Pietra miliare della letteratura italiana
Fermo e Lucia
È la prima stesura del romanzo,
successivamente rielaborato e pubblicato col titolo di Promessi sposi,
cui Manzoni iniziò a lavorare nel periodo 1821-23: si tratta di un abbozzo con
parti mancanti e incongruenze (vi sono anche annotazioni di lavoro dell'autore)
che non fu mai pubblicato e differisce dal romanzo maggiore per la trama e le
scelte linguistiche, punto questo che fu probabilmente decisivo nella decisione
dell'autore di rimaneggiare l'intera opera. Il Fermo e Lucia è
diviso in quattro tomi e comprende complessivamente trentasette capitoli (così
ripartiti: tomo I, 8; tomo II, 11; tomi III e IV, 9), preceduti da due Introduzioni delle
quali la seconda è il rifacimento della prima; i capitoli del tomo I e i primi
due del tomo II sono preceduti da un titolo, cosa che poi verrà abbandonata
anche nella stesura definitiva del romanzo (in questo sembra di intravedere
un'imitazione di alcuni romanzi francesi e inglesi, che agirono come modelli su
Manzoni nell'accostarsi a questo nuovo genere letterario). Complessivamente il
romanzo presenta risultati artistici assai modesti, sia sul piano della trama
(che appare alquanto squilibrata nella ripartizione degli episodi) sia su
quello dello stile e della lingua, ovvero il toscano letterario della
tradizione su cui l'autore innesta molti lombardismi e francesismi, ottenendo
un vero e proprio "pasticcio" che risulta di difficile lettura e
lascerà profondamente insoddisfatto il romanziere. La difficoltà nella
composizione si spiega con la scarsa dimestichezza di Manzoni con la prosa al tempo
della
stesura,
nonché con la relativa novità del genere romanzesco che, oltre a non godere di
grande prestigio in Italia, non aveva neppure una consolidata tradizione alle
spalle cui rifarsi (com'è noto, Manzoni si ispira al modello del romanzo storico
di W. Scott e apre una strada che sarà poi seguita in Italia da tanti imitatori
negli anni successivi).
Queste le principali differenze nella trama del Fermo e Lucia rispetto
ai Promessi sposi:
Il
protagonista maschile ha il nome di Fermo, anch'esso abbastanza diffuso nella
Lombardia del XVII secolo, mentre il nome Lorenzo è attribuito al sagrestano
di don Abbondio che, nel romanzo maggiore,
diventerà Ambrogio. La domestica del curato nei capitoli
I-II del tomo I si chiama Vittoria, mentre in seguito diventa Perpetua come nei Promessi sposi.
All'inizio
del tomo II è presente una digressione in cui l'autore finge un dialogo con un
lettore fittizio, il quale gli rimprovera di aver omesso dal racconto la
descrizione dei sentimenti dei due innamorati: Manzoni difende le sue scelte
stilistiche, argomentando che tale descrizione non è necessaria alla
comprensione delle vicende e potrebbe invero suscitare pensieri peccaminosi in
lettori non avvezzi a simili rappresentazioni (il punto di vista di Manzoni è
ovviamente di tipo moralistico, dettato dalla preoccupazione che i suoi scritti
possano provocare turbamento nel pubblico). Nei Promessi sposi questa
parte è totalmente eliminata, salvo il fatto che la descrizione
dell'"idillio" dei due innamorati è comunque assente.
La
monaca di Monza si chiama Geltrude (e non Gertrude, come nei Promessi sposi) e la sua tresca
amorosa con Egidio vede due altre suore come
complici, il cui ruolo nella vicenda non è del tutto chiarito; una di loro si
incarica di eseguire materialmente l'assassinio di una terza suora che ha
scoperto il segreto, il tutto su ispirazione di Egidio che si mostra come un
vero spirito criminale (sarà lui a occultare il cadavere sotterrandolo in una
cantina della sua casa attigua al convento). Sono presenti anche numerosi
dialoghi tra gli amanti, mentre nel romanzo maggiore essi diverranno discorsi
indiretti riassunti sommariamente.
L'innominato è chiamato Conte del Sagrato e il suo colloquio
con don Rodrigo è infarcito di termini
spagnoleggianti, oltre a mostrare un carattere più spigoloso e scostante del
personaggio (il dialogo diventerà un sintetico discorso indiretto nei Promessi
sposi). Viene anche descritto con toni truci il delitto compiuto dal
potente bandito sul sagrato di una chiesa (il che spiega il suo soprannome),
mentre un'altra differenza è il suo incontro col Borromeo quando i due erano adolescenti,
inserito nel racconto della conversione del Conte.
Dopo
la fuga dei due promessi dal paese, viene narrata la storia di Geltrude e
poi il rapimento di Lucia ad opera del Conte del Sagrato, sino alla
conversione del bandito in seguito all'incontro col Borromeo e la successiva
liberazione della ragazza. L'autore torna a parlare di Fermo e delle sue
disavventure a Milano solo molto più avanti, con una sorta di flashback che
rende alquanto sbilanciata l'economia della narrazione.
La
morte di don Rodrigo è narrata direttamente, al lazzaretto, quando il signorotto vede Lucia e, in preda al
delirio, balza in groppa a un cavallo e lo sprona a sangue, cadendone
successivamente e morendo certamente in disgrazia. Nei Promessi sposi,
invece, la sua morte è riferita solo nel capitolo XXXVIII e viene dunque lasciato in dubbio
se l'uomo si sia pentito o meno dei suoi pe
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