Dopo la laurea in Teologia biblica e in Filosofia (presso l'Università Federico
II di Napoli), nel 1989 Don Giuseppe Diana divenne parroco della chiesa di San
Nicola di Bari, nella sua natia Casal di Principe. In quegli anni il clan dei
Casalesi era in piena ascesa, destinato, sotto il controllo del boss Francesco
Schiavone, detto Sandokan, a diventare uno dei più sanguinari della storia
d'Italia.
Don Diana divenne per i suoi fedeli un punto di riferimento contro le violenze
e i soprusi del potere criminale, denunciando più volte dall'altare e nei vari
incontri l'assenza delle istituzioni di fronte a quello scenario. Il culmine di
questo impegno fu il celebre manifesto distribuito a Natale del 1991, a tutte
le parrocchie della città. In esso richiamò la Chiesa a non rinunciare «al
suo ruolo "profetico" affinché gli strumenti della denuncia e
dell'annuncio si concretizzino nella capacità di produrre nuova coscienza nel
segno della giustizia, della solidarietà, dei valori etici e civili».
Entrato nel mirino dei clan, la mattina del 19 marzo 1994 venne ucciso nella
sua sagrestia, con cinque colpi di pistola sparati da un solo killer. Ricordato
da associazioni e iniziative intitolate a suo nome, Don Diana è diventato un
simbolo del movimento antimafia. In particolare, la cooperativa "Le Terre
di Don Diana" gestisce la produzione agricola nelle terre sottratte ai
clan, dando lavoro a diverse persone.
https://www.mondi.it/almanacco/voce/5158003
Nessun commento:
Posta un commento