La morte arrivava dal cielo. Era colorata di rosso, reso ancor più brillante
dal fuoco delle mitragliatrici. Per Manfred von Richethofen, il Barone Rosso,
leggenda dell’aviazione tedesca della Prima guerra mondiale, la vita era una
caccia continua. Cambiavano solo le prede: dalle pernici agli aviatori nemici.
Molti di noi si ricordano del Barone Rosso dai funerali dei Peanuts: era l’immaginario avversario di
Snoopy n versione pilota. Nella
realtà la sua breve vita si consumò nel grande massacro di inizio secolo.
Manfred nasce il 2 maggio 1892 a Breslavia. La sua è una famiglia nobile poco
avvezza all’arte della guerra. Nella sua autobiografia – appena tornata in libreria
grazie a Castelvecchi – non manca di sottolinearlo, con una certa vena
sarcastica. Persino il padre, unico a indossare una divisa prima di lui, viene
congedato per un’infreddatura presa per salvare un cavallo. Manfredi, invece, i
cavalli li porta alla carica quando entra nel primo reggimento degli Ulani. Nel
1914 scoppia la guerra, e per il futuro Barone Rosso l’aria cambia. Lui, però
non sembra dispiaciuto. “Non sono venuto per ingrassare, ma per combattere
“scrive al generale della sua divisione. E la svolta: nel maggio 1915 passa
all’aviazione. Per i primi tempi si limita a fare il secondo, alle spalle del
pilota. Poi, il salto. Prima sui bombardieri, poi sugli aerei da caccia, fino
al celeberrimo Fokker triplano. Il barone sembra nato per volare. Si getta a
capofitto nelle tempeste. Con la cloche in una mano e la mitragliatrice
nell’altra, allunga la lista degli avversari abbattuti. E ne colleziona i
trofei: un pezzo di elica di motore, di carlinga. Pietà non ne ha: “I
cacciatori raccolgono i trofei e io sono un cacciatore”. Il suo nome diventa
presto una leggenda per i tedeschi, un incubo per i nemici. Lui, alimenta il
mito dipingendo il suo aereo. Nasce così il Barone Rosso, der Rote Baron, the Red Baron,
o in francese le Diable Rouge. Per
gli alleati è il nemico numero uno. Al punto che gli inglesi creano una
squadriglia per dargli la caccia. Lui gioca di rimando e fa dipingere di rosso
i dodici aerei della sua squadriglia (di cui fa parte anche il fratello
Lothar). Nel frattempo la lista dei nemici abbattuti si allunga e arriva a
quota ottanta. Il suo volo si conclude il 21 aprile 1918, quando viene
abbattuto dal capitano canadese Roy Brown. “Quando lo vidi tra i rottami mi
parve un fanciullo. Eppure quel ragazzo era il nostro peggiore nemico”. Non
aveva ancora compiuto 26 anni.
Matteo Tanelli – Cultura – Il
Venerdì di La Repubblica – 8 giugno 2018 -
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