Sarà colpa di un’eccessiva attenzione al mercato e alle due ferree
Logiche, sarà che in questa società del terzo millennio conta soltanto vincere: quel che è certo è che i bambini e i ragazzi manifestano quotidianamente atteggiamenti aggressivi.
Con i coetanei e con gli adulti, soprattutto con persone che a loro giudizio sono fragili, credono che alzare la voce, mostraci i muscoli, cercare a tutti i costi di prevalere sia la strada migliore per realizzarsi e affermarsi.
In famiglia, poi, molti adolescenti si rivelano veri e propri tiranni: talvolta per reazione ad esperienze di trascuratezza affettiva, talatra per una forma di ribellione nei confronti di genitori insicuri e iperprotettivi. E a poco servono rimproveri e punizioni, come pure il tentativo di dialogare per comprendere le ragioni di questo modo di fare. Nel primo caso, l’autoritarismo dei grandi crea una più spiccata reattività e capacità di conflitto; nel secondo lo sforzo di comprensione sembra confondersi con una certa debolezza educativa.
Come sempre, tentare di afferrare il problema per la coda è operazione inefficace: l’aggressività dei ragazzi è la conseguenza diretta di uno spirito esasperato di competizione che non conosce regole se non quella del successo a tutti i costi. Peraltro, come potrebbe essere altrimenti?
Crescendo, questi ragazzi imparano che ogni traguardo va raggiunto il prima possibile e magari a scapito degli altri; che il successo è il fine dell’esistenza e non una possibilità in più per mettersi al servizio del prossimo o di una buona causa; che essere invidiati – e talvolta temuti – è meglio che essere amati. Diventando adulti, probabilmente non si accorgeranno che essere per forza i primi è una vera e propria condanna: alla solitudine nell’immediato, ad una mancanza di senso della vita sul lungo periodo.
Vale la pena destinare i giovanissimi ad una rispettabile infelicità? O non è meglio, invece, aiutarli a canalizzare l’aggressività, trasformandola in energia “pulita”, quella che parte dall’interiorità e si traduce come capacità di autocontrollo delle pulsioni violente, forza e coraggio nelle situazioni in cui bisogna avere pazienza, attitudine a mettersi nei panni degli altri di rivendicare qualcosa da loro?
La responsabilità educativa della famiglia è, su questo piano, molto delicata; la testimonianza quotidiana dei genitori, decisiva; dove la fragilità e la debolezza vengono accolte con amore, la tenerezza e la condivisione con chi è ultimo sono moneta corrente, è possibile sconfiggere le pretese di chi crede che vincere valga più di tutto.
Marianna Pacucci – Bollettino Salesiano – Gennaio 2013
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