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mercoledì 30 gennaio 2013

Lo Sapevate Che: Gli Italiani In Politica...


Gli Italiani In Politica
Sono Furbi O Intelligenti?

Scrive Howard Gardner “In futuro l’intelligenza dovrà essere: disciplinata, sintetica, creativa, rispettosa ed etica”

“Gli italiani non sono né ingenui né stupidi”, ha detto Mario Monti qualche giorno fa. Il fatto che non siano stupidi, non significa che non significa che siano particolarmente intelligenti. Ma non sono pochi i politici che per accattivarsi la simpatia degli elettori affermano che gli italiani sono un popolo intelligente. Ma ne siamo certi? Non sarebbe più esatto affermare che una minoranza di italiani sono molto intelligenti e che questa loro intelligenza va a compensare la stupidità e l’ignoranza della maggior parte della popolazione? Se la maggioranza della popolazione fosse intelligente, infatti, perché oggi ci saremmo trovati ad essere governati da tecnici e non da politici? Se la maggioranza della popolazione fosse intelligente come potrebbe permettere a Silvio Berlusconi di ambire a governare nuovamente questo paese, dopo averci svergognato davanti al mondo intero?
Popolo intelligente? Tanto per fare un esempio, si pensi agli elettori del Lazio che preferiscono eleggere la signora della festa dei maiali, sempre sorridente nonostante tutto, a Emma Bonino. Ma voi ce la vedete Emma Bonino alla festa dei maiali? E si può immaginare che se avesse governato lei, questa mattina una dottoressa avrebbe potuto dirmi: “ Ci hanno messo nelle condizioni di non potervi più curare, e le cose andranno sempre peggio”? Allora, forse converrebbe che i politici la smettessero di dire che gli italiani sono un popolo intelligente, perché se la maggioranza degli elettori fosse davvero intelligente, non si farebbe prendere in giro. Considerata la qualità della politica da molti anni a questa parte, a me pare che della maggioranza degli italiani si può tranquillamente affermare che sono un popolo di allocchi.
Renato Pierri

risposta: Adulare gli elettori è sempre stata l’arte dei politici, salvo poi dimenticarsi di loro dopo essere stati eletti. Io non so come si misura l’intelligenza e non credo neanche che la si possa misurare, perché, come ci ha insegnato Howard Gardner in Formae mentis. Saggio sulla pluralità dell’intelligenza (Feltrinelli), le forme di intelligenza sono diverse e vanno da quella logico-matematica a quella linguistica, da quella musicale a quella spaziale, da quella corporea a quella psichica, e non c’è un’unità di misura che vaga per tutte queste forme mentali così differenti.
Non disponendo di una misura dell’intelligenza, possiamo prendere in considerazione le condizioni per cui un’intelligenza, in qualunque ambito sia versata, ha la possibilità di svilupparsi e di esprimersi. La prima condizione è la scuola che, nonostante l’impegno, la passione e la dedizione raramente riconosciuta di alcuni insegnanti, versa in condizioni pietose, non solo per la carenza di disponibilità economiche ogni anno sempre più scarse, ma per la demotivazione che prende anche gli insegnanti più impegnati i quali, per l’eccessivo numero degli studenti che compongono le classi, per l’organizzazione burocratica sempre più invasiva e opprimente, constatano di avere al massimo la possibilità di “istruire”, ma l’assoluta impossibilità di “educare” i giovani a loro affidati.
Se la scuola non funziona, non si acquisisce quell’interesse per la cultura che ha il suo riscontro, ad esempio, nella lettura dei giornali e dei libri. Nel 2012 la vendita dei libri ha subito un tracollo del 30% ma già prima l’Italia era il paese in Europa con il minor numero di lettori. Se non si legge non si impara niente e non si diventa intelligenti.
Nonostante questa situazione davvero preoccupante qualcuno riesce ad affermarsi e diventare competente nel proprio ordine di studi e nelle proprie specializzazioni. Ma siccome anche le nostre Università non premiano i migliori, le teste pensanti e capaci non hanno altro sbocco se non l’emigrazione in paesi che li accolgono di buon grado, dopo che i costi della loro formazione sono stati pagati da tutti noi.
Mancando le condizioni per la formazione e lo sviluppo dell’intelligenza, la passione per la cultura, la sensibilità per la musica e l’arte (basta guardare come teniamo il nostro patrimonio artistico) mi pare di poter concludere che gli italiani, come dicono i politici: “non sono né ingenui né stupidi”, ma questo non significa che siano intelligenti, perché l’intelligenza vuole scuola, formazione, cultura, meritocrazia, che non sono caratteristiche particolarmente diffuse e affermate nel nostro paese.
Umberto Galimberti – Venerdì di Repubblica – 19 – 01-13


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