Il 12 febbraio
1941 la penicillina veniva testata per la prima volta su un paziente. Una
rivoluzione nel mondo della medicina
La storia ufficiale della molecola
antibatterica, formata dall’unione di due aminoacidi (cisteina e valina),
comincia con Alexander Fleming. Molto più tardi si scoprì che ben
trent’anni prima del biologo britannico, il ricercatore molisano Vincenzo
Tiberio (originario di Sepino) era giunto ad analoghe conclusioni.
Osservando delle muffe in un pozzo d’acqua, scoprì la loro natura antibatterica
nel constatare che gli abitanti del luogo si ammalavano quando il pozzo veniva
ripulito. I suoi studi “Sugli estratti di alcune muffe” pubblicati
negli Annali di Igiene Sperimentale, una rivista prestigiosa dell’epoca,
arrivarono all’attenzione di Fleming e di altri studiosi, ma rimasero pressoché
ignorati dalla medicina ufficiale.
Nel 1928, nel corso di alcuni studi
sull’influenza presso la St Mary’s Hospital Medical School, oggi parte
dell’Imperial College London, il medico scozzese Alexander Fleming si accorse
che una muffa si era accidentalmente sviluppata su una piastra di Petri che
ospitava una coltura di staffilococchi.
Attorno alla muffa era evidente
un’area libera dai batteri. Da queste osservazioni Fleming dedusse che la
muffa, un fungo del genere Penicillium, produceva una qualche
sostanza dal potere battericida che chiamò penicillina. Grazie al
successivo lavoro del patologo australiano Howard Walter Florey e del
biochimico di origine russa Ernst Boris Chain, nei primi anni ’40, la sostanza
fu purificata e resa disponibile come antibiotico, una scoperta che
avrebbe rivoluzionato la storia della medicina e ridotto la perdita di vite
umane durante la Seconda Guerra Mondiale.
Solo durante il Secondo conflitto mondiale, di fronte alla richiesta urgente di
farmaci che arrestassero la conseguente epidemia di infezioni, si ebbe
un’accelerazione nell’applicazione medica della penicillina. Nel 1940 il
patologo australiano Howard Walter Florey e il collega
tedesco Ernst Boris Chain, entrambi studiosi dell’Università di Oxford,
diedero il via ad esperimenti sull’azione chemioterapica della molecola e sulle
sue possibili applicazioni nel trattamento delle malattie infettive.
Dopo esser riusciti a isolarla in forma pura, passarono a testarla per la prima
volta su un paziente terminale affetto da setticemia. Si
trattava di un poliziotto londinese di nome Albert Alexander, cui fu
somministrata per via endovenosa una quantità di antibiotico pari a 160 mg.
Ventiquattrore dopo la sua temperatura iniziò a scendere di pari passo con il
ridursi dell’infezione. Purtroppo per lui la quantità di penicillina non era
sufficiente e ciò, un mese più tardi, lo condusse alla morte.
I risultati tuttavia erano innegabili: la sostanza aveva un effetto curativo
efficace e non era tossica per l’uomo. Prima dell’estate Florey e il suo
collaboratore Norman Hartley raggiunsero gli Stati Uniti per dare il via alla
commercializzazione del prodotto, che in poco tempo diventò un farmaco di
interesse industriale per aziende come Merck, Pfizer e Squibb.
Il mondo della scienza accolse con entusiasmo questa scoperta e decise di
rendere merito ai vari protagonisti con il massimo riconoscimento: Alexander Fleming, Ernst Boris Chain
e Howard Walter Florey ricevettero il Nobel per la Medicina del 1945, «per
la scoperta della penicillina e dei suoi effetti curativi in molte malattie
infettive».
https://radiosalute.it/penicillina-primo-test-su-un-paziente/
Nessun commento:
Posta un commento