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Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni popolari (foto 1 galleria)
Il Museo Archeologico Nazionale di
Ferrara racconta
la storia della città etrusca di Spina, fondata intorno al 530 a.C. sul Po, a
breve distanza dal mare Adriatico: un porto raggiunto regolarmente dai Greci,
che scambiavano olio, vino e ceramiche pregiate con i raffinati oggetti in
bronzo dell’Etruria tirrenica, grano e cereali dell’entroterra padano e
prodotti provenienti dal Nord Europa, come ambra e stagno. La scoperta della
città, avvenuta casualmente nel 1922 durante la bonifica della Val Trebba, ha
portato alla luce anche una vasta necropoli, con più di 4.000 tombe, da cui
proviene la maggior parte dei reperti. Oltre ai materiali etruschi, nel museo
sono esposte anche due imbarcazioni di epoca romana.
Il palazzo cinquecentesco detto “di Ludovico il Moro”, sede del
museo, si deve in realtà al nobile Antonio Costabili, ambasciatore di Ercole I
d’Este presso gli Sforza, a Milano. Il progetto è del famoso architetto Biagio
Rossetti, autore in quegli anni della riqualificazione urbanistica della città.
Sala del Tesoro
Sei nel cuore di Palazzo Costabili, la dimora cinquecentesca
divenuta sede del museo. Alza gli occhi: il soffitto della sala è decorato da
un magnifico affresco del Garofalo, uno dei maggiori pittori ferraresi del
Rinascimento. Raffigura una balconata da cui si affacciano eleganti cortigiani
che conversano tra loro. Alcuni reggono strumenti musicali. I personaggi sono
visti dal basso, sullo sfondo del cielo turchino, e l’illusione è perfetta!
Cippo gromatico
Bambola di
terracotta
Non si trattava solo di un gioco
d’infanzia: le bambole d’argilla, con gli arti snodati e un foro sul capo per
appenderle, erano collegate al mondo divino dell’oltretomba: lo si capisce dal
polos, il copricapo tipico delle divinità femminili. Prima delle nozze, le
bambole venivano donate alla dea: la raffigurazione di questi oggetti su stele
funerarie fa quindi pensare che le giovani proprietarie siano morte prima di
sposarsi!
Sfera
Anche questa sfera (del III sec. a.C.) aveva
doppia valenza: era un gioco ma anche segno di appartenenza alla dottrina
orfica, culto che prende nome da Orfeo, il mitico cantore in grado di ammaliare
uomini e animali. I possessori di questo oggetto, suoi seguaci, erano destinati
alla beatitudine nell’oltretomba
Ermafrodito
Anche di questa maschera in terracotta sono
tipici della civiltà punica, cioè dei Fenici d’Occidente, stabilitisi a
Cartagine, in Africa settentrionale, e sulle coste di Sardegna e Spagna. La
maschera era stata deposta nella sepoltura di un bambino e aveva la funzione di
proteggerlo e allontanare gli spiriti maligni.
Askod a forma di cervo
Un vaso molto elegante, vero? L’askos (al plurale
si dice askoi) era un piccolo recipiente per contenere e versare liquidi,
principalmente olio. Questo è stato trovato con altri due a forma di toro,
anch’essi realizzati in modo naturalistico e raffinato, forse di provenienza
greca o del Sud Italia. Facevano tutti parte del corredo funerario di un
giovane, appartenente al popolo dei Celti.
Piatto
di pesce
Piatti poco profondi come questo erano usati
dagli abitanti di Spina per mangiare il pesce. Fabbricati in Grecia o nelle
botteghe dell’Italia Meridionale, raffiguravano specie marine ancora oggi
riconoscibili: orate, bavose, scorfani, ma anche molluschi e conchiglie. Al
centro, spesso c’era un piccolo pesce palla.
Tartaruga
È una scultura fittile, cioè modellata in creta o
terracotta, ritrovata nella necropoli di Spina. Per gli antichi, la tartaruga
era l’abitatrice del Tartaro, il mondo delle tenebre: la sua presenza fa
pensare a un riferimento alle divinità dell’oltretomba. Ma era anche uno dei
simboli di Hermes, il messaggero degli dei, collegamento fra il mondo
sotterraneo e quello celeste.
Grattugia
di bronzo
Non è poi molto diversa da quelle che teniamo oggi in cucina!
Anche nel V secolo a.C. si usava per polverizzare il formaggio, solo che gli
Etruschi non lo mettevano sui maccheroni (che ancora non esistevano) ma... nel
vino! In questo seguivano un’usanza dei Greci, che ci aggiungevano anche delle
spezie. Così, oltre a modificare il sapore, si riduceva anche il tasso
alcolico: il vino antico, infatti, era più forte di quello di oggi e bevuto
puro avrebbe fatto ubriacare immediatamente.
Cratere
Il cratere era un vaso dal collo largo, usato per mescolare
l’acqua con il vino. Questo si distingue per l’eleganza del sostegno e delle
volute che lo decorano. Le immagini centrali rappresentano l’episodio finale
della guerra di Troia, conquistata dai Greci.
Oinochoe
È il nome di un vaso usato dai greci, simile alle
nostre brocche. La scena illustrata rimanda alla cura femminile della bellezza:
Eros, dio alato dell’amore, offre una cassetta di cosmetici e unguenti alla
donna seduta davanti a lui, che si guarda allo specchio.
Cimasa di candelabro
Questa statuetta decorava la sommità di un
candelabro: raffigura un guerriero in assalto, con le armi tipiche dei fanti di
Atene. Nonostante rappresenti un uomo, il reperto proviene da un corredo
funebre femminile: secondo alcuni studiosi, sottolinea che la famiglia della defunta
apparteneva a un ceto sociale tanto elevato da potersi permettere l’acquisto
della “panoplia oplitica”, l’armamento di fanteria pesante, allora molto
costoso.
Collana in ambra
Questa collana,
composta da pendenti in ambra a forma di vasi e perle in pasta vitrea, doveva
appartenere a una ricca donna etrusca. L’ambra, infatti, è una resina fossile
anticamente considerata molto preziosa: pensa che arrivava a Spina dalle
lontane coste del Mar Baltico!
Statuina di bronzo
Questo ragazzo che si taglia un ricciolo di
capelli decorava la sommità di un candelabro. Secondo alcuni studiosi
rappresenta Achille, che si taglia i capelli in segno di lutto per la morte
dell’amico Patroclo. Per altri raffigura il rituale compiuto dai ragazzi
quando, divenuti adulti, partivano per la loro prima battaglia, lasciando una
ciocca di capelli ai familiari.
Incredibile ma vero…
buffi oggetti servivano... per bere vino! Quello in alto è un
Kantharos fatto a testa di satiro. Non è una forma casuale: i satiri erano
creature mitologiche, metà uomini e metà capre, che facevano parte del seguito
di Dioniso, il dio che aveva donato il vino agli uomini! In basso, invece, c’è
un Rython che imita una testa di mulo. Erano vasi preziosi, curati nei minimi
dettagli. Risalgono al V secolo a.C. e provengono entrambi dalla necropoli di
Spina.
POLO MUSEALE DELL’EMILIA-ROMAGNA MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI
FERRARA Via XX Settembre, 122 - Ferrara Tel. 053 266299
Il museo non presenta barriere architettoniche. È disponibile un
percorso con banco tattile per gli ipo e i non vedenti
https://www.focusjunior.it/musei/museo-archeologico-nazionale-di-ferrara/
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