E Per L’Ultimo Passo
In Olanda
C’e? Anche Il Rimborso
Dal 2002 i cittadini dei Paesi Bassi possono mettere per iscritto la propria volontà di ricorrere al suicidio assistito. E ora un’assicurazione copre le spese.
Dettagliata sulle procedure di dine vita e suicidio assistito.
La legge, in vigore dal 2002, prevede che i cittadini possano, attraverso il testamento biologico, esercitare la propria volontà sulle circostanze in cui vorrebbero accedere all’eutanasia. Il documento viene redatto in quattro copie: una resta a chi l’ha scritto, due vanno a persone di fiducia e una al suo medico di base. I medici olandesi sono così i custodi di una cassaforte dal contenuto emotivamente molto forte: all’interno del documento ognuno deve infatti descrivere la sua idea di “stato di vita dignitoso”. Viene però suggerito di evitare descrizioni di tipo psicologico - filosofico, che potrebbero prestarsi a diverse interpretazioni mediche e legali. Bisogna invece redigere un atto dai contenuti molto concreti, che aiuteranno chi scrive a vedere accolta la propria richiesta. Attenzione, “aiuteranno” e non “garantiranno”, perché la legislazione dei Paesi Bassi tuttora non prevede il “diritto” all’eutanasia. Per essere accolta la richiesta di una fine vita volontaria deve essere esplicita, ragionata e ripetuta.
Ma, soprattutto, valutata da due differenti medici, di solito quello abituale del paziente e un altro a lui del tutto estraneo. I dottori devono concordare sull’assenza di speranze di guarigione e sulla contemporanea presenza di “sofferenze insopportabili” del paziente. La volontà di chi chiede di morire viene poi più volte verificata prima della somministrazione letale (circa il 13 per cento dei pazienti cambia idea nel corso dell’iter burocratico). Ogni caso deve infine essere analizzato da una commissione composta da un medico, un giurista e un esperto di etica.
Nonostante queste restrizioni il numero degli interventi eseguiti è in costante aumento: 2.636 nel 2009, 3.136 nel 2010 e 3.695 nel 2011. Anche per questo le associazioni di difesa della vita sono ornai sul piede di guerra. Ma a far gridare addirittura all’eugenetica gli oppositori della legge è il capitolo sull’eutanasia infantile. Il testo consentirebbe di richiedere il trattamento solo per pazienti al di sopra dei 12 anni (fino a 16 è vincolante il parere dei genitori), tuttavia, a partire dal 2004, il Protocollo di Groningen ha dettato anche direttive in maniera di eutanasia infantile e neonatale.
Il documento, che teoricamente non ha valore legale, ma che è tenuto in grande considerazione dalla comunità medica e giuridica, è il frutto di un anno di discussioni fra magistrati, associazioni dei genitori, avvocati e la clinica universitaria olandese. Stabilisce quali procedure i medici debbano adottare per non incappare in conseguenze penali nell’affrontare il dramma dei bambini colpiti dal dolore che deriva da mali incurabili. Secondo il protocollo, approvato nel 2005 anche dall’associazione olandese dei pediatri, mettere fine alla vita di un minore di 12 anni è “accettabile” se sono contemporaneamente presenti quattro condizioni: sofferenze grandissime e senza speranza di miglioramento del bambino, consenso dei genitori, risultati unanimi degli esami medici e rigida osservanza delle pratiche di esecuzione del trattamento di fine vita. Ma, se porre termine alla vita di un bambino è terribile, anche farlo con un adulto tocca le corde più profonde dell’animo umano. Per evitare che il personale delle squadre mobili di intervento inizi a immedesimarsi nella parte del boia, o venga schiacciato dai fantasmi, non è perciò consentito effettuare più di un intervento a settimana. Anche chi maneggia la morte le porta il dovuto rispetto.
Venerdì di Repubblica 4-01-13
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