81 anni fa lo 'Stupro di Nanchino', l'olocausto dimenticato
L'olocausto
asiatico ha causato oltre 14 milioni di vittime nella sola Cina: Il 13 dicembre
1937 i giapponesi entrarono nell'allora capitale cinese
trucidando 300 mila persone nelle prime settimane di occupazione
e stuprando oltre 20 mila donne, anziane, madri e bambine
La Treccani definisce l'olocausto
come “Forma di sacrificio praticata nell’antichità, specialmente nella
religione greca e in quella ebraica, in cui la vittima veniva interamente
bruciata.” Di fronte agli orrori di Nanchino, tuttavia, forse persino queste
parole suonano limitanti. A bruciare interamente sono state una città, i
raccolti, le persone, ma non è stata questa la parte peggiore. Cosa accadde a
Nanchino 80 anni fa e perché? Cosa rimane oggi di quel tragico evento?
Il contesto storico: “Una guerra mondiale
in anticipo”
La storiografia ufficiale
individua lo scoppio della Seconda guerra mondiale nell'invasione nazista della
Polonia del 1939. Tuttavia, negli anni '30, numerosi focolai stavano già preparando
il terreno per lo scontro. Uno degli avvenimenti più importanti, che per alcuni segna il reale inizio
del conflitto globale, fu la seconda
guerra sino-giapponese nel 1937, l'alba della Guerra nel Pacifico che incendiò
Pearl Harbor e tramontò con Hiroshima e Nakasaki.
La Cina andava incontro a profondi
mutamenti dopo secoli di colonialismo occidentale e la caduta dell'Impero più
longevo della storia. Oltre alle potenze straniere, la
Repubblica fronteggiava 10 anni di guerra civile tra Nazionalisti e
Comunisti. Nel mentre, il Giappone si era affermato come prima super
potenza asiatica sconfiggendo la Russia e uscendo vittorioso dalla Grande
Guerra. I suoi piani espansionistici e la sua propaganda sulla superiorità
razziale non avevano nulla da invidiare al Terzo Reich. I cinesi erano
considerati una razza inferiore e si prevedeva la presa della Cina in soli 3
mesi, stile guerra lampo hitleriana.
Nel 1931 il Giappone era già
riuscito a creare uno stato fantoccio in Manciuria, nel nord della Cina, ma il
conflitto esplose il 7 luglio 1937 col pretesto dell'incidente del Ponte Marco
Polo. I giapponesi sbarcarono a Shanghai e trovarono una strenua resistenza ad
aspettarli. Quei tre mesi previsti per l'intera nazione bastarono solo per la
prima città e costarono oltre 40mila uomini. Fu proprio la strenua
resistenza che spronò ulteriormente le truppe nipponiche a marciare su
Nanchino, nonostante non fosse una tappa militarmente fondamentale. Dopo
Shanghai, infatti, il governo nazionalista si era trasferito a Chongqing e non
erano rimaste grosse difese nella capitale, ormai abbandonata a se
stessa, senza piani di evacuazione per i civili o di ritirata per i
soldati. Nonostante tutto, la Cina non dichiarò la resa e il Giappone
ordinò di radere al suolo Nanchino senza fare prigionieri.
Le dimensioni e la brutalità del massacro
L'olocausto asiatico causò dalle 14 alle 20 milioni di
vittime per mano
giapponese nella sola Cina, due volte il peso della Shoa nazista. Esattamente
80 anni fa avvenne quello che è forse il suo episodio più brutale. Il 13
dicembre 1937, i giapponesi entrano a Nanchino.
