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mercoledì 17 giugno 2020

Lo Sapevate Che: Il caso Tortora, 36 anni fa, nel 1983


La storia di Enzo Tortora

L'ha raccontata un libro qualche anno fa, e vale la pena recuperarla, che si voglia guardare la fiction televisiva o no

Applausi e sputi è la bella e drammatica biografia di Enzo Tortora scritta da Vittorio Pezzuto e pubblicata nel 2008 da Sperling & Kupfer. Ha naturalmente al centro la fase della vita di Tortora diventata più vergognosamente famosa nella storia d’Italia: quella del suo arresto per le false accuse di alcuni cosiddetti “pentiti”, della sua tormentata e dolorosa storia giudiziaria e di quei cinque anni che si conclusero con la sua morte per tumore a un polmone meno di un anno dopo la sua assoluzione. Questo è il racconto dell’avvio di quei cinque anni, che segue i capitoli dedicati alla vita di Tortora fino ad allora e ai suoi successi giornalistici e televisivi, fino a quello tuttora ricordato della trasmissione Portobello.

Si avvicina intanto la fine del sesto ciclo di rintocchi del Big Ben televisivo e Tortora si interroga sull’eventualità di prorogare ulteriormente la vita di Portobello. Nonostante il grande numero di variazioni apportate negli anni, non si può infatti pensare di proporre la sua formula all’infinito. D’altra parte l’idea continua a funzionare e dopo questa trasmissione (la prima a fare a meno dei gettoni d’oro e degli ospiti d’onore, la prima a dire no alle lotterie della memoria) perfino molti quiz si sono «portobellizzati». Nessuno può negare che il programma abbia segnato una svolta autentica nel gusto, nello stile, nel modo stesso di fare televisione. Annota lo stesso Tortora:

Non posso che esserne felice e non posso che sentire il peso, la responsabilità di dare un erede a questo pappagallo. E poi parliamoci chiaro: chi butterebbe via, coi tempi che corrono e con un pubblico sempre più distratto, una trasmissione che quando va male registra ancora venti milioni di spettatori? Io ricevo ogni mattina lettere a migliaia. Sono di persone molto care che mi dicono: «Continui! Il venerdì lei ci tiene compagnia». Queste, credetemi, sono le soddisfazioni più vere. D’altro lato ci sono (e guai se non ci fossero) gli snob, i critici superciliosi, quelli che definiscono «paccottiglia provinciale e strappalacrime» il mio programma. Liberissimi di farlo. Ma obbligati a dimostrare (loro che sono tanto in gamba, tanto bravi, tanto intelligenti), una volta varato un loro programma, di portarlo a indici di ascolto decenti. Io non ho mai avuto protettori o santi in paradiso. I miei santi stanno tutti in poltrona, ogni venerdì sera. Tutto questo per dirvi, amici, che la parola «fine» s’avvicina.

La pronuncia infatti la sera del 3 giugno, al termine dell’ultima puntata di Portobello, guardando il suo orologio da polso: «Big Ben ha detto stop. Da domani, carissimi telespettatori, mi mancherà un venerdì». Poco dopo, riunito a tavola con tutti i suoi amici e collaboratori, si dimostra una volta tanto piuttosto soddisfatto per la riuscita della trasmissione. Fa e riceve complimenti e ascolta i progetti di ciascuno sulle imminenti vacanze. Un po’ li invidia. Non perché sogni come loro mete esotiche e mondane tipo Maldive o Mauritius (preferirebbe di gran lunga trascorrere qualche settimana di riposo in campagna) ma perché sa che ad attenderlo vi è ancora molto lavoro.
Dopo qualche giorno, formando un’inedita coppia con Pippo Baudo, inizia infatti a registrare al teatro Eliseo di Roma le nove serate di Italia parla: la risposta di Retequattro (che si avvale per l’occasione della consulenza di Steve Curling, un esperto americano di talk-show) all’imbalsamata Tribuna Politica condotta in Rai da Jader Jacobelli. La formula ideata dal direttore dei programmi Carlo Gregoretti è per l’epoca decisamente innovativa: davanti al pubblico in platea, i due presentatori – coadiuvati da due gemelle triestine, capostipiti delle attuali «microfonine» – interrogano direttamente un leader politico seduto su una poltrona stile Luigi XV e mediano le domande postegli da un campione rappresentativo di venti elettori selezionato dalla redazione. «Il nostro compito», spiega Tortora ai giornalisti, «è quello di schierarci dalla parte del cittadino per aiutarlo nel difficile impatto con i professionisti della politica, per convogliare il dialogo su ritmi agili e temi di interesse generale.»

Le prime puntate registrate hanno come protagonisti Ciriaco De Mita (farà notizia il suo rifiuto di sedersi sulla poltrona per andarsi ad accucciare sui gradini del palcoscenico), Enrico Berlinguer, Pietro Longo, Pietro Ingrao e Marco Pannella. Il 16 giugno 1983 Tortora trascorre l’intera giornata a lavorare con lo staff della trasmissione, al quale ha comunicato nel frattempo la decisione di prolungare per un altro anno ancora la vita di Portobello: l’indomani, accompagnato da sua sorella e da Angelo Citterio, che lo stanno raggiungendo in aereo da Milano, si recherà infatti nella sede della Rai per firmare il contratto per la settima edizione del programma.

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