Nell'autunno romano del 1871, il 26
ottobre, Carlotta Poldi dà alla luce il suo secondogenito, Carlo Alberto.
Sarta, nativa di Bologna, Carlotta ha sposato il cameriere Vincenzo Salustri,
di Albano Laziale, mettendo su una famiglia onesta ma di modestissime
condizioni economiche che prende casa in via del Babbuino, al numero 114, a
Roma. Oltre alla scarsità di mezzi, i Salustri sembrano perseguitati dalla
sfortuna: nel 1872 muore per difterite la piccola Isabella, sorella di Carlo
Alberto, a soli tre anni e, nel 1874, viene a mancare anche Vincenzo.
Dall'anagramma del suo cognome Carlo
Alberto Salustri ricava la parola "Trilussa", con la
quale si firma assumendola quale definitivo nome d'arte. Due anni dopo esce,
sullo stesso giornale, la sua prima opera "Stelle de Roma". Passa a
scrivere su testate ben più importanti, fra le quali il "Don
Chisciotte" ed "Il Messaggero", narrando a modo suo aspetti di
vita quotidiana della capitale.
Nella sua casa-studio di via Maria
Adelaide, 17, assistito dalla fedele governante Rosa, Carlo Alberto Salustri -
in arte Trilussa - si spegne qualche settimana dopo, il
21 dicembre 1950, all'età di 79 anni.
La collaborazione al
"Rugantino" comincia da giornalista, ed è proprio osservando la vita
quotidiana intorno a sé che lo porta a scoprire un particolare talento nella
narrazione in versi: Trilussa riesce a trarre dai fatti e dai comportamenti umani
l'essenza più intima che trasforma in poesia spesso ironica e canzonatoria.
Alto, elegante, disincantato, con il suo stile dissacrante, a tratti sferzante,
il poeta romano si arma di satira per fustigare la falsa morale della piccola
borghesia romana ed italiana del tempo.
Ma Trilussa è anche strenuo difensore
della dignità e libertà dei popoli quando mette a nudo le ipocrisie di sovrani
e capi di Stato:
"Ninna nanna, tu nun senti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s'ammazzza
a vantaggio de la razza
o a vantaggio d'una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovramo macellaro...".
Nato come poeta dialettale, nello stesso
filone del Belli e
del suo contemporaneo Pascarella, il vernacolo di Trilussa tende piuttosto ad
italianizzarsi, cosa che, se per un verso lo espone a critiche da parte dei
poeti trasteverini dell'epoca, dall'altro gli consente di infondere nei suoi
epigrammi un respiro più ampio, di imprimere alla sua arte una dimensione più
universale. Ed anche a questo si deve il grande successo che egli riscuote in
tutta l'Italia ed all'estero. Dopo la morte, Mondadori riunisce in unico volume
le sue opere che pubblica col titolo "Tutte le poesie", nel 1951.
Nessun commento:
Posta un commento