Ambrosius; Treviri, 340 ca.; † Milano, 4 aprile 397) è stato un arcivescovo e teologo latino. È venerato come Padre della Chiesa e annoverato
tra i quattro massimi dottori della Chiesa, insieme a san Girolamo, sant'Agostino e san Gregorio Magno.
La Chiesa cattolica lo ricorda
il 7 dicembre, giorno della sua
ordinazione episcopale, con grado di memoria nel Rito romano e di solennità nel Rito ambrosiano. La Chiesa ortodossa il 20 dicembre, mentre le
Chiese vetero-cattolica e luterana lo commemorano il 4 aprile, giorno della
sua morte. È copatrono della
città di Milano con San Carlo Borromeo e San Galdino e patrono della Chiesa ambrosiana, della Lombardia e di altre località e attività (cfr. la
scheda).
Gioventù
Membro di due importanti famiglie senatorie
romane (la famiglia Aureliana, da parte materna, la famiglia Simmaco, da parte paterna),
nacque forse nel 334-339 a Treviri (Gallia), dove il padre era prefetto
del pretorio. Morto il padre la famiglia tornò a Roma dove Ambrogio frequentò le migliori scuole,
partecipando poi alla vita pubblica della città.
Nomina a vescovo
Verso il 370 fu
inviato a governare le province dell'Emilia e della Liguria, con sede a Milano. In quella
città era molto aspra la lotta tra ortodossi e ariani, soprattutto dopo la
morte del vescovo ariano Aussenzio. Ambrogio
intervenne a pacificare gli animi delle due fazioni avverse, e la sua autorità
fu tale che egli, pur semplice catecumeno, venne
acclamato dal popolo vescovo di Milano.
Fino a quel momento Ambrogio era il più alto magistrato dell'Impero
nell'Italia settentrionale. Culturalmente molto preparato, ma altrettanto
sfornito nell'approccio alle Scritture, il nuovo
Vescovo si mise a studiarle alacremente. Imparò a conoscere e a commentare
la Bibbia dalle
opere di Origene, il maestro indiscusso della "scuola alessandrina". In questo modo Ambrogio trasferì nell'ambiente latino la
meditazione delle Scritture avviata da Origene, iniziando in Occidente la
pratica della lectio divina. Il metodo della lectio giunse
a guidare tutta la predicazione e gli scritti di Ambrogio, che scaturiscono
precisamente dall'ascolto orante della Parola di Dio.
Episcopato
Uomo di grande carità, tenne la sua
porta sempre aperta, prodigandosi senza tregua per il bene dei cittadini
affidati alle sue cure. Sant'Ambrogio, ad esempio, non esitò a spezzare i Vasi
Sacri e ad usare il ricavo dalla vendita per il riscatto di prigionieri, disse
che in questi casi era lecito spezzare questi Sacri Vasi anche se benedetti.[1]
La sua sapienza ed il suo prestigio furono determinanti per la conversione di Sant'Agostino, il suo seguace più
eminente, che era venuto a Milano per insegnare retorica[2]. Nel sesto
libro delle Confessioni Agostino racconta del suo incontro con Ambrogio.
Egli scrive testualmente che, quando si recava dal vescovo di Milano, lo
trovava regolarmente impegnato con persone piene di problemi, per le cui
necessità egli si prodigava. C'era sempre una lunga fila che aspettava di
parlare con Ambrogio per trovare da lui consolazione e speranza. Quando
Ambrogio non era con loro, con la gente (e questo accadeva per lo spazio di
pochissimo tempo), o ristorava il corpo con il cibo necessario, o alimentava lo
spirito con le letture. Agostino si meravigliava perché Ambrogio leggeva le
Scritture a bocca chiusa, solo con gli occhi (cfr. Confessioni 6,3).
A quei tempi, di fatto, la lettura era strettamente concepita ai fini della
proclamazione, e il leggere ad alta voce facilitava la comprensione pure a chi
leggeva. Che Ambrogio leggesse con gli occhi soltanto, segnala, ad Agostino
ammirato, una capacità singolare di lettura e di familiarità con le Scritture.