Un corrispondente del New York Times in fuga dall'ex-capitale
scrisse: “Mentre partivo per Shanghai assistetti all'esecuzione di 200 uomini
in soli 10 minuti.” Il Tribunale per i Crimini di Guerra di Tokyo ha stimato
che in sole sei settimane siano state stuprate 20 mila donne, anziane, madri e
bambine e uccise 200mila persone nei modi più barbari. Molte altre fonti ne
contano oltre 300mila. “Un agenzia umanitaria ha
sepolto 100mila persone; la Croce Rossa invece 43mila” raccontano Denis and Peggy Warner “In soli 5 giorni i
giapponesi hanno gettato nel fiume Yangtze 150mila cadaveri.”
Alcuni report
trattano di contest con la spada indetti
dagli ufficiali. Chi più rapidamente avesse ucciso 100 cinesi sarebbe stato
ricompensato militarmente. “La gara fu riportata con grande seguito nei giornali giapponesicome un'evento
sportivo”.
Lo storico
Yoshiaki Yoshimi descrive invece come il Giappone istituì circa 2000 centri in
tutta l'Asia orientale che coinvolgevano circa 200mila “comfort women” da Cina,
Filippine, Corea e altre nazioni. Ci sono ragazze cinesi che sono state
stuprate 37 volte, e bambine di undici anni abusate per diversi
giorni. Purtroppo gli abusi delle truppe non si limitarono ad essere solo
di carattere sessuale. Le carte del Nanking Massacre Project, Women Under Siege
e Nanking elencano una serie di atrocità tra cui: versare acido sui
prigionieri; cannibalismo; decapitazioni; infanticidi; famiglie costrette
all'incesto e alla necrofilia, sepolte con il busto fuori per essere bruciate
vive o attaccate dai cani.
Fondamentale fu il ruolo di alcuni
occidentali come John Rabe, Minnie Vautrin, Bob Wilson e George Fitch, che si
impegnarono per l'istituzione di una Safety-Zone internazionale non autorizzata
dai giapponesi e disarmata, ma capace di salvare migliaia di vite.
L'olocausto dimenticato: Memoria e
controversie tra Cina, Giappone e occidente
Nazionalismo, revisionismo,
negazionismo e indifferenza. Sono queste le principali lenti di lettura cinese,
giapponese e occidentale su quanto accaduto. I cinesi parlano di datusha (大屠杀 grande massacro), i giapponesi parlano di shijian (事件 incidente), noi quasi non ne
parliamo. Per questo la scrittrice Iris Chang l'ha definito “l'olocausto
dimenticato”.
I cinesi vogliono giustamente che
la memoria sia preservata e parlano dei fatti reali, ma li condiscono spesso
all'interno di una narrazione nazionalista e di rivendicazione storica. I
giapponesi hanno riconosciuto le proprie colpe ma questo non ha fermato le
pulsioni di revisionisti e negazionisti. Infatti, nonostante il presidente
Shinzo Abe abbia come di rito fatto ammenda per le atrocità del suo paese, non
si è sottratto dal rendere omaggio al santuario di Yasukuni, mausoleo ospitante
1068 criminali di guerra, scatenando le ire di Cina e Corea. Al tempo stesso ha
attuato un revisionismo dei libri di testo, volti a diffondere una “più
bilanciata” visione dei fatti storici.
L’approccio
alla memoria di Cina, Giappone e occidente su Nanchino ci ricorda di come delle
volte la storia, per quanto brutale, possa non insegnare nulla. E' folle
ignorare l'accaduto. E' folle negarlo o mistificarlo. È folle usarlo per
rivendicare l'odio. Ian Buruma scrisse, “Fatti come questi non possono essere
spiegati da una particolare cultura o storia. Dopo tutto, in precedenti guerre
come la guerra Russo-Giapponese nel 1904-05, i soldati giapponesi erano
rinomati per la loro disciplina. Sfortunatamente, uomini da ogni nazione sono
capaci di estrema brutalità, una volta che l'animale che hanno dentro viene
sguinzagliato.” La memoria sfida quella bestia.
di Gian
Luca Atzorihttps://www.agi.it/blog-italia/agi-china/stupro_nanchino_80_anni-3260264/post/2017-12-13/
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