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mercoledì 20 marzo 2013

Lo Sapevate Che: I Giornali e Le Immagini...

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I giornali popolari perseguono sin dal loro debutto la politica del “cattivo gusto”. Ci hanno costruito soprani proprio successo: mostrare quello che non si dovrebbe mostrare. Sono l’altra faccia del glamour dei giornali di moda, delle riviste patinate e persino dei giornali per la famiglia che si stampano in ogni parte del mondo. Su un giornale popolare, racconta Susan Sontag, non a caso fu stampata la sola immagine “non vedibile” dell’!! settembre: una mano troncata in mezzo ai resti del World Trade Center. Un’immagine vergognosa?
Mentre questa politica dell’immagine trasch è andata via via sviluppandosi, sui tabloid, e prima di tutti quelli in lingua inglese, si è affermata nel contempo anche la linea opposta: usare le immagini per abbellire, come fanno oggi molti fotografi, che utilizzano gli stilemi dell’arte per rendere la visione delle crudeltà quotidiane: dal Biafra al Darfur, dalle miniere di carbone alle piantagioni di caffè. Le grandi immagini a colori di Luc Delahaye, tavole pittoriche che ritraggono il campo palestinese di Jenin, piuttosto che una riunione al vertice degli organismi internazionali, ne sono un esempio. Rendono più accettabile, non solo all’occhio, ma anche al cuore, lo strazio.
Il problema dell’autenticità lambisce tuttavia questa sona dell’immagine. Secondo Susan Sontag le immagini più veritiere dei campi di sterminio nazisti furono scattate da famose fotografe come Lee Miller e Margaret BourkeWhite. E sono  state queste stesse foto, viste per caso da una Sontag dodicenne in una libreria di Santa Monica, a costituire per lei una sorta di “epifania negativa”. Un filosofo e studioso di storia dell’arte, Georges Dide-Huberman, è stato attaccato di recente dai custodi dell’indicibile dell’Olocausto, per aver preso in considerazione come immagini dello sterminio ebraico due fotografie sfuocate, decisamente “sporche”, scattate all’interno del campo di Auschwitz da membri del Sonderkammando, in cui si vede poco o nulla. Per anni le medesime fotografie sono state ritoccate  - nelle pubblicazioni sull’argomento per diventare eclatanti e più credibili. Come è difficile vedere; più facile guardare senza vedere.
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Marco Belpoliti – Senza Vergogna

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