Secondo uno studio, scegliamo
se stare con le persone care o gli estranei a seconda del nostro umore. Ma è
tutto da dimostrare...
Quando siamo
felici non cerchiamo le persone care, ma gli estranei. Sì, familiari e amici li
preferiamo quando il tono dell’umore è più giù del previsto. Mentre l’ebbrezza
anche temporanea della gioia può spingerci nella braccia di chi ci è meno
familiare. A dirlo è un gruppo di ricercatori le cui scoperte, pubblicate sulla
rivista Psychological Science, suggeriscono
che quando i tempi sono davvero buoni, le persone a cui ci rivolgiamo non sono affatto
amici.
HAPPY BIG DATA. Gli autori
dello studio hanno esaminato gli umori e le interazioni sociali di oltre 30.000
persone (la maggior parte delle quali francesi), nel corso di un
mese. I dati sono stati raccolti attraverso un'app chiamata 58 Seconds, che inviava
messaggi ai partecipanti a varie ore del giorno chiedendo loro di digitare come
si sentivano, cosa stavano facendo e con chi erano. Questi dati hanno quindi
permesso ai ricercatori di esaminare come la felicità dei partecipanti fosse
correlata alle persone con cui avrebbero trascorso del tempo da lì a poco. E in
che modo quelle interazioni li avrebbero fatti sentire successivamente.
FELICI E SOCIEVOLI. I risultati
suggeriscono che, in base ai sentimenti che proviamo in un determinato momento,
rivolgiamo le nostre attenzioni a un preciso tipo di persona. E che a loro
volta queste persone hanno un effetto sul nostro umore: lo sollevano o lo
inaspriscono, spingendoci a cercare altre persone con cui condividere il nuovo
umore. A leggere i dati si scopre che partecipanti più felici dello studio
avevano effettivamente trascorso più tempo con gli altri in generale. E quando
erano felici, avevano maggiori probabilità di avventurarsi a trascorrere del
tempo con estranei, e così facendo riducevano la loro felicità. Se i
partecipanti invece si sentivano tristi avevano maggiori probabilità di
interagire in seguito con amici e familiari. E questo li rendeva più felici.
GIRANDOLA SOCIALE. Secondo lo
studio, in pratica, se qualcuno si sente triste a mezzogiorno di sabato,
avrebbe una probabilità di incontrare un amico nel pomeriggio doppia rispetto a
una persona che, alla stessa ora, si sentisse particolarmente felice. Invece se
quella persona fosse particolarmente felice, le sue probabilità di interagire
con uno sconosciuto quel pomeriggio aumenterebbero del 20%. Si
metterebbe in moto, così, una "catena" di interazioni, con estranei
che possono mettere la persona a disagio rendendola meno felice, e amici intimi
che la rincuorano di nuovo, e rendono la persona desiderosa di trascorrere del
tempo con più estranei, in una sorta di bizzarra girandola sociale.
BUON UMORE E NUOVE AMICIZIE. Naturalmente
questi risultati non corrispondono necessariamente all'esperienza di ciascuno
di noi. Lo studio mostra solo correlazioni, non causalità. E gli autori
riconoscono che tutto potrebbe essere spiegato col fatto che quando sappiamo
che dobbiamo interagire con degli estranei, per esempio, potremmo
consapevolmente tentare di auto-motivarci e entrare in un mood più estroverso. Ma se
in futuro altre ricerche confermeranno questo modello, potrebbero dirci
qualcosa di importante su come i nostri umori influenzano le nostre
relazioni. In sostanza, sia la gioia che la tristezza promuovono la
socializzazione, ma apparentemente con obiettivi diversi
FLESSIBILITÀ EDONICA. Esistono
diverse teorie scientifiche su come il nostro umore influenza ciò che facciamo.
C’è per esempio l'ipotesi dell'opportunismo edonico, che
suggerisce che cerchiamo sempre di sentirci meglio, indipendentemente
dall'umore in cui ci troviamo. Mentre l’ipotesi della salienza
edonica suggerisce che cerchiamo di sentirci meglio quando ci
sentiamo particolarmente tristi, ma è quando ci sentiamo in qualche modo
stabili che intraprendiamo attività meno piacevoli, ma necessarie, come le
faccende domestiche. Secondo i ricercatori i risultati di questo nuovo studio
sarebbero invece un esempio del principio della flessibilità
edonica, che suggerisce che diamo priorità a diversi obiettivi in base al nostro stato emotivo.
Quando ci
sentiamo male, l'obiettivo è solo di sentirci di nuovo bene. Ma quando ci
sentiamo felici, è più probabile che sacrifichiamo un po’ della comodità delle
vecchie relazioni logore per raggiungere obiettivi a lungo termine, come fare
rete o fare nuove amicizie. Possiamo usare la nostra felicità per darci
l'energia per raggiungere nuove persone. E questi estranei, a loro volta,
possono diventare gli stessi amici su cui facciamo affidamento una volta che ci
sentiamo di nuovo male.
Questi risultati dimostrano che i legami tra felicità e comportamento sociale sono più complessi di quanto spesso assunto nella letteratura delle emozioni positive. E, soprattutto, spiega Maxime Taquet, uno degli autori dello studio e ricercatore presso l'Università di Oxford e la Harvard Medical School "Questo suggerisce che la felicità è una risorsa, piuttosto che l'obiettivo finale della nostra vita".
Questi risultati dimostrano che i legami tra felicità e comportamento sociale sono più complessi di quanto spesso assunto nella letteratura delle emozioni positive. E, soprattutto, spiega Maxime Taquet, uno degli autori dello studio e ricercatore presso l'Università di Oxford e la Harvard Medical School "Questo suggerisce che la felicità è una risorsa, piuttosto che l'obiettivo finale della nostra vita".
Agosto 2019 - https://www.focus.it/comportamento/psicologia/quando-siamo-felici-preferiamo-gli-estranei-agli-amici
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