A tre lustri dalla nascita del Regno d'Italia, la Destra storica,
erede di Cavour ed espressione della borghesia liberale, si avviava ormai alla
sconfitta elettorale dopo aver guidato la fase di completamento dell'unità e di
organizzazione della macchina statale. La pesante politica fiscale, finalizzata
al raggiungimento del pareggio di bilancio, fu fatale al governo Minghetti, la
cui caduta aprì la strada alla sinistra storica con Agostino Depretis.
In questo scenario, Torelli Viollier cercò di intercettare le istanze della
destra moderata e tradurle in un nuovo organo di stampa, che fungesse da
strumento di dialogo costruttivo con la Sinistra. Insieme a tre soci e con un
investimento iniziale di 30.000 lire avviò la sua impresa editoriale, fissando
la sede in un luogo simbolo della borghesia milanese: la Galleria
Vittorio Emanuele. Qui lavorava un team ridotto, tre redattori e quattro
operai, che curava tutti i contenuti da sé, non potendo contare su inviati.
Per il nome si trovò più in linea con i tempi la dicitura Corriere (rispetto
alle abusate Gazzetta, Avvisatore, Eco),
associata all'espressione della Sera perché era previsto che
uscisse il pomeriggio. Il numero di lancio si presentava in "prima"
con il suddetto editoriale che riassumeva l'anima politica della testata nella
formula «conservatori e moderati». Ai piedi della stessa pagina la
prima puntata di un romanzo d’appendice, L’incendiario di Elie
Berthet.
In seconda spazio alla cronaca (tra cui la notizia di una drammatica morte sul
lavoro di un operaio di Torino, tranciato da un treno) e alle analisi politiche
e, in basso, alla rubrica "ciarle del curioso", in cui si
descrivevano le piante carnivore. La cronaca milanese insieme
agli spettacoli, alle notizie di borsa e all'estrazione del lotto occupavano la
terza pagina. Sempre qui si riportava una circolare ministeriale emblematica
del clima di conflitto tra Regno d'Italia e Chiesa romana, giacché si
invitavano i prefetti a sorvegliare sui quaresimali pronunciati nelle chiese.
L'introduzione di telegrafo e rotativa fece schizzare le copie dalle 7.000 del
1878 alle 60.000 del 1889. La stagione d'oro coincise con l'inizio del nuovo
secolo e con Luigi Albertini nominato direttore responsabile
dal gruppo Crespi, nuovo proprietario del giornale. In sei anni le vendite
raddoppiarono da 75.000 a 150.000, assegnando al Corriere il primato di
quotidiano italiano più diffuso. Tra le ragioni del successo la comparsa di
periodici collegati, come La Domenica del Corriere e il Corriere
dei Piccoli.
In quegli anni, lasciarono la propria firma sul Corriere i più illustri
esponenti della cultura nazionale: da Giosuè Carducci a
Gabriele D'Annunzio, da Benedetto Croce a Luigi Pirandello,
passando per Grazia Deledda. Nel 1904 la Redazione fu trasferita in un palazzo
progettato dall'architetto Luca Beltrami, in via Solferino, che
divenne da allora la sede storica. L'interesse per la Prima guerra mondiale
permise di sfondare il muro delle 600.000 copie nel 1920.
Dopo gli anni difficili della censura fascista, il Dopoguerra vide la testata
cambiare nome due volte, da Corriere d'Informazione nel '45-'46, a Nuovo
Corriere della Sera nel '46-'59, fino al recupero della originaria dicitura. Il
ventennio '60-'70 fu caratterizzato da grandi figure di inviati come Indro
Montanelli e Oriana Fallaci. Dopo questo periodo cominciò
la sfida infinita con la Repubblica di Eugenio Scalfari, nel
contendersi il ruolo di primo quotidiano italiano.
https://www.mondi.it/almanacco/voce/251007
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