Predare o Scappare
Contro la corruzione dilagante nel nostro paese si è riusciti (o si è voluto) a fare ben poco finora, probabilmente perché essa è legata a vari fattori (mancanza di valori, malcostume diffuso, cattivo esempio dall’alto, complicità, “cecità” politiche, finanziamenti dei partiti ecc), ma è dovuta anche in buona misura alla mancanza di punizioni adeguate. Nella vita qualsiasi essere vivente si adatta rapidamente al sistema premi-punizioni del suo ambiente: impara le cose che deve evitare e quelle che può fare, impara a conoscere le situazioni in cui può predare e quelle, invece, in cui deve scappare. Questo avviene anche nelle società umane. E avveniva soprattutto in passato, quando le punizioni erano molto forti, a cominciare da quelle familiari, dove i ceffoni volavano sonori, passando per la severità a scuola e poi nel mondo del lavoro, per finire alle pesanti punizioni corporali e carcerarie per chi si ribellava al potere del principe o del vescovo.
Era un mondo diverso, naturalmente, e oggi gli psicologi dicono che si ottiene di più con i premi che con punizioni. Certamente è vero (e infatti tutto l’addestramento dei cani da droga, da valanga, da terremoto ecc, avviene attraverso il gioco e la ricompensa). Ma, tra gli umani, di premi per un buon comportamento se ne vedono pochi in giro, mentre c’è ovunque una tendenza ad attenuare le punizioni: in famiglia, a scuola, nel lavoro, e anche nella società. Va benissimo, a condizione che poi le cose funzionino. Si ha invece l’impressione che per quanto riguarda la società il vantaggio di commettere un illecito, e guadagnare quattrini, sia diventato in molti casi maggiore della eventuale (debole) punizione, che forse non arriverà mai, e comunque sarà accompagnata da possibili prescrizioni, riduzioni della pena, condoni, amnistie. Insomma il gioco può valere la candela. Per la corruzione è così: mettendo in colonna tutti i pro e i contro è diventata conveniente, o comunque attraente.
Questo ha portato alla diffusione della piccola e grande corruzione e di altri reati nella società, ma soprattutto in politica: non esiste paese in Europa dove così tanti indagati siedono in Parlamento.
La mancanza di un efficace sistema di premi e punizioni incide del resto anche sull’elefantiasi dell’apparato burocratico. Infatti, il modello italiano parte dal principio di sfiducia: cioè io, Stato, non so se tu cittadino, che mi richiedi un’autorizzazione, un documento, una prestazione, sei una persona per bene o un mascalzone. Presumo quindi che tu sia una persona di cui è meglio non fidarsi. Per questo, per ottenere quello che mi che mi chiedi, dovrai passare ai raggi X della burocrazia: presentare una documentazione infinita, passare attraverso vari uffici, aspettare che la pratica sia evasa. Poi riceverai quello che chiedi.
In altri paesi, negli Stati Uniti in particolare, il principio è rovesciato: io, Stato, presumo che tu sia una persona corretta, che non commetti il peggiore dei reati, cioè mentire e tradire il patto di lealtà che è alla base della convivenza civile. Quindi non ti obbligo a passare attraverso interminabili pratiche. Ma se hai tradito la mia fiducia avrai una tale punizione che te la ricorderai per tutta la vita.
Il modello italiano prevede quindi molti controlli a monte (cosa che richiede molti uffici e molto personale), ma controlli poco efficaci a valle. E soprattutto punizioni non sufficienti a scoraggiare la disonestà. Si hanno così due svantaggi: una folta burocrazia, costosa e intralciante, e una trasgressione diffusa, perché poco o debolmente punita.
Da A Cosa Serve La Politica – Piero Angela -
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