E’ l’elemento umano che rende irrazionale il mercato. Ma nella sua forma più sregolata, la corruzione, è un tratto molto italiano.
Tocca alla buona politica correggerlo.
Ho sempre avuto una concezione “idealmente elevata” dell’Uomo, per riuscire ad accettare in maniera indolore il degrado della società in cui viviamo. Tale degrado si inserisce nella più ampia crisi del modello occidentale del libero mercato che, guidato da “mani invisibili”, avrebbe dovuto portare sicurezza e benessere per tutti, e invece si sta risolvendo in un massacro dell’Uomo ridotto, come “produttore”, a mera “funzione” di apparato sotto l’egida dell’efficienza, e come “consumatore” totalmente e per certi aspetti inconsapevolmente asservito. A ciò si aggiunge, in Italia, la presenza tentacolare di una politica, da sempre corrotta e malata, che ha di fatto condizionato e falsificato il libero mercato, rendendolo ancora più nefando.
Mi domando è ancora possibile invertire la rotta e costruire un cambiamento consapevole che abbia come punto di partenza quella concezione idealmente elevata dell’Uomo che vorrei non abbandonare? Oppure l’unica soluzione è l’implosione violenta e dolorosa di tutto il sistema per poter ricominciare da un’altra angolazione? A meno di non pensare che la mia concezione idealmente elevata dell’Uomo sia intellettualmente sbagliata.
Francesca Matinata
La sua lettera chiede due cose: 1. Se l’egemonia del mercato non confligga col mondo della vita, riducendo l’uomo a puro funzionario di apparati e prevedendolo solo come produttore e consumatore. 2. Se la corruzione della politica italiana non abbia aggravato ulteriormente la situazione, infrangendo le regole del mercato e quel che resta della sua razionalità.
Per quanto concerne la prima domanda possiamo dire che il mercato, rispetto al furto, alla rapina, alla guerra è, come diceva Max Weber nel primo decennio del secolo scorso, la forma più razionale per regolare gli scambi. La stessa parola “ragione” è nata in campo economico con l’introduzione del “redde rationem” che prevede che negli scambi si dia un bene equivalente a quello che si riceve.
Naturalmente il mercato non è la forma più alta di razionalità perché è ancora condizionato da una passione umana che è la passione per il denaro. La tecnica, ad esempio, che non soffre di questa passione (e quindi di questo sottofondo di irrazionalità che caratterizza tutte le passioni) è molto più razionale dell’economia.
In quanto sufficientemente razionale, il mercato non è una sciagura, ameno che diventi l’unico regolatore delle relazioni umane come oggi sembra sua diventato, al punto che più non sappiamo che cos’è bello, cos’è buono, cos’è giusto, cos’è vero, cosa è santo, ma unicamente che cosa è “utile”.
Il criterio dell’utilità economica prevede gli uomini come semplici produttori e consumatori, e quando di certe cose non si sente proprio il bisogno, il mercato, attraverso la pubblicità, non esita a “produrre” gli stessi bisogni, in ciò affiancato dalla moda, per cui, ad esempio un cellulare, che ancora svolge la sua funzione, viene sostituito con quello di nuova generazione perché non è più di moda, dando ragione al filosofo Gùnther Anders secondo il quale la data di scadenza non riguarda solo gli alimentari, ma tutti i prodotti, “la cui fine” è “il fine” per cui sono stati costruiti. Quante volte ci siamo sentiti dire che un pezzo di ricambio costa di più dell’acquisto di un modello nuovo? In questo portare le cose il più rapidamente possibile alla loro fine io vedo un esempio concreto del nichilismo sotteso alla logica di mercato che per produrre ha bisogno che le cose si consumino il più rapidamente possibile.
Per quanto concerne la seconda domanda non c’è dubbio che la corruzione, l’economia sommersa e quella malavitosa, che sono poi le tre grandi piaghe del nostro paese, aggravano ulteriormente la situazione, riportandoci all’irrazionalità dell’economia pre-mercantile, quando il furto, la rapina e lo sfruttamento della forza lavoro regolavano le forme di scambio. Avremo una svolta quando rinnoveremo radicalmente la politica non solo là dove è protagonista in prima persona della corruzione, ma soprattutto quando omette i controlli sull’economia sommersa o addirittura intreccia rapporti con l’economia malavitosa. Ma per questo forse non basta scegliere nuove figure politiche, perché il male è radicato nell’antropologia di noi italiani che può essere corretta solo se, fin dalla prima elementare, si insegna il rispetto delle regole e si impartiscono dosi massicce di educazione civica.
Umberto Galimberti – Donna di Repubblica – 15-12-12
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