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lunedì 14 gennaio 2013

LO sapevate Che: Claude Wischik...




Claude Wischik
Il ricercatore eretico che  ha trovato per caso
Il farmaco blu contro l’Alzheimer

Claude Wischik l’uomo che – forse – ha trovato il farmaco contro l’Alzheimer, l’ha trovato per caso. Anzi per sbaglio:
versando distrattamente alcune gocce di un colorante in una provetta, ha scatenato una reazione imprevista e – forse – sensazionale. Ma alla comunità scientifica che fino a non molto tempo fa tendeva a considerarlo un eretico, la notizia non deve essere parsa tanto sensazionale. Perché per produrre il farmaco – forse – decisivo nella lotta a una malattia che ha già colpito 36 milioni di persone, Wischik ha dovuto aprire una compagnia farmaceutica tutta sua, la TauRx Therapeties: con sede a Singapore e investitori asiatici. Inglesi e americani non ne hanno voluto sapere.
Non sono una novità, nella storia della medicina, le scoperte casuali, vedi il caso di Fleming e della penicillina, ma quella del professor Claude Wischik merita di essere raccontata. Nato 63 anni fa in Francia, infanzia, adolescenza e giovinezza in Australia, PhD in Medicina a Cambridge, cattedra in Psichiatria all’Università scozzese di Aberdeen, ha eletto come sua parola preferita serendipità; termine più comune nella lingua inglese che in italiano (serendipità) che sta per “casualità fortunata”: insomma, come quando inciampi in un forziere che affiora dal terreno.
Al principio attivo del nuovo farmaco, il blu di metilene, un colorante e blando battericida usato fino a non troppi anni fa come disinfettante delle vie urinaria (con conseguenti e sconcertanti effetti cromatici) Wischik c’è arrivato alla fine degli anni Novanta. Durante le sue ricerche di laboratorio sull’Alzheimer, ne versò per errore qualche goccia in un campione di grovigli neuro fibrillari, quelli cioè che si moltiplicano all’interno dei neuroni nel cervello delle persone colpite dal morbo. Poco tempo dopo, si accorse che, nella provetta, i grovigli si erano dissolti. Ci ha messo un po’ a capire cos’era successo. Solo quando ha ripetuto ogni passaggio, compreso quello accidentale, ha capito di essere davanti a una rivoluzione. E che rivoluzione.
Le cause e la progressione dell’Alzheimer – malattia degenerativa che distrugge le cellule cerebrali, corrodendo memoria e altre funzioni basilari del cervello – non sono affatto chiare. A oggi non esistono terapie risolutive. Finora la comunità scientifica ha indicato come causa scatenante una proteina caratteristica della malattia: il beta-amiloide, che si deposita sui neuroni e agisce come un collante, formando placche nel cervello dei malati.
I farmaci sviluppati per contrastare il morbo sono costati milioni di dollari (compresi due nuovi prodotti testati quest’anno), ma hanno fallito. Tutt’al più se ne è rallentato il decorso. Wischik, invece, fa parte di una minoranza di scienziati convinta che per aggredire l’Alzheimer bisogna intervenire su un’altra proteina, presente nel cervello dei malati, chiamata Tau: capace di comporsi in aggregati tossici e filamentosi e infettare neuroni sani fino a distruggerli. Una teoria controcorrente: eppure, il Rember, il farmaco testato da Wischik e presentato nel 2008 alla conferenza sull’Alzheimer di Chicago, ha dato buoni risultati, sia pure con problemi di assorbimento. Ora è stato migliorato e col nome di LMTX sarà sperimentato su 1500 pazienti. In caso di buoni risultati, sarà messo in vendita. Intanto, altre case farmaceutiche hanno aumentato gli investimenti per le ricerche sulla Tau, senza abbandonare quelle sul beta-amiloide. Dopo20 anni di frustrazioni, per Wischik e 36 milioni di ammalati è il tempo della speranza.
Ma come ci è arrivato? “Nel 1980, vinsi una borsa di studio per studiare con Sir Martin Roth, lo psichiatra che nel 1968 stabilì la connessione fra grovigli neuronali e demenza.
Per dimostrare la sua scoperta avevamo bisogno di tessuto cerebrale: preso da cervelli di persone morte da non più di 8 ore. Divenne il mio compito. Bussavo alla porta dei parenti di persone appena decedute nel cuore della notte, spiegando a quei poveretti in lacrime che la scienza aveva bisogno d’aiuto. Ho trovato molta generosità….
In 12 anni il professore ha collezionato oltre 300 cervelli: scoprendo, fra l’altro, che le aggregazioni nocive cominciano a formarsi anche 20 anni prima che la malattia si manifesti. In quello stesso periodo cominciarono le scoperte sul beta-amiliode e si affermò una letteratura scientifica focalizzata su quella che il professore definisce “l’ortodossia amiloidale”: non ci fu spazio per altre teorie se non nel laboratorio di Aberdeen. Che ha finanziato le ricerche di Wischik per cinque anni. Fino all’incontro con un facoltoso collega asiatico, padre di un compagno di scuola di suo figlio. Attraverso una rete di investitori asiatici, sono stati raccolti 5 milioni di dollari ed è cominciata la sperimentazione del farmaco.
Non è ancora certo che il professor Wischik sia sulla strada giusta. La comunità scientifica è divisa sulle cause scatenanti del morbo scoperto dallo psichiatra tedesco Alois Alskeimer nel 1906. E se è vero che gli studi sulla proteina Tau stanno aumentando, c’è anche chi pensa che ci sia un’interazione tra beta-amiloide e Tau tutta da indagare. Intanto, la malattia avanza. L’associazione Alzheimer disease International parla di 7,7 milioni di nuovi malati l’anno. Un’emergenza anche economica: per l’Organizzazione mondiale della Sanità, il costo della cura ammonta a 600 miliardi di dollari l’anno, che nel 2030 sarà aumentato dell’85 per cento e diventerà la maggior spesa dei sistemi sanitari nazionali. Un costo che la rivista Pharma Voice illustra così: “ Se il bilancio della cura dell’Alzheimer corrispondesse al bilancio di un Paese, si tratterebbe della 18esima economia mondiale. E se fosse quello di un’azienda, saremmo al cospetto della più ricca corporation al mondo con un giro d’affari di 414 miliardi. Più di WalMart, la più ricca di tutte.
Ma Wischik è fiducioso: “Abbiamo dimostrato che è possibile arrestare la progressione della malattia agendo sugli aggregati proteici responsabili della degenerazione cellulare”.
Con il programma di sperimentazione clinica in corso, TauRx sarà la prima azienda a testare in un ampio studio su esseri umani un anti-Alzheimer basato sulla distruzione della proteina Tau. Le attese sono fortissime. Comprese quelle del professore. Che, però, con il Wall Street Journal ha ammesso: “Sono convinto delle mie ricerche. Ma potrei anche essere un fanatico come quegli altri. Gli ortodossi dell’amiloide”.
Anna Lombardi – 2012 – Gente che viene – Scienza
Venerdì di Repubblica – 28-12-12

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