La Difficile Missione del Centrosinistra
In un paese di destra
Se si votasse domani, in Italia avremmo un governo di centrosinistra, più a sinistra che di centro, fondato sull’asse Pd-Sel, con un Pd solido primo partito sopra il 30 per cento dei voti, quasi il doppio dei voti, quasi il doppio dei consensi di Grillo e Berlusconi. Una situazione inedita nella storia di un Paese che è sempre stato e rimane conservatore. L’affluenza alle primarie del Pd sembra aver spazzato dal campo l’ipotesi di un Monti bis. Non si possono chiamare milioni di cittadino al voto per designare un candidato premier e, tre mesi dopo, spiegare loro che avevano scherzato.
Per l’esplosione della bolla berlusconiana, fra tre o quattro mesi la sinistra si troverà a governare con i propri uomini e programmi un Paese di destra. Naturalmente è sempre bello, oltre che economicamente redditizio, sostenere che non è vero. Vendere sul mercato del populismo, l’unico mai in crisi, la solita immagine degli italiani brava gente, aperti, progressisti, ansiosi di novità e bramosi di riforme epocali, e tuttavia perennemente ingannati da classi dirigenti avide, gattopardesche e manigolde. L’onesta realtà è invece che la solita maggioranza dei cittadini di questo Paese rimane allergica al cambiamento, refrattaria all’idea stessa di giustizia sociale e anche di giustizia in generale, insofferente alle regole comuni, chiusa al mondo esterno, immersa in una visione individualista e familista nemica di ogni elemento dinamico delle moderne società, a cominciare da donne, giovani e immigrati. Altrimenti non si capirebbe il ventennale successo del berlusconismo. Una grottesca parodia brianzola del maccartismo che ha fondato la sua intera parabola sulla paura di un comunismo che non esisteva più e sul terrore di una sinistra radicale che in Italia non è mai esistita.
Va da sé che l’Italia maggioritaria di destra ha molte altre qualità, soprattutto nel Nord. E’ laboriosa, intraprendente, vitale. Ma non sarà in ogni caso semplice far ingoiare a questo zoccolo duro le tre o quattro cose di sinistra necessarie per far ripartire il Paese. Una grande redistribuzione del reddito, per cominciare. Si tratta più o meno di prendere 100 miliardi all’anno dalle tasche degli evasori e metterle nelle buste paga dei lavoratori con sgravi fiscali. E poi investire sul lavoro femminile e giovanile, sulla ricerca, sull’istruzione. Ripensare le politiche sull’immigrazione e dare diritto di voto a milioni di lavoratori stranieri. Ovviamente abbattere i privilegi di corporazioni e caste, a partire dal ceto politico, ma non solo. Su questi punti la sinistra si troverà contro un’opposizione sociale, prima ancora che politica, determinata a boicottare ogni riforma. Si tratterà di un’impresa titanica e di titani a
sinistra, con onestà, per ora non se ne scorge l’ombra.
Curzio Maltese – Venerdì di Repubblica 7-12-12
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