La Chiesa ricorda oggi San Giorgio, una ricorrenza che viene festeggiata in modo particolare dai fedeli perché è anche il giorno dell’onomastico del Papa, Jorge Mario Bergoglio.
Per festeggiare insieme il
Santo Padre, riproponiamo una intervista – dall’archivio del sito – di
Alessandro Gisotti per la Radio Vaticana, al cerimoniere pontificio, mons.
Guillermo Karcher, sacerdote argentino, tra i più stretti collaboratori di
Francesco, al quale è legato da oltre vent’anni:
R. – Pensare oggi, in questa
festa onomastica, al Santo del Papa – essendo il suo nome di Battesimo Jorge –
è bello, perché quando penso a lui, e lo vedo agire, posso dire che è un “San
Giorgio moderno”, nel senso che è un grande lottatore contro le forze del male
e lo fa con uno spirito veramente cristiano: è Cristo che vedo in lui che
semina il bene, per combattere il male. E in questo è un esempio, perché lo
faceva già a Buenos Aires e continua a farlo adesso con quella semplicità che
lo caratterizza, ma che è così forte, così importante in questo momento del
mondo, in cui ci vuole la presenza del bene.
D. – In Argentina, anche da
cardinale, Francesco si presentava