Francis
Scott Fitzgerald, Il Grande Gatsby e il Grande Sogno Americano
Alzi la mano chi non ha mai sentito
parlare della straordinaria vita di Jay Gatsby e delle
avventure del suo autore, il famosissimo e molto controverso Francis
Scott Fitzgerald. Con la pellicola del 2013 girata da Baz Luhrmann – con un
bravissimo Leonardo
di Caprio nelle vesti del noto Gatsby – le opere e la vita dello
scrittore americano sono tornate a destare interesse e a stuzzicare la curiosità
di apprezzare ancora una volta il messaggio e l’estrema attualità contenuti in
esse.
Francis Scott Fitzgerald (Saint
Paul, 24 settembre 1896 – Los Angeles, 21 dicembre 1940) è probabilmente
l’interprete per eccellenza dei cosiddetti Anni ruggenti,
ovvero di quel decennio che abbracciò il sogno americano e il suo
crollo dal 1919 al 1929. Un decennio scandito da avvenimenti importanti per
la storia e l’umanità: l’uscita dal primo conflitto mondiale, l’incremento
industriale ed economico, la libertà sempre crescente dei costumi, la voglia di
spensieratezza, l’emancipazione femminile e l’abbandono dei vecchi valori
puritani e conservatori.
Un’aura di leggerezza e di
frivolezza abbraccia la società
borghese americana ritratta da Fitzgerald nei suoi
racconti e romanzi. In realtà da questo stile di vita è attratto l’autore
stesso, che, se da bambino è stato costretto a rinunciare a sogni e desideri,
da adulto si immerge completamente in quel mondo conducendo una vita dedita al
libertinaggio, alla notorietà, alle feste bagnate dall’alcool e scandite dai
ritmi del jazz e del Charleston. Un’atmosfera quasi idilliaca, nella quale però
si intravedono già i sintomi che, nel 1929, culmineranno nel crollo della Borsa
di Wall Street e, conseguentemente, nello sgretolarsi del sogno americano.
Francis Scott Fitzgerald comincia la
sua attività letteraria nel 1916 in collaborazione con una
rivista e nel 1920 pubblica il suo primo romanzo Di
qua del Paradiso. Accolta con successo, l’opera è un
particolareggiato ritratto del sogno americano in cui il
disagio esistenziale lasciato dalla guerra viene messo a confronto con quegli
atteggiamenti esuberanti di una generazione che vuole dimenticare il
passato per proiettarsi solo nel futuro. Una perfetta rappresentazione
di quella che Gertrude
Stein chiama Lost
Generation – Generazione perduta – alla
quale lo scrittore americano appartiene in pieno. Scott Fitzgerald e
sua moglie Zelda si trasferiscono per un periodo in Francia dove
frequentano i salotti della Stein e intrattengono relazioni con altri grandi
esponenti della scena culturale americana e non solo, uno tra tutti Ernest
Hemingway. La loro vita sregolata, gli eccessi dell’alcool di Scott e i
primi segni di squilibrio mentale di Zelda avevano reso il loro amore la storia
più chiacchierata del momento; pertanto scelsero di rifugiarsi un periodo a
Parigi.
Negli anni parigini Fitzgerald porta
a compimento la sua opera più famosa, Il Grande Gatsby,
pubblicato il 10 aprile 1925. Con ben quattro anni di anticipo sui
tempi della storia, Fitzgerald prevede la fine drastica del Grande
Sogno Americano e, per questo motivo, il romanzo non fu accolto subito
in maniera positiva dal pubblico e dalla critica. Solo successivamente, nel
secondo dopoguerra, la critica lo rivalutò, riconoscendo la lungimiranza
dell’autore e la sua bravura nell’aver correttamente interpretato le
contraddizioni della società americana dell’epoca.
Il protagonista Jay Gatsby è
un alter ego dell’autore: all’apparenza egli è un uomo elegante,
ambizioso, ricco e desideroso di ostentarlo, fa parlare di sé e aumenta il
proprio fascino non presentandosi alle sue stesse feste e misterioso coltivando
il mistero nei suoi affari e nel suo lavoro. In realtà Jay è un sentimentale,
un uomo che è arrivato in città solo per riconquistare Daisy, sua
vecchia fiamma che lo aveva respinto perché povero e senza ambizioni.
L’apparenza di una vita sfavillante si sgretola nel vano tentativo di
rincorrere un amore infelice che rende vuota e misera ogni sovrastruttura, ogni
slancio di presunto benessere.
Nella narrativa di Scott Fitzgerald
emergono tanti elementi che riescono a descrivere perfettamente la società
contemporanea: parafrasando Calvino, un classico è tale
quando continua a raccontare qualcosa e si adatta perfettamente a ogni epoca.
L’opera dello scrittore americano rientra perfettamente in questa definizione:
leggendo le sue pagine, infatti, i parallelismi con la crisi economica e
soprattutto culturale che la nuova Lost Generation sta
vivendo sono inevitabili. Cercando di non far ripetere la storia, la crisi
morale potrebbe essere curata proprio ripartendo dalla letteratura:
affidarsi ai classici come Il Grande
Gatsby – e più in generale alla voce di personaggi
quali Fitzgerald – può certamente aiutare a non soccombere e a scovare nuove
strategie e probabili alternative che prima sembravano impensabili.
Lisa di
Iasio per MIfacciodiCultura
http://www.artspecialday.com/9art/2020/03/27/francis-scott-fitzgerald-sogno-americano/#:~:text=Negli%20anni%20p
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