Gli Operai Dei Cantieri Di Cui Si Parla
Poco E Solo Quando Muoiono
“Lui potrebbe stare a casa, gli manca poco per andare in pensione, però è solidale, sta qui con noi” mi dice un operaio
Presentandomi Ennio, che col suo occhio di vetro mi guarda, sorride e con la testa annuisce. “Sono pure invalido dalla nascita” aggiunge lui poco prima di tirare fuori le chiavi del suo cantiere, oggi chiuso per sciopero. Detto dai colleghi “l’indispensabile”, Ennio ha appena finito di sfilare sotto le finestre di casa mia. Lui e altri 1200 operai edili, impiegati nei lavori della metro B e C di Roma , rischiano il licenziamento da dicembre.
“Questa cosa vale una Termini Imerese, negli ultimi tre anni nel Lazio si sono già persi 18 mila posti di lavoro” mi ricorda un sindacalista. Una delle più grandi opere d’Europa, nonostante fondi stanziati e promesse fatte, sta per bloccarsi per sempre, per incapacità amministrativa. Conosco così chi da anni vive e lavora sotto i miei marciapiedi.
Improvvisamente ne so qualcosa di più di quei recinti gialli che da non ricordo più quanti anni occupano il quartiere. Per chi abita qui, le dighe di via La Spezia e l’enorme gru di Piazzale Appio sono già monumento. Esempio, contemporaneo di Roma sparita, per ricordare com’erano un tempo questi posti non ci sarà bisogno di foto in bianco e nero. Ennio mostra le mani enormi, sproporzionate, piegate dall’abuso, mutate darwinianamente. Sono mani di chi, come Roberto, 36 anni, carpentiere, se messo in mobilità ricomincerà a lavorare in nero, per meno soldi e diritti. “Di recente alla Metro C’è un morto un ragazzo, se ne è parlato due giorni, poi basta. Se un volontario muore in missione di pace gli danno la medaglia, se muore un operaio edile sembra non sia morto nessuno. Pare una discriminazione. Sono di sinistra, ma agli operai ormai non ci pensa nessuno”. Nell’attesa della delegazione che è andata a parlare con Roma Metropolitane, a turno si prende il megafono, invocando “una rivoluzione”, perché “questo è il momento di lottare, non domani, oggi”.
Piove, ci si accalca sotto la pensilina in attesa di una risposta che non cambierà nulla. “Erano vent’anni che non facevo una manifestazione” confida commosso un signore sulla sessantina che ha votato Vendola e, poi Bersani al ballottaggio: “Se ci mettiamo d’accordo tutti, a questi li rivoltiamo” mi dice un ragazzo che ha votato Renzi. Siamo rimasti in pochi, lo guardo perplesso, ma lui è già oltre. “Siamo milioni a stare così, se ci mettiamo tutti insieme li rivoltiamo”.
Diego Bianchi – Venerdì di Repubblica – 7-12-12
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