Il Vero Disastro Naturale?
L’Indifferenza Della Gente
Ogni tanto si riparla degli angeli del fango: quei ragazzi che a ridosso dell’inondazione del ’66 raggiunsero con ogni mezzo Firenze e si diedero da fare per salvare il salvabile, compresi i libri antichi delle biblioteche e le opere d’arte e le cose della gente. Erano La meglio gioventù raccontata nel suo film da Marco Tullio Giordana. Non fu un caso unico, anche se rimasto esemplare: tutte le volte che c’è un’inondazione altri angeli si muovono, mettono mano alle pale e ai picconi e si danno da fare per ripristinare per quanto possibile la situazione precedente.
Così, per citare un caso abbastanza recente, è accaduto l’anno passato nelle Cinque Terre. Così, pochi giorni fa, è avvenuto a Orvieto dove in molti si sono mossi volontariamente per aiutare i commercianti le cui botteghe erano state invase dalle acque del fiume Paglia, come ha testimoniato in una lettera a Repubblica Fabrizio Cortoni. E certamente ad Albinia è successa la stessa cosa.
Bene: gli angeli del fango dovrebbero essere reclutati prima che accadano le sciagure. Quando un fiume esce dagli argini si scopre che quegli argini non erano stati opportunamente rialzati; quando frana la terra e i torrenti e i torrenti impazziscono si scopre che mancava la manutenzione ordinaria. Di recente Carlo Petrini ha ricordato quel che facevano i contadini nelle Langhe: portavano a spasso l’acqua scavando solchi sulla collina via via digradanti per aiutare il deflusso senza il trauma di una piena che avrebbe trascinato il terreno a valle.
Ora da un’inondazione all’altra si ripete la litania di tutto quello che si dovrebbe fare e invece non si fa, per mancanza di mezzi, di uomini e di fondi. Non sarebbe allora il caso di istituire, oggi che non c’è più il servizio militare, magari anche volontario, per supplire a queste carenze croniche? Ogni anno centinaia di migliaia di giovani opportunamente indirizzati da un tecnico potrebbero destinare un mese a pulire torrenti, tombini, rogge, ma anche a togliere le erbacce dai siti archeologici abbandonati a se stessi e in questo modo si otterrebbe una prevenzione costante e una sorta di diffusa educazione civica oltre che un momento di socializzazione tutt’altro che trascurabile.
Il fenomeno del volontariato è già di per sé cospicuo nel nostro Paese, ma mancano un trait-d’union e una volontà politica e pragmatica di proteggere ad ogni costo l’ambiente e con l’ambiente il benessere e la vita dei cittadini.
Tutti dovrebbero leggere il bel libro di Salvatore Settis appena uscito da Einaudi e intitolato Azione Popolare. Cittadini per il bene comune,
che dà un retroterra culturale, politico e giuridico all’idea di realizzare la Costituzione, che è appunto già un manifesto per salvaguardare il cosiddetto “bene comune”. Secondo Michael Sendel, dice Settis, “il nostro più grande errore è stato credere che se funziona l’economia funzionerà tutto il resto”. E’ proprio tutto il resto invece, cura del territorio compresa, cui bisogna pensare e molto concretamente.
Paolo Mauri – Il Commento – Venerdì di Repubblica 14-12-12
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