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martedì 15 gennaio 2013

Lo Sapevate Che: Il Bidone Della Spazzatura...


Il Bidone della Spazzatura:
La fine (E L’Inizio) Di Tutto

Tappa finale, e ultimo totem, è il bidone della spazzatura: la nostra carta d’identità. C’è tutto di noi dentro quel sacco che tiene la rumenta, il rusco, le scovazze, l’immondizia, la monnezza, la munnizza… lo specchio del nostro stile di vita e di consumo. Dovremmo conoscerci, e invece neppure sappiamo che, oltre alla parte rilevante di imballaggi che vi finiscono direttamente dal carrello della spesa una volta che , scartiamo i prodotti e li stipiamo nel frigo, il 30% degli alimenti finiti fra i rifiuti sono ancora commestibili. Vuol dire che dentro i cassonetti c’è ancora del cibo buono. Molti affamati l’hanno capito e sempre più spesso si vedono delle persone che rovistano nelle batterie di cassonetti posti nel retro dei supermercati. E non sono i freegan, che lo fanno come gesto “politico” per dimostrare che si può vivere di scarti. No, sono i nuovi poveri che non hanno da mangiare.
Viene in mente una scena di un racconto di Davide Enia, di ambientazione palermitana. Un vecchio pulmino si ferma accanto a una piramide di munnizza, ne scendono cinque persone che, senza far caso al puzzo e incuranti delle più elementari norme igienico-sanitarie, iniziano a prendere i sacchetti con le mani nude, spostandoli per arrivare al cassonetto sepolto lì sotto e ormai invisibile da giorni per arrivare al cassonetto sepolto lì sotto e ormai invisibile da giorni.
Una volta raggiuntolo, i cinque individui si chinano sul cassonetto “come se fosse un abbeveratoio”, e iniziano a estrarne i rifiuti e a osservarli. Trovano avanzi di cibo, vestiti vecchi, oggetti improbabili,
carta, pezzi di vetro. Uno di loro, il più agile probabilmente, con un movimento rapido si introduce con tutto il corpo nel cassonetto, immergendovisi completamente. Lo scrittore descrive l’espressione di trionfo di questa persona una volta riemersa con in mano ciò che resta di una lattuga: “Quell’uomo sta in piedi dentro un cassonetto di immondizia, ha il braccio sollevato e tiene nel pugno una lattuga marcia come si tiene un trofeo. Fierezza per la conquista. Certezza di placare a breve la fame con ciò che resta di una lattuga”. (Davide Enia, Prima che il buio circondasse ogni cosa, Il Sole 24 ore, Milano 2012.
Ma se non vogliamo dare gli avanzi dei ricchi ai poveri, e rendere invece l’economia più equa e sostenibile, dobbiamo ridurre il peso del cassonetto e il numero dei sacchetti della spazzatura. Come? Intanto recuperando prima ciò che è ancora buono in modo che chi ha bisogno possa mangiare gratuitamente. E poi mettendo il bidone stesso a dieta: trovando cioè delle ricette – quelle per recuperare tutti gli scarti alimentari le potete leggere tra poche pagine – che riducano progressivamente il peso dei rifiuti, che inquinano e implicano la costruzione di discariche e termovalorizzatori (inceneritori), è altrettanto vero che ridurli è possibile. Ma bisogna agire a monte, prima che questi vengano prodotti e si passi alla raccolta differenziata che in effetti – se applicata correttamente ed estesa sufficientemente – permette(rebbe) di riciclare utilmente la maggior parte dei rifiuti con molteplici vantaggi come avviene per vetro, metalli, plastica, carta. Per il cibo, oltre alle ricette con gli scarti e al recupero a fini benefici, dobbiamo pensare al compost con la frazione umida.
In Meno 100 chili (2011) ci sono tanti esempi pratici per far dimagrire la pattumiera a vantaggio dell’ambiente e del nostro portafoglio. E’ difficile, ma si può arrivare a consumare senza produrre rifiuti; come del resto avviene in natura.
Insomma dobbiamo uscire dal bidone della spazzatura, riemergere, prendere coscienza come si diceva una volta. E pensare che quell’atto agricolo che è mangiare, come dice l’agricoltore-poeta del Kentucky Walden Berry, sintetizza la nostra responsabilità di consumatori e cittadini del mondo. Perché dentro il cibo c’è tanto del nostro eco-mondo: la terra, il paesaggio, l’agricoltura, gli agricoltori, la sicurezza, la qualità, la nostra salute e quella dell’ambiente, l’identità culturale e colturale (biodiversità), la sostenibilità e l’equità, la giustizia. Cucinare, e tutte le nostre azioni correlate a monte e a valle è dunque fondamentalmente un atto ecologico ed economico, ma anche – in fin dei conti – politico.
……
Andrea Segrè – Cucinare Senza Sprechi -

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