Rita Levi Montalcini: Torino, 22 aprile 1909
- Roma, 30 dicembre 2012
Neurologa, Senatrice a
vita e premio Nobel per la Medicina nel 1986
"Ho
perso un po' la vista, molto l'udito. Alle conferenze non vedo le proiezioni e
non sento bene. Ma penso più adesso di quando avevo vent'anni. Il corpo faccia
quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente"
Rita Levi Montalcini nacque
a Torino il 22 aprile 1909, da Adamo
Levi, ingegnere elettrico e matematico, e Adele Montalcini, pittrice. La
famiglia, che comprendeva anche Paola (sorella gemella di Rita), Gino ed Anna
(questi ultimi più grandi di Rita di 7 e 9 anni rispettivamente) era ebrea e
pertanto, come vedremo, il contesto storico rese particolarmente duro il percorso di studi e di
vita della scienziata italiana.
Considerando la mentalità comune di quegli anni, che
portava a considerare la carriera professionale per le donne un ostacolo al
loro più naturale ruolo di mogli e madri, Rita Levi Montalcini fu iscritta dal padre
alla Scuola Superiore Femminile Margherita di Savoia di Torino.
Successivamente, forte della sua autonomia di pensiero, Rita riuscì in qualche
modo a ribellarsi all’autorità paterna e a un destino “preconfezionato” e
tradizionale e si iscrisse all’Università, alla facoltà di Medicina di Torino
La
formazione, il rigore scientifico e l’approccio alle problematiche del settore
di Rita Levi Montalcini si consolidarono in quegli anni
grazie alla guida dell’istologo Giuseppe Levi (1872
-1965), con cui si laureò nel 1936, e al confronto con personalità scientifiche
quali il microbiologo Salvatore Edoardo Luria (1912-1991)
e il virologo Renato Dulbecco (1914-2012),
entrambi futuri premi Nobel.
Dopo
la laurea Rita Levi Montalcini fu
ammessa al corso di specializzazione triennale in
neurologia e psichiatria, per quanto non avesse ancora la
certezza di dedicarsi alla pratica medica o alla ricerca nel
campo.
A causa
delle leggi razziali, approvate in Italia nel 1938, Rita Levi Montalcini fu costretta a lasciare l’università di Torino e a trasferirsi
a Bruxelles, in Belgio, presso il laboratorio del Dr. Laruelle dell’Istituto
neurologico, e vi rimase per tutto il 1939. Tornò a Torino qualche settimana prima dell’invasione tedesca del Belgio e lavorò in
laboratori di fortuna allestiti, con l’aiuto di Giuseppe
Levi e ispirata dall’esperienza simile
dell’istologo spagnolo Santiago Ramòn y Cajal, presso la sua abitazione in Corso
Re Umberto a Torino e, successivamente, in una casa di campagna vicino
Asti.
Il lavoro
svolto da Rita Levi Montalcini tra il 1940 e il 1941 nel suo piccolo laboratorio domestico fu
ispirato da un articolo pubblicato dall’embriologo Viktor Hamburger (1900–2001) e relativo alle conseguenze dell’asportazione, in embrioni di pollo di tre giorni, dell’abbozzo di uno
dei due arti inferiori.
Lo scopo delle
ricerche di Rita Levi Montalcini era quello di individuare il ruolo dei tessuti
periferici nello sviluppo dei centri nervosi deputati
alla loro innervazione. L’osservazione principale fu che, quando privato
dell’arto, il nervo formava a livello dell’amputazione un vero e proprio “gomitolo
di fibre o neuroma”. (..)
Nel 1943 Rita
Levi Montalcini evitò la deportazione rifugiandosi
a Firenze con la madre e le sorelle. Vi rimasero nascoste fino allaliberazione
della città da parte degli inglesi e dei partigiani nel settembre 1944. A
Firenze, Rita Levi Montalcini lavorò
come medico presso una caserma che
fungeva da accampamento per gli sfollati (aveva ottenuto dal Comune il
distintivo della Croce Rossa e il permesso di circolare anche durante il
coprifuoco).
Riuscì a tornare a Torino dopo il 25 aprile 1945 e il Prof.
Levi le offrì un posto di assistente. L’esperienza a Firenze l’aveva colpita
duramente minandone l’entusiasmo che la accompagnava negli esperimenti di neuroembriologia. L’entusiasmo
tornò grazie ad una lettera di Viktor
Hamburger, che la invitava per un semestre nel suo laboratorio
alla Washington University di Saint Louis. Rita Levi Montalcini partì per l’America nel
1947 e vi resterà per circa trent’anni, durante i quali potette lavorare
alle ricerche in neurobiologia iniziate
a Torino.