Fu Ambrogio a rinvenire i corpi dei santi Gervasio e
Protasio, in onore dei quali fu costruita una basilica, nella quale
sarà lui stesso sepolto, e che sarà poi chiamata Basilica di Sant'Ambrogio.
Ambrogio, vescovo della città di residenza della corte imperiale, esercitò
un'influenza importante nella vita politica dell'impero. Il potere politico e
quello religioso del tempo, infatti, erano strettamente legati. Anche
l'imperatore, a cominciare da Costantino, esercitavano una certa autorità
sulla Chiesa. L'unità
dell'impero non aveva sempre trovato una Chiesa unita sotto un unico pastore.
Essendo Ambrogio precettore dell'imperatore Graziano, lo educò secondo i principi del cristianesimo. Egli
predicava all'imperatore di rendere grazie a Dio per le vittorie dell'esercito. Però (a fronte di
una sconfitta) gli disse che questa non era dovuta a Dio, ma all'esercito.
Chiese poi a Graziano di indire un concilio (che si
tenne ad Aquileia nel settembre del 381) per
condannare due vescovi in odore di arianesimo, secondo i
dettami dei vari concili ecumenici ed anche secondo l'opinione del papa e dei vescovi ortodossi.[3] In questo
concilio Ambrogio mise in atto tutto il suo potere per affermare che Gesù
Cristo è vero Doi e vero uomo.
Ambrogio influì anche sulla politica religiosa di Teodosio I. Nel 380, con l'editto di Tessalonica, il cristianesimo fu proclamato religione di stato.
Nel 390 richiamò
severamente l'imperatore, che aveva ordinato un massacro tra la popolazione
di Tessalonica, rea di aver linciato il capo del presidio romano
della città. In tre ore di carneficina erano state assassinate migliaia di
persone. Ambrogio impose all'imperatore una "penitenza pubblica",
cioè l'esclusione dalla partecipazione ai riti sacri. Teodosio accettò il
castigo ecclesiale. Nel Natale di quell'anno
l'imperatore venne assolto e riammesso ai sacramenti.
Teologia e liturgia secondo Ambrogio
Ambrogio scrisse opere di morale e teologia e combatté a fondo sia l'arianesimo che
il paganesimo. In particolare, per combattere l'arianesimo, giunse
a colpi di mano per occupare le chiese di Milano. La corte imperiale di Milano
era apertamente schierata con gli ariani ed è famoso il suo racconto in cui,
assieme ai confratelli, "occupa" la basilica destinata agli ariani.
Egli scrisse inoltre inni per la preghiera, compiendo
fondamentali riforme nel culto e nel canto sacro, che introdusse nella liturgia,
Fu fautore della supremazia del vescovo di Roma su gli altri vescovi,
(es. Palladio) che lo ritenevano un pari loro: da lì a poco il
vescovo di Roma Siricio (come già
i patriarchi di Costantinopoli e di Antiochia) assumerà il
titolo di Papa.
Milano e il rito ambrosiano
Già nel settembre del 600 papa Gregorio Magno parlò del neoeletto vescovo di Milano, Deodato, non tanto come successore, bensì come "vicario" di sant'Ambrogio (equiparandolo quasi ad un secondo "vescovo di
Roma").[4] Nell'anno 881 invece papa Giovanni VIII definì per la prima volta la
diocesi "ambrosiana", termine che è rimasto ancora oggi per
identificare non solo la Chiesa di Milano, ma talvolta anche la stessa città.
