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sabato 15 settembre 2012

LO sapevate Che: Educare....


Chi Educa Chi?

Autunno, tempo di nuovi propositi e di rinnovati impegni.  Ammesso che sia davvero possibile una pausa in cose di questo tipo, torna dopo l’estate la sollecitudine delle famiglie per l’educazione dei propri figli. Non che la genitorialità possa mai andare in vacanza: è vero però che il ritorno alla ferialità chiede di ravvivare le motivazioni utili per un investimento che chiede attenzione, responsabilità, intelligenza, disponibilità costante.
Settembre è mese di buoni propositi, spesso poi disattesi a causa della fretta giornaliera, di frustrazioni di vario tipo, di stanchezze che si accumulano appannando il desiderio di essere educatori seri ed efficaci. E’ importante però preoccuparsi di partire con il piede giusto, facendo il pieno di energie e di lungimiranza: servirà per percorrere una strada molto lunga e talvolta molto dura.
Nella ripresa del proprio compito educativo, vale la pena tornare a riflettere su una questione fondamentale, che richiede in qualche caso una decisa inversione di rotta: è sempre vero che l’adulto educa il giovane? Che la trasmissione di verità e valori, esperienze e comportamenti positivi avviene esclusivamente secondo un’unica direzione di marcia?
Almeno in qualche occasione i genitori si accorgono che l’educazione si svolge all’interno di relazioni fondate su una feconda reciprocità; è difficile però che questa percezione si trasformi in una chiara consapevolezza e abitualmente animi il vissuto quotidiano della famiglia. E’ più facile scommettere sulle energie auto formative dei ragazzi o percorrere la strada della loro responsabilizzazione in ordine agli impegni ordinari della casa; magari si chiede al figlio maggiore di farsi compagno dei fratelli più piccoli aiutandoli ad indirizzare nel modo giusto il loro cammino di crescita.
E’ duro invece chiedere apertamente ad un bambino o ad un adolescente di aiutare un adulto ad essere veramente tale. Sembra quasi di dover ammettere un’inadempienza, una latitanza, un cedimento irreversibile del proprio senso della genitorialità.
Forse, invece, è vero esattamente il contrario: un padre o una madre che riconoscono ai loro figli di poter e saper offrire un contributo fattivo per la crescita della famiglia, del suo modo di essere e di agire, di fatto li aiutano a stare nel mondo con la consapevolezza gioiosa di contare qualcosa e di essere in grado di partecipare da protagonisti al banchetto comune dell’educazione.
Imboccare questa strada non è facile, né scontato, soprattutto nelle famiglie dove i figli sono tenuti in una eterna condizione di minorità e falsamente protetti dalle responsabilità della vita con il confinamento nel ruolo di fruitore piuttosto che creatore di senso. Quando i genitori si comportano così, purtroppo si sottraggono ad una testimonianza di onestà e umiltà pedagogica e soprattutto mostrano di non avere fiducia che i loro ragazzi sono davvero capaci di una maturità generosa che consente di costruire il futuro insieme.
Marianna Pacucci – Bollettino Salesiano Settembre 2012

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