E’ Possibile Un’Educazione Sessuale?
Agli adolescenti, più che dare spiegazioni tecniche, occorre parlare partendo dai turbamenti dell’anima
Volevo chiederle una delucidazione riguardo a quella sfera dell’educazione che riguarda la sessualità. Forse può rivelarsi un’opinione o una semplice impressione personale, ma mi sembra che nelle normali famiglie si cerchi sempre di eclissare il discorso quando si viene a discutere, lasciando quindi intravedere un leggero imbarazzo sia da parte dei genitori che dei figli.
Vengono perciò incentivati i corsi in cui una persona esperta, ma con la maschera dell’estraneo, può parlare liberamente di fronte ai bambini di tutto quello che in famiglia è difficile far venire fuori. Ora, mi chiedo, è giusto dal punto di vista educativo mantener viva questa afasia familiare e lasciare che sia un estraneo a compiere un lavoro che forse spetta ai genitori? Oppure è preferibile rompere le barriere del pudore attraverso un discorso che difficilmente si avvicina a far chiarezza in quella parte del nostro io che non è detto sia raggiungibile per tutti attraverso le stesse parole?
Anonimo
Lei dice bene che a proposito della sessualità non ci sono parole, perché la sessualità non appartiene all’io, ma a quella dimensione inconscia che Freud ha denominato Es, che ospita quelle pulsioni (la sessualità per la riproduzione e l’aggressività per la difesa della prole) che non rientrano nell’economia dell’io, ma in quella della specie. Per questo chiamiamo sessualità e aggressività “passioni”, perché l’io le patisce, non ne dispone, come del pensiero, del linguaggio, dell’azione, ma le subisce. In un certo senso potremmo dire, limitando il discorso a quanto lei mi chiede, che è la sessualità a disporre dell’io.
Anche Socrate, parlando nel Simposio di “le cose d’amore (tà aphrodisia)” dice che bisogna entrare in uno stato di dislocazione (a-topia) rispetto all’io, perché nelle cose d’amore si è in preda a una possessione (katakoché) su cui l’io non ha un grande potere e tantomeno trova le parole per esprimersi. Per questo Platone annovera l’erotica tra le forme della “follia” che lui chiama “divina”, in cui collassano il linguaggio e le parole dell’io. Per questo, scrive Platone: “Gli amanti che passano la vita insieme non sanno dire che cosa vogliono l’uno dall’altro. Non si può certo credere che solo per il commercio dei piaceri carnali essi provano una passione così ardente a essere insieme. E’ allora evidente che l’anima di ciascuno vuole altra cosa che non è capace di dire, e perciò la esprime con vaghi presagi, come divinando da un fondo enigmatico e buio” (Simposio, 192 c-d).
Se il linguaggio manca agli amanti, pensi un po’ se è a disposizione dei genitori e dei figli. Quanto agli esperti di educazione sessuale, questi possono spiegare le tecniche, mettere in guardia dai rischi che si possono correre, ma neppure loro riescono ad approdare a quel fondo enigmatico e buio di cui parla Platone e in cui la sessualità consiste. Anzi con i loro insegnamenti creano un’atmosfera a tal punto asessuata, che chi ascolta i loro discorsi non trova alcuna parentela con la passione che prova.
Se la sessualità appartiene alla follia che ci abita (come anche il linguaggio comune attesta quando dice: “mi fa impazzire”, “mi fai perdere la testa”), i discorsi razionali che vogliono spiegare con l’intenzione di educare hanno scarsa efficacia. Anche perché le spiegazioni non possono essere tecniche, mentre nell’adolescenza la sessualità si annuncia, come collasso della visione del mondo che si aveva prima della comparsa delle pulsioni sessuali, turbamento, disordine, sogno, incantamento, e talvolta anche dolore e disperazione. Di questo i genitori possono parlare quando intravvedono queste manifestazioni nei loro figli e, a partire da queste manifestazioni, possono attutirne l’inquietudine e il disagio, spiegando loro che tutto questo dipende dalla comparsa della sessualità. Allora il discorso è efficace, perché non parte dalla sessualità, ma dai turbamenti dell’anima per arrivare alla sessualità.
I misteri (e la sessualità è un mistero diverso per ciascuno di noi) non si spiegano, nei misteri ci si inoltra con la propria esperienza, col chiacchiericcio tra coetanei quando il desiderio insorge, la curiosità si acuisce, e non quando si impartisce una lezione in una classe. Senza tener conto delle diverse stagioni in cui la sessualità si manifesta negli adolescenti, prima come turbamento che come o gesto erotico. E soprattutto non collettivamente, ma singolarmente, perché il pudore, di cui la natura ha fornito la specie umana, va salvaguardato nelle cose d’amore.
Umberto Galimberti- Venerdì di Repubblica – 23-2-13
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