Noi
leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disiato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante.
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disiato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante.
(DANTE
– La Divina Commedia – Inferno, Canto V).
La famiglia di Guido da Polenta (signore
di Ravenna e di Cervia) e i Malatesta da Rimini erano due tra le più potenti
famiglie della Romagna.
Francesca nacque probabilmente intorno al
1260. Nel 1275, quando Francesca aveva circa 15-16 anni, il padre organizza il
matrimonio della figlia esclusivamente per ragioni politiche. Le due famiglie
erano state spesso in contrasto fra loro; pertanto si pensò che un matrimonio
tra i loro rampolli potesse riportare la pace in famiglia. Francesca fu dunque
promessa al primogenito dei Malatesta, Giovanni detto Gianciotto (da ciotto =
zoppo). Per timore che Francesca rifiutasse di sposarlo, le due famiglie
ricorsero a un inganno: fu inviato a Ravenna il fratello minore Paolo, detto il
Bello. Francesca si invaghì di lui ed accettò con gioia il matrimonio e
pronunciò il sì senza sapere che si trattava di un matrimonio per procura.
Quando si trovò al suo fianco Gianciotto, brutto e malvagio, dovette
rassegnarsi alla cattiva sorte e cercò di essere una sposa buona e docile.
I due sposi vissero probabilmente nel
castello di Gradara ed ebbero una figlia, a cui diedero il nome Concordia.
Gianciotto, divenuto podestà di Pesaro,
partiva la mattina presto e rincasava molto tardi.
Suo fratello Paolo, che era stato scelto da
Papa Martino V nel 1282 come capitano del popolo a Firenze, frequentemente si
recava a far visite alla cognata.
Progressivamente la loro amicizia si
trasformò in amore intenso e passionale, ma i due, per qualche tempo, non
osarono confessare a se stessi l’intensità del loro sentimento.
Il malvagio Gianciotto aveva affidato a un
servo l’incarico di controllare la moglie e da lui venne informato delle
frequenti visite del fratello Paolo.
Insospettitosi, un giorno finse di
partire. Quel giorno i due cognati stavano leggendo insieme un libro, la storia
di Lancillotto e Ginevra. Man mano che procedevano nella lettura cominciarono a
capire la vera natura del sentimento che li legava e si baciarono. In quel
momento Gianciotto, che si era nascosto, rientrò da un passaggio segreto e
scoprì i due amanti. Accecato dalla gelosia, estrasse la spada e li uccise. Il
tragico epilogo della storia può essere datato tra il 1283 e il 1285.
Secondo quanto riferisce il Boccaccio, i
due amanti furono seppelliti insieme.
Si ha una scarsa documentazione storica
della vicenda e dei suoi protagonisti, ma abbiamo numerose fonti letterarie.
Dante Alighieri ne venne a conoscenza quando aveva circa vent’anni. Giovanni
Boccaccio fornisce altre informazioni nel suo Commento alla Divina Commedia.
La loro storia affascinò ed ispirò
scrittori (Silvio Pellico e Gabriele D’Annunzio) e musicisti (Riccardo
Zandonai, Ciajkovskij e Rachmaninov).
Cultura e Svago
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