Conclusa
l'impresa unitaria, nella primavera del 1861 Cavour aprì ufficialmente la
"questione romana", proclamando Roma capitale del Regno, quando la
stessa si trovava ancora sotto la giurisdizione papale. Dieci anni dopo,
riconquistata la città, il governo Lanza trovò la soluzione nella Legge
delle Guarentigie (maggio 1871).
Con essa il Pontefice, all'epoca Pio IX, diventava suddito dello Stato
Italiano, conservando tuttavia una serie di privilegi rispetto agli altri
cittadini. Il Papa non accettò la soluzione unilaterale e in segno di protesta
sia lui che i suoi successori non varcarono mai la soglia delle mura vaticane.
I rapporti vennero ristabiliti quasi sessant'anni dopo, in piena epoca
fascista. Dopo i vani tentativi di conciliazione nel corso dei pontificati di
Leone XIII e Pio X, i primi segnali distensivi si ebbero con Benedetto XV che
alimentò la partecipazione dei cattolici alla vita politica italiana,
sostenendo nel 1919 la formazione del Partito Popolare Italiano (dalle
cui ceneri nacque nel '42 la DC). Sul versante opposto Giolitti apriva a una
nuova stagione di rapporti, attraverso la politica delle «due
parallele» e rimarcando l'autonomia di Stato e Chiesa nei rispettivi
ambiti.
L'avvento della dittatura fascista mise in allarme la Santa Sede preoccupata di
perdere la propria secolare autonomia. Di qui, nell'estate del 1926, si
avviarono delle trattative condotte per l'Italia dal consigliere di Stato
Domenico Barone e per la Chiesa dall'avvocato Francesco Pacelli. Nelle ultime
fasi, agli stessi subentrarono rispettivamente il capo del governo Benito
Mussolini e il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro
Gasparri.
A questi ultimi spettò di formare l'accordo dell'11 febbraio, nella Sala
dei Papi del palazzo di San Giovanni in Laterano. Il
trattato (ratificato con la legge 810 del 27 maggio 1929)
riconosceva innanzitutto la personalità giuridica internazionale dello Stato
della Città del Vaticano, mentre quest'ultimo riconosceva il Regno
d'Italia e Roma quale sua capitale.
Tra i punti salienti, venivano regolati gli effetti civili del matrimonio
religioso e stanziati circa un miliardo di lire, a titolo di risarcimento per i
danni subiti con la perdita del potere temporale del Papa. I punti più
controversi, che rispetto alle Guarentigie segnavano un
regresso nella tutela della libertà religiosa, riguardavano l'indicazione del
cattolicesimo quale religione di Stato e l'obbligatorietà
dell'insegnamento della dottrina cristiana nelle scuole medie ed elementari.
Pur tra il dissenso delle correnti laiche dell'Assemblea Costituente, i Patti vennero
assorbiti all'interno della Costituzione del 1948, nello specifico
con l'articolo 7. Tuttavia fu avvertita a più riprese l'esigenza di modificare
l'accordo, nei punti ritenuti palesemente incompatibili con i principi della
Costituzione repubblicana.
Istanze raccolte più tardi nel nuovo Concordato del 1984,
sottoscritto dal presidente del Consiglio Bettino Craxi e dal segretario di
Stato Agostino Casaroli. Con esso da un lato si eliminavano i punti più
controversi (il riconoscimento di "religione di stato" e
l'insegnamento obbligatorio cambiato in facoltativo); dall'altro si facevano
importanti concessioni alla Chiesa, tra cui il finanziamento attraverso il
meccanismo dell'otto per mille e il diritto a istituire scuole di
ogni ordine e grado.
https://www.mondi.it/almanacco/voce/189008
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