In particolare, gli esperimenti condotti da Rita Levi Montalcini in
questo periodo furono ispirati da un lavoro pubblicato da Elmer Bueker nel 1948. Lo
studioso aveva trapiantato frammenti di un tumore maligno di topo (S180) in
embrioni di pollo al terzo giorno di incubazione, alla base dell’abbozzo di uno
degli arti. Dopo qualche giorno, il frammento di tumore risultava innervato da
fibre che provenivano da cellule adiacenti al trapianto
Rita
Levi Montalcini replicò tali esperimenti e nel
saggio Cronologia di una scoperta lei
stessa spiegava: “All’esame istologico degli
embrioni portatori di questi innesti di natura neoplastica, contemplai
attraverso gli oculari del mio microscopio uno spettacolo che mi apparve subito
di eccezionale interesse. Tra le cellule tumorali […] si intrecciavano in ogni
direzione fasci di fibre nervose che spiccavano per la loro colorazion
La studiosa notava che tali cellule erano numerosissime e
caratterizzate da una ramificazione anomala e da una distribuzione atipica tra
le cellule neoplastiche (tumorali). Sulla base di questi risultati, Rita Levi Montalcini formulò
l’ipotesi secondo cui i tessuti neoplastici (cioè
tumorali) rilasciano un fattore responsabile dell’effetto osservato. Questa
ipotesi sarà confermata negli anni da tutti gli studi successivi.
L’ipotesi formulata da Rita Levi Montalcini fu ancora più
grandiosa se consideriamo il periodo a cui risale. Negli anni 50 del Novecento infatti
l’ipotesi secondo cui una molecola fosse in grado di diffondere da un tessuto
andando ad influenzare processi specifici a livello dei nervi, richiedeva un
notevole sforzo di immaginazione. In quegli anni non era ancora concepito il
meccanismo d’azione in base al quale diverse linee cellulari normali producono
e liberano fattori di crescita specifici che a loro volta sono captati da altre
cellule in modo selettivo.
Quando Rita tornò
a St. Louis nel 1953, al gruppo del professor Hamburger si era aggiunto il
biochimico Stanley Cohen. Iniziò tra
i due una splendida e fruttuosa collaborazione di sei anni che portò all’individuazione del fattore rilasciato dal tumore (di
natura proteica) e in grado di stimolare la crescita delle fibre nervose. Nel
1954 fu denominato Nerve
Growth Factor (NGF)(..)
Stanley
Cohen isolò dunque il fattore NGF dal veleno di serpente, dove era
molto più abbondante (circa 1000 volte di più) che nell’estratto dei due tipi
di tumore di topo. L’NGF è
inoltre presente in grandissime quantità nelle ghiandole salivari sottomascellari
di topo maschio adulto ed è da queste che, dal 1958, viene estratto e
purificato l’NGF per lo
studio delle sue attività biologiche.
Con tecniche immunologiche classiche, nel 1959 fu prodotto
un antisiero specifico in grado di inibire l’effetto del NGF. Tutto ciò aiutò a
individuarne il ruolo chiave: prodotto nei tessuti e negli organi periferici l’NGF viene trasportato per
via retrograda fino ai neuroni innervanti che vanno incontro a morte qualora
questo trasporto sia impedito. Ad oggi l’NGF è
considerato una neurochina in
grado di agire sul sistema nervoso, endocrino e immunitario. La struttura
proteica dell’NGF fu individuata nel 1971 da altri studiosi.
Considerando che l’NGF non
si ritrova in organismi semplici (es. moscerino della frutta o drosophila), si
è dedotto che esso è coinvolto in attività di ordine superiore rispetto a
quello che è lo sviluppo dei circuiti neuronali.
Come evidenziato dalla stessa Rita Levi Montalcini ci
sono stati degli studi che hanno dimostrato che le funzioni cognitive in topi
con sintomi neurodegenerativi, miglioravano in seguito ad inalazione di NGF attraverso uno spray.
Il fatto di poter far arrivare l’NGF al cervello dall’esterno
in modo non invasivo o traumatico rappresenta sicuramente un fattore importante
per possibili sviluppi terapeutici.
Rita Levi Montalcini è stata membro delle più prestigiose accademie scientifiche nazionali
e internazionali, quali l’Accademia Nazionale dei Lincei, l’Accademia
Pontificia delle Scienze, l’Accademia delle Scienze, la National Academy of
Science e la Royal Society. Inoltre fu presidente onorario dell’Associazione
Italiana Sclerosi Multipla e, dal 1993 al 1998, presiedette l’Istituto
dell’Enciclopedia Italiana Treccani.
Dal 1999 fu Ambasciatrice
di Buona Volontà della FAO e nel 2001 fu nominata senatrice a vita dal
Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Nel 2005 fondò a Roma
l’Istituto Europeo di Ricerche sul Cervello, l’EBRI (European Brain Research
Institute), con la finalità di svolgere attività di ricerca nel campo delle
neuroscienze
Nel
breve saggio L'asso nella manica a brandelli, Rita
Levi Montalcini affrontava il tema della
vecchiaia, che nei versi di una poesia di Yeats viene
raffigurata come un “abito a brandelli”. La scienziata affermava che “nel
gioco della vita, la carta di maggior valore è rappresentata dalla capacità di
avvalersi, in tutte le fasi e in particolare nella fase senile, delle attività
mentali e psichiche in proprio possesso. Il cervello può mantenere le proprie
funzioni anche in tarda età, grazie alla capacità delle cellule cerebrali
residue di compensare la diminuzione numerica con un aumento delle
ramificazioni e l’utilizzo di circuiti neuronali alternativi".
La
scienziata italiana Rita Levi Montalcini ha
rappresentato un esempio straordinario anche in tal senso. Impegnata fino alla
fine sia a livello scientifico che sociale, si è spenta all’età di 103 anni,
il 30 dicembre 2012, nella sua abitazione romana di viale
di Villa Massimo.
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