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giovedì 13 settembre 2012

Lo Sapevate Che: Metternik Spiegò....


Metternich Spiegò
Perché All’Europa
Mancano Gli Stati

Del principe Metternich, uomo di Stato austriaco,
ci è stata ripetuta mille volte una frase, quella secondo
cui l’Italia era soltanto “un’espressione geografica”: testimonianza, si leggeva nei libri di scuola, del suo profondo disprezzo per il nostro nobile Paese. Bene: in questi giorni sto leggendo l’autobiografia del principe, emi sono imbattuto in una sua affermazione analoga, ma riferita ad altre contrade. “Il nome di Germania – così egli scriveva, passando in rassegna i popoli europei – aveva solo un valore geografico”. Una sua fissazione, dunque? Vedeva espressioni geografiche dappertutto? Sappiamo che Metternich non era stupido, e le sue affermazioni non erano campate in aria. Qualche riga più sotto, infatti, ci spiega la differenza fra un’espressione geografica e uno Stato. “L’idea di Stato – egli scrive – presuppone una base di sovranità unificata, sia attraverso la persona di un sovrano, sia attraverso la sovranità di un popolo. Il sovrano come persona può regnare su diversi Paesi, diversi per le leggi locali e nell’amministrazione locale. Un popolo sovrano non può governarne un altro… nel caso della Germania la sovranità assoluta poteva solo poggiare sulla figura di un imperatore”.
Metternich raccontava, quando scriveva queste note, come era stata costruita l’Europa dopo gli sconquassi provocati da Napoleone. C’erano tante diverse popolazioni, con la loro storia e la loro cultura: ma bisognava ricostruire gli Stati, che erano un’altra cosa. Bisognava ricostruirli secondo criteri che avessero un fondamento, una credibilità. Le sue riflessioni tornano di attualità nei nostri giorni. C’è l’Europa, che è un’espressione geografica, nel senso di una realtà fondata sulla storia, sulla cultura, sugli ideali: conosciamo (o almeno così si spera) la sua storia, i suoi confini. Ma uno Stato è una cosa diversa. Metternich affrontava l’argomento con realismo e con competenza. Non mi pare che i suoi successori, oggidì, sappiano fare altrettanto.
Piero Ottone – Venerdì di Repubblica – 31-8-12

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