attività, su rinuncia della stessa compagnia aerea.
Dal 1982 l'indagine divenne, di fatto, di esclusiva competenza della magistratura, nella persona del giudice istruttore di Roma Vittorio Bucarelli. La ricerca delle cause dell'incidente, nei primi anni e senza disporre del relitto, non permise di raggiungere dati sufficientemente attendibili.
Tracce di esplosivi
Sui pochi resti disponibili, i periti rinvennero tracce di esplosivi.
Nel 1982, una perizia eseguita da parte di esperti dell'aeronautica militare italiana, trovò solo C4, esplosivo plastico presente nelle bombe, come quella fatta esplodere nel successivo 1987 da agenti della Corea del Nord sul volo Korean Air 858.. Nella relazione della Direzione laboratori dell'A.M. - IV Divisione Esplosivi e Propellenti (Torri) del 5 ottobre 1982 (parte I, Libro I, Capo I, Titolo III, capitolo III della sentenza ordinanza del giudice istruttore) la causa dell'incidente viene individuata nella detonazione di una massa di esplosivo presente a bordo del velivolo, in ragione della rilevata presenza su alcuni reperti di tracce di T4, e dell'assenza di tracce di TNT
La perizia dell'Aeronautica Militare venne seguita da una controperizia dell'accusa la seconda repertazione, nel 1987, trovò T4 e TNT su di un frammento dello schienale nº 2 rossola perizia chimica Malorni Acampora del 3 febbraio 1987 (disposta dal giudice istruttore nel corso della perizia Blasi: Parte I, Libro I, Capo I, Titolo III, Capitolo IV, pag. 1399 e ss. della sentenza ordinanza del giudice istruttore) rileva la presenza chiara e inequivocabile sia di T4 sia di TNT (sempre nel frammento dello schienale nº 2 rosso), miscela la cui presenza è tipica degli ordigni esplosivi. Queste componenti di esplosivi, solitamente presenti nelle miscele di ordigni esplosivi, hanno indebolito l'ipotesi di un cedimento strutturale, come era stato ipotizzato il 28 gennaio 1981 da una commissione nominata dal ministro dei trasporti Formica.
L'acclarata presenza di esplosivi indeboliva l'ipotesi di cedimento strutturale, tanto più per cattiva manutenzione. Ciò aprì, in epoche successive, spiragli per richieste di risarcimenti a favore dell'Itavia (cui tuttavia il ministro dei Trasporti Formica aveva revocato la concessione dei servizi aerei di linea per il pesante passivo dei conti aziendali, non per il disastro).
Secondo le rivelazioni di due cablogrammi (cable) (03ROME2887 e 03ROME3199pubblicati sul sito WikiLeaks, l'allora ministro per le relazioni con il parlamento, Carlo Giovanardi, difese in Parlamento la versione della bomba, paragonandola a quella della strage di Lockerbie. Tuttavia, in un'intervista concessa ad AgoraVox Italia, Giovanardi smentì la versione dell'ambasciata statunitense, in cui si legge che lo stesso avrebbe espresso la sua volontà di "mettere a tacere" le ipotesi sulla strage di Ustica[61]. Le parole di Carlo Giovanardi furono poi contestate dalla senatrice Bonfietti, presidente dell'Associazione parenti delle vittime della strage di Ustica
Recupero del relitto
Nel 1987 il ministro del Tesoro Giuliano Amato stanziò i fondi per il recupero del relitto del DC-9, che giaceva in fondo al mar Tirreno. La profondità di 3 700 metri alla quale si trovava il relitto rendeva complesse e costose le operazioni di localizzazione e recupero. Pochissime erano le imprese specializzate che disponevano delle attrezzature e dell'esperienza necessarie: la scelta ricadde sulla ditta francese Ifremer (Institut français de recherche pour l'exploitation de la mer, Istituto di ricerca francese per lo sfruttamento del mare), che il giudice Rosario Priore avrebbe poi ritenuto collegata ai servizi segreti francesi. Sulla conduzione dell'operazione di recupero effettuata dai DSRV della Ifremer, che portò in superficie la maggior parte della cellula dell'aeromobile, scaturirono molti dubbi, principalmente sui filmati consegnati in copia e sul fatto che l'ispezione al relitto documentata dalla ditta francese fosse davvero stata la prima. Le difficoltà tecniche, i problemi di finanziamento e le resistenze esercitate da varie delle parti interessate contribuirono a rimandare il recupero per molti anni. Alla fine due distinte campagne di recupero, nel 1987 e nel 1991, consentirono di riportare in superficie circa il 96% del relitto del DC-9; si specifica che è stato recuperato l'85% della superficie bagnata dell'aereo[66]. Il relitto venne ricomposto in un hangar dell'aeroporto di Pratica di Mare, dove rimase a disposizione della magistratura per le indagini fino al 5 giugno 2006, data in cui fu trasferito e sistemato, grazie al contributo dei Vigili del Fuoco di Roma, nel Museo della Memoria, approntato appositamente a Bologna.

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