Verso
gli anni Settanta del secolo scorso la plurisecolare tradizione degli orologi
svizzeri sembrava destinata al tramonto, al cospetto dell'incontenibile
avanzata dell'industria nipponica, favorita dalla migliore tecnologia e dal
prezzo contenuto dei suoi prodotti.
Le ultime speranze di rilanciare i due principali colossi dell'orologeria
elvetica, quali SSIH (che aveva unito le storiche
"Omega" e "Tissot") e ASUAG (che
raccoglieva dieci marchi), vennero riposte nel consulente aziendale
libanese: Nicolas Hayek. Costui, convinto dell'enorme potenziale
che aveva in mano, fuse le due società in solo soggetto, la SMH, e
provò a lanciarlo con una nuova generazione di orologi.
Questi ultimi, rispetto al formato standard e ai colori grigi dei dispositivi
giapponesi, si presentavano come qualcosa di più di un semplice strumento per
controllare l'ora: attraverso i colori sgargianti e i motivi più disparati
rappresentavano piuttosto una forma originale di espressione della propria
personalità. Il nome Swatch, abbreviazione di "second
watch", stava ad indicare la nuova concezione "casual"
dell'orologio.
La prima collezione in dodici pezzi (al prezzo economico di 50 franchi) andò a
ruba, raggiungendo il primo milione di vendite nello stesso 1983. Da quel
momento divenne un oggetto di culto e da collezione, in special modo le serie
disegnate da artisti e personaggi famosi (come Keith Haring e Renzo Piano).
Rinominato The Swatch Group dal 1998, oggi è uno dei maggiori produttori di
orologi.
https://www.mondi.it/almanacco/voce/4808001
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