Ma da che cosa deriva questa aggressività? Che cosa vogliono comunicare gli adolescenti con le loro manifestazioni di rabbia, con la violenza (verbale, ma talvolta anche fisica) che con tanta facilità tirano fuori a casa, a scuola, nel gruppo dei pari, verso il mondo degli adulti ma anche nei confronti dei coetanei?
“Non mi faccio mettere i piedi in testa da nessuno”.
“Nella vita vince chi urla più forte”.
“Il mondo intero ce l’ha con me e io ce l’ho con il mondo intero”.
Frasi che gli adolescenti ripetono spesso e che, non di rado, sono accompagnate da atteggiamenti aggressivi e pieni di rabbia, carichi di una distruttività e di un risentimento verso tutto e tutti, ma prima di tutto verso se stessi, che gli adulti faticano a comprendere e giustificare.
L’aggressività è il sottoprodotto di una società sempre più individualista e competitiva, in cui sin da piccolissimi, i ragazzi imparano a battere i pugni e al alzare la voce per ottenere ciò che vogliono e vengono educati all’idea che l’unica cosa che conta sia raggiungere i propri obiettivi, anche se questo significa pestare i piedi a chi sta loro intorno e calpestare i diritti e la dignità altrui. O forse, con la loro aggressività e le loro esplosioni di rabbia, gli adolescenti vogliono solo dimostrare a se stessi e agli altri di “esserci”, di contare qualcosa, mettendo a tacere quell’insoddisfazione e
Quel “male di vivere” che li porta a non sentirsi mai completamente all’altezza delle proprie aspettative e di quelle degli altri.
Il più delle volte, il risentimento e la rabbia degli adolescenti derivano dal fatto di non aver incontrato sulla propria strada adulti capaci di scommettere su di loro, che sappiano ascoltarli, gratificarli e farli sentire amati, che credano in loro e nelle loro capacità, che non abbiano paura di porsi come punti di riferimento autorevoli e credibili con cui i ragazzi possano confrontarsi, e magari anche scontrarsi, per costituire il senso della propria identità.
Di fronte alla prepotenza e alla distruttività di adolescenti aggressivi e capricciosi, la via più facile è, infatti, quella di bollarli come “ragazzi difficili” e “problematici, di considerarli dei “casi disperati”, una “battaglia persa in partenza”, e questo diventa una giustificazione per genitori, insegnanti ed educatori per rimuovere il problema, per non tentare nemmeno di comprendere le ragioni profonde del loro comportamento.
Soltanto avendo il coraggio di dar loro fiducia e di credere in loro, gli adulti possono davvero aiutare gli adolescenti a ridare dignità alla propria vita e a quella degli altri, a scoprirsi amati ed apprezzati per quello che sono, a vincere la propria “bestia nel cuore” e a trasformare l’aggressività in energia positiva da mettere a frutto per tirar fuori il meglio di sé e perseguire i propri sogni, nel rispetto della libertà altrui e delle regole del vivere civile.
Alessandra Mastrodonato – Bollettino Salesiano 2013
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