Er Poeta de Roma
Nell'autunno romano del 1871, il 26
ottobre, Carlotta Poldi dà alla luce il suo secondogenito, Carlo Alberto.
Sarta, nativa di Bologna, Carlotta ha sposato il cameriere Vincenzo Salustri,
di Albano Laziale, mettendo su una famiglia onesta ma di modestissime
condizioni economiche che prende casa in via del Babbuino, al numero 114, a
Roma. Oltre alla scarsità di mezzi, i Salustri sembrano perseguitati dalla
sfortuna: nel 1872 muore per difterite la piccola Isabella, sorella di Carlo
Alberto, a soli tre anni e, nel 1874, viene a mancare anche Vincenzo.
A risollevare le sorti - altrimenti
disperate - della famiglia interviene il marchese Ermenegildo De' Cinque
Quintili, molto legato a Vincenzo - che aveva avuto a servizio - nonché padrino
di battesimo di Carlo Alberto. Il nobile romano accoglie dunque la famiglia
Salustri nel proprio palazzo in piazza di Pietra, 31 (oggi chiamato
"Lazzaroni").
Il ragazzo frequenta la scuola dei
"Fratelli Cristiani" intitolata ad "Angelo Mai" ma, all'età di 15 anni, abbandona gli studi
intraprendendo un personale e scoordinato cammino di autodidatta. Ama la
poesia, soprattutto quella popolare, e possiede un vero talento
nell'improvvisazione di versi in rima e nella loro declamazione. Nel 1887 la redazione
de "Il Rugantino", decide di pubblicare il suo primo sonetto in
dialetto romanesco "L'invenzione della stampa", che ottiene un
discreto apprezzamento e rappresenta il punto di partenza di quella che sarà
una lunga e gloriosa carriera artistica.
Dall'anagramma del suo cognome Carlo
Alberto Salustri ricava la parola "Trilussa", con la
quale si firma assumendola quale definitivo nome d'arte. Due anni dopo esce,
sullo stesso giornale, la sua prima opera "Stelle de Roma". Passa a
scrivere su testate ben più importanti, fra le quali il "Don
Chisciotte" ed "Il Messaggero", narrando a modo suo aspetti di
vita quotidiana della capitale.
Pubblica intanto "Quaranta
sonetti" nel 1895, "Favole romanesche" nel 1900, "Caffè
concerto" nel 1901, "Er serrajo" nel 1903. La notorietà di Trilussa comincia
a diffondersi oltre i confini romani. Nel 1912 si innamora di Giselda Lombardi,
una ragazza di Trastevere con il pallino della recitazione. Trilussa, grazie a
sue conoscenze, riesce ad introdurla nel cinema muto e, sempre con il sistema
dell'anagramma, le trova il nome d'arte di "Leda Gys". La relazione
durerà alcuni anni, nel corso dei quali la ragazza si avvia ad una rapida
notorietà.
L'evoluzione artistica lo porta verso la
parabola e la favola allegorica: dopo "Ommini e bestie", del 1908,
pubblica "La gente" (1927), "Cento apologhi" (1934), fino
ad "Acqua e vino" (1944). Il primo dicembre del 1950 riceve dal
Presidente della Repubblica Luigi Einaudi la nomina di senatore a vita, quale omaggio ai
suoi meriti artistici, ma la sua salute divenuta cagionevole lo ha ormai
pesantemente debilitato.
Nella sua casa-studio di via Maria
Adelaide, 17, assistito dalla fedele governante Rosa, Carlo Alberto Salustri -
in arte Trilussa - si spegne qualche settimana dopo, il
21 dicembre 1950, all'età di 79 anni.
La collaborazione al
"Rugantino" comincia da giornalista, ed è proprio osservando la vita
quotidiana intorno a sé che lo porta a scoprire un particolare talento nella
narrazione in versi: Trilussa riesce a trarre dai fatti e dai comportamenti
umani l'essenza più intima che trasforma in poesia spesso ironica e
canzonatoria. Alto, elegante, disincantato, con il suo stile dissacrante, a
tratti sferzante, il poeta romano si arma di satira per fustigare la falsa
morale della piccola borghesia romana ed italiana del tempo.
Ma Trilussa è anche strenuo difensore
della dignità e libertà dei popoli quando mette a nudo le ipocrisie di sovrani
e capi di Stato:
"...Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e
li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s'ammazzza
a vantaggio de la razza...
o a vantaggio d'una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovramo macellaro...".
Nato come poeta dialettale, nello stesso
filone del Belli e
del suo contemporaneo Pascarella, il vernacolo di Trilussa tende piuttosto ad
italianizzarsi, cosa che, se per un verso lo espone a critiche da parte dei
poeti trasteverini dell'epoca, dall'altro gli consente di infondere nei suoi
epigrammi un respiro più ampio, di imprimere alla sua arte una dimensione più
universale. Ed anche a questo si deve il grande successo che egli riscuote in
tutta l'Italia ed all'estero. Dopo la morte, Mondadori riunisce in unico volume
le sue opere che pubblica col titolo "Tutte le poesie", nel 1951.
https://biografieonline.it/biografia-trilussa
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