L'eredità di Ambrogio è delineata principalmente a partire dalla sua attività
pastorale: la predicazione della Parola di Dio coniugata alla dottrina della Chiesa cattolica, l'attenzione ai problemi della giustizia sociale, l'accoglienza verso le persone provenienti da popoli lontani, la denuncia
degli errori nella vita civile e politica.[4]
L'operato di Ambrogio lasciò un segno profondo in particolare sulla liturgia. Egli introdusse nella chiesa occidentale molti elementi tratti dalle
liturgie orientali, in particolare canti e inni. Si attribuisce ad Ambrogio
l'inno Te lucis ante, ma la questione è controversa e
negata anche da Luigi Biraghi. Le riforme liturgiche furono mantenute nella diocesi di Milano anche dai
successori e costituirono il nucleo del Rito
ambrosiano, sopravvissuto all'uniformazione dei riti e alla
costituzione dell'unico rito romano voluta da papa Gregorio I e dal Concilio di Trento.
In dialetto milanese sant'Ambrogio è detto sant Ambroeus (grafia
classica) o sant Ambrös (entrambi pronunciati
"sant'ambrœs").
Alla sua figura è ispirato anche il premio Ambrogino d'oro, che è il nome non ufficiale con cui sono comunemente chiamate le
onorificenze conferite dal comune di Milano.
Sant'Ambrogio e il canto liturgico
Con il termine di ambrosiano non si definisce solo la liturgia della chiesa
cattolica che fa riferimento al santo, ma anche un preciso modo di cantare
durante la liturgia. Esso viene indicato con il nome di canto ambrosiano. Esso
è caratterizzato dal canto di inni, cioè di nuove composizioni poetiche in
versi, distinte dai salmi, che vengono cantate da tutti i partecipanti al rito.
A differenza di quanto avveniva per i salmi solitamente cantati da un solista o
da un gruppo di coristi. Esso viene invece cantato da tutti i partecipanti, in
cori alternati, normalmente tra donne e uomini, ma in altri casi tra giovani e anziani
o anche tra fanciulli e adulti. Alcuni di questi inni sono
stati sicuramente composti da Ambrogio. La certezza viene dal fatto che a
menzionarle è Sant'Agostino, che fu discepolo di Sant'Ambrogio. Essi sono:
Aeterne rerum conditor (cf. Retractionum I,21);
Iam surgit hora
tertia (cf. De natura et gratia 63,74);
Deus creator
omnium (ricordato nelle Confessioni e
citato complessivamente ben cinque volte dal vescovo di Ippona);
Intende qui
regis Israel (cf. Sermo 372 4,3).
Già nel settembre del 600 papa Gregorio Magno parlò del neoeletto vescovo di Milano, Deodato, non tanto come successore, bensì come "vicario" di sant'Ambrogio (equiparandolo quasi ad un secondo "vescovo di
Roma").[4] Nell'anno 881 invece papa Giovanni VIII definì per la prima volta la
diocesi "ambrosiana", termine che è rimasto ancora oggi per
identificare non solo la Chiesa di Milano, ma talvolta anche la stessa città.
L'eredità di Ambrogio è delineata principalmente a partire dalla sua attività
pastorale: la predicazione della Parola di Dio coniugata alla dottrina della Chiesa cattolica, l'attenzione ai problemi della giustizia sociale, l'accoglienza verso le persone provenienti da popoli lontani, la denuncia
degli errori nella vita civile e politica.[4]
L'operato di Ambrogio lasciò un segno profondo in particolare sulla liturgia. Egli introdusse nella chiesa occidentale molti elementi tratti dalle
liturgie orientali, in particolare canti e inni. Si attribuisce ad Ambrogio
l'inno Te lucis ante, ma la questione è controversa e
negata anche da Luigi Biraghi. Le riforme liturgiche furono mantenute nella diocesi di Milano anche dai
successori e costituirono il nucleo del Rito
ambrosiano, sopravvissuto all'uniformazione dei riti e alla
costituzione dell'unico rito romano voluta da papa Gregorio I e dal Concilio di Trento.
In dialetto milanese sant'Ambrogio è detto sant Ambroeus (grafia
classica) o sant Ambrös (entrambi pronunciati
"sant'ambrœs").
Alla sua figura è ispirato anche il premio Ambrogino d'oro, che è il nome non ufficiale con cui sono comunemente chiamate le
onorificenze conferite dal comune di Milano. (..).
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