sentire che in un modo o nell’altro la scuola non è mai finita, aver fatto la fame ai tempi della guerra di Suez campando di uno sfilatino e un caffè al giorno salvo cenare una sera dai genitori di un’amica,commercianti di diamanti, con un profondo senso di gratitudine, andare a teatro all’Odeon e poi mangiare qualcosa al Petit-Suisse, fondato nel 1791 in rue Vaugirard, essere stata chiesta in moglie da un uomo di Djerba sedotto da un vestito allacciato sotto il seno, cercare di trovare un taxi per Germaine Dieterlen all’università di Accra, quando i conducenti la evitano per le su pretese, aver reso omaggio allo hogon dei Dogon sulla porta della sua capanna piena di cellette regolari colme di teschi di animali, aver ammirato per ore i dettagli minuziosi dei plastici topografici delle città del Nord Africa un tempo conservati al museo delle colonie della Porte Dorée, essere partiti in crociera con un’amica, aver cavalcato un dromedario, essere ghiotti di lukum e pasticcini al miele, ascoltare il verso dei corvi nel museo indiano di Ottawa, ridere ancora al ricordo del gattino che sul ciglio di una strada del Togo divorava a morsi voraci dei pezzi di carne piccantissima rizzando il pelo, ripensare alle rondini nel cielo di Parigi e alla fiera che andava da Clichy a Monceau, mangiare il pan di spezie, cedere di fronte a uno speculoos, entrare in una casa che sa di mela alla cannella…
Françoise Héritier – Il Sale Della Vita
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