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lunedì 2 dicembre 2019

Lo sapevate Che: Fermi il 2 dicembre 1942 innesca la prima reazione nucleare a catena



L'ERA NUCLEARE
di Carlo Rubbia
  
 L'era nucleare ha inizio il 2 dicembre 1942, quando Enrico Fermi riesce a innescare la prima reazione a catena controllata con la pila atomica C.P.1 - Chicago Pile Number One - da lui costruita in una palestra dell'Università della capitale dell'Illinois. In quel luogo, diventato un campo di basket, non c'è niente, neanche una targa a ricordo dell'evento storico così determinante per le sorti dell'umanità. La pila di Fermi non era molto diversa da un moderno reattore a grafite (sostanza costituita di carbonio quasi puro) come quello di Chernobyl: ancora oggi la tecnologia nucleare vive sostanzialmente di rendita e sfrutta quel modello al quale sono state apportate solo delle varianti. La pila larga 7.5 metri e alta 5.8 metri era semplicemente una montagna di mattonelle di grafite pura, disposte l'una sull'altra, ciascuna delle quali conteneva una pastiglietta di uranio, il combustibile nucleare. La pila servì a dimostrare che, con una grafite di sufficiente purezza e circa 40 tonnellate di uranio naturale sottoforma di ossido di uranio, era possibile innescare la reazione a catena. L'uranio naturale è un metallo composto per il 99.3 % dell'isotopo con numero di massa 238 e per lo 0.7 % dell'isotopo 235, che sono chimicamente identici ma fisicamente diversi; i loro atomi hanno cioè le stesse proprietà chimiche mentre i nuclei sono diversi. Il nucleo dell'uranio 238 contiene infatti 92 protoni e 146 neutroni, quello dell'uranio 235 ha tre neutroni di meno. Ma è solamente quest'ultimo il responsabile della reazione nucleare che si produce essenzialmente attraverso i neutroni che possono, poiché elettricamente neutre, avvicinarsi ad altri nuclei e "cascarci dentro". Quando un neutrone viene catturato dall'uranio 235, si ha fissione: il nucleo si spezza, si separa in due nuclei nuovi liberando una quantità di energia pari a circa 200 milioni di elettronvolt. Il processo di fissione si può immaginare come la rottura di una goccia in due parti, due nuovi nuclei che sono generalmente radioattivi. Nascono così, al momento della fissione, quelle sostanze associate ai rischi dell'energia nucleare, quei radioisotopi segnati da un'instabilità che può variare da pochi millesimi di secondo a parecchie migliaia di anni. Nello stadio finale si formano inoltre in media due o tre neutroni che rendono positivo il bilancio neutronico della fissione: a partire da uno necessario per produrre la reazione ne vengono fuori tre, che possono innescare nuovi processi. Per far questo, i neutroni, che sono troppo veloci, devono essere rallentati. Nella pila di Fermi le mattonelle di grafite rappresentavano il moderatore tra un punto e l'altro del viaggio del neutrone mentre il controllo della reazione a catena era affidato, come si fa ancora oggi, alle barre di cadmio, un materiale estremamente famelico di neutroni. L'inserimento di queste barre consente di interrompere la reazione. Per alcuni mesi Fermi e i suoi collaboratori continuarono ad aggiungere mattonella su mattonella per vedere a che punto la pila cominciasse a diventare critica e i neutroni a moltiplicarsi. Ogni volta che si aggiungeva una mattonella, il numero dei neutroni doveva essere controllato con un contatore. Elaborato teoricamente, calcolato sulla carta, questo processo non era mai stato sperimentato. Il primo ticchettio si sentì verso l'ora di pranzo di quel 2 dicembre. Era cominciata la reazione a catena, e con essa l'inizio dell'era nucleare per il genere umano. Si racconta che a quel punto Fermi ordinò di far calare le barre di cadmio e disse: "Let's have lunch - andiamo a mangiare". L'esperimento fu ripreso dopo pranzo e felicemente concluso nel pomeriggio.
Essendo puramente dimostrativa, la pila originale di Fermi non produceva energia utilizzabile; tuttavia un moderno reattore elettronucleare a neutroni lenti non ne è fondamentalmente diverso. Oggi le pastiglie di uranio sono contenute in un involucro metallico ad altissima resistenza, capsule di acciaio o lega di zirconio; l'elemento moderatore può ancora essere la grafite ma è più spesso, nei modelli più diffusi, la stessa acqua di raffreddamento; il combustibile non è più l'uranio naturale ma un uranio arricchito mediante un procedimento che porta l'uranio 235 dallo 0.7 fino al 4 %. Un piccolo reattore dimostrativo a cielo aperto, con le bacchette di uranio immerse in una piscina di parecchi metri di profondità e in cui l'acqua è illuminata di un bel colore blu dal bombardamento radioattivo, fa pensare a un meraviglioso fenomeno scientifico, non al mostro che potrebbe divorare il mondo.
Anche la pila di Fermi era apparentemente innocua, eppure conteneva tutte le indicazioni sia per la produzione di energia sia per l'esplosione nucleare, entrambe basate sullo stesso elemento chiave della reazione a catena, il processo di fissione.
La pila di Fermi era dunque una creatura tecnologica straordinaria. A partire da quel modello abbiamo costruito macchine sempre più grandi, più complesse, più potenti.
Dai due-trecento megawatt elettrici dei primi esemplari siamo ormai ad una taglia media di mille e si progettano reattori da tremila megawatt: più radioattività,più calore, rischio di meltdown con conseguenze disastrose.Negli ultimi anni per porre freno a questa tendenza al gigantismo nucleare si è iniziata la progettazione di reattori di piccola taglia, dell'ordine di cento megawatt, alcuni dei quali già in funzione. Tuttavia, oltre ad essere proporzionalmente più costosi, i minireattori non risolvono interamente il problema della sicurezza:se ciascuno di essi contiene una minore radioattività, l'insieme rappresenta un pericolo più diffuso.
L'atomo di pace diventa atomo di guerra per la presenza dell'uranio 238 che fa del reattore, lo si voglia o no, una macchina per produrre il plutonio, l'ingrediente più comune delle bombe A.
Il plutonio si forma spontaneamente durante il processo di fissione, insieme agli altri isotopi più o meno instabili, le famose scorie radioattive generate dalla trasformazione dell'uranio.
Ogni sei mesi, un anno, il combustibile deve essere sostituito.Lo si fa inserendo nuove barre di uranio al posto di quelle consumate che tuttavia non sono inerti ma cariche di tutti i prodotti della fissione in forma solida, liquida o gassosa, che continuano a emettere raggi alfa, beta e gamma.
A questo stadio la radioattività è ancora così intensa da produrre calore e imporre quindi un energico raffreddamento del materiale.
Le barre vanno prima trasferite in vasche di raffreddamento annesse alla centrale, dove ha luogo una parziale decontaminazione naturale con il decadimento dei radioisotopi a vita più breve; quindi sottoposte, in appositi impianti, a un trattamento chimico per la separazione dei vari elementi, con il recupero dell'uranio non trasformato dalla fissione e l'accantonamento del plutonio e delle altre scorie.
Si apre a questo punto il grave problema dell'eliminazione dei rifiuti radioattivi.Con vari metodi sono inceneriti,triturati,macinati,pressati,vetrificati e inglobati in fusti impermeabili a loro volta disposti in recipienti di acciaio inossidabile, veri e propri sarcofaghi in miniatura.
Queste "vergogne" dell'energia nucleare vengono nascoste nelle profondità sotterranee e marine.Non abbiamo la minima idea di quello che potrebbe succedere dei fusti con tonnellate di sostanze radioattive che abbiamo già seppellito e di quelli che aspettano di esserlo.Ci liberiamo di un problema passandolo in eredità alle generazioni future, perché queste scorie saranno attive per millenni.
La sicurezza assoluta non esiste neppure in quest'ultimo stadio del ciclo nucleare. I cimiteri radioattivi possono essere violati da terremoti, bombardamenti, atti di sabotaggio. Malgrado tutte le precauzioni tecnologiche, lo spessore e la resistenza dei materiali in cui questi rifiuti della fissione sono sigillati, la radioattività può, in condizioni estreme, sprigionarsi in qualche misura, soprattutto dai fusti calati nei fondali marini. Si sono trovate tracce di cesio e di plutonio e altri radioisotopi nella fauna e nella flora dei mari più usati come cimiteri nucleari. Neppure il deposito sotterraneo, a centinaia di metri di profondità può essere ritenuto secondo me, completamente sicuro. Sotto la pressione delle rocce, a migliaia di anni da oggi, dimenticate dalle generazioni a venire, le scorie potrebbero spezzarsi o essere assorbite da un cambiamento geologico che trasformi una zona da secca in umida, entrare quindi nelle acque e andare lontano a contaminare l'uomo attraverso la catena alimentare. A mio parere queste scorie rappresentano delle bombe ritardate. Le nascondiamo pensando che non ci saremo per risponderne personalmente.

"Il reperimento e lo sfruttamento delle fonti energetiche, costituisce oggi uno dei problemi più gravi ed urgenti che la nostra società si trova a dover affrontare. L'energia nucleare, che sembrava in un primo momento poter essere la soluzione più valida, perché energia pulita, si è rilevata ora piena di pericoli e di minacce per l'uomo; d'altra parte anche le tradizionali fonti di energia e le cosiddette "fonti alternative" non sembrano adeguate a risolvere il problema.

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