Così I Neologismi Del Politico-Prof
Umiliano La Lingua
Avevo giustappunto finito di scrivere quel che penso
a proposito di alcuni neologismi, malamente ricalcati
sull’inglese, ed eccone uno nuovo, messo in circolazione, a mio maggior disdoro, da un autorevole personaggio, uomo di governo e professore di università (chi sarà mai?): testare. Sì: il personaggio ha proprio detto testare. Deriva dall’inglese test, che significa esame o controllo. A qualcuno piacerà: a me sembra altrettanto sgradevole quanto quegli altri (supportare, correre nel senso di presentarsi candidato). Pazienza: non sarò certo io a impedire le brutte parole. L’unica soddisfazione che posso concedermi è di indovinare perché tante persone, istruite o ignoranti, simpatiche o sgradevoli, facciano ricorso a vocaboli siffatti, mal ricopiati da altre lingue, e scartino quelli nostrani, che sono a loro disposizione e aspettano solo di essere adoperati.
Comodità? Non credo: proprio non mi sembra che sia più comodo dire testare invece di controllare.
Risparmio di lettere? Non si paga dazio per ogni lettera in più. E allora? Una spiegazione c’è, e credo di averla individuata: si usa il brutto vocabolo ricalcato su quello straniero per snobismo. Si crede che sia elegante infilare nel discorso la parolina presa in prestito da una lingua straniera, con l’implicazione che quella lingua straniera la conosciamo benissimo, e che nel segreto dei nostri pensieri ragioniamo in quella lingua, non in quella che ci hanno insegnato, quando eravamo bambini, mamma e papà.
Questo snobismo linguistico non è un peccato mortale. E’ un’occasione mancata. Perché l’italiano, quando è parlato correttamente, formando frasi che abbiano ritmo e dolcezza di suono, è una bella lingua, che tutte le persone dotate di senso estetico ascoltano con piacere. Coloro che lo guastano con parole goffe e disordinate insidiano quel piacere, lo annullano. Sopravvivremo al disappunto. Però dispiace.
Piero Ottone – Venerdì di Repubblica – 8-3-13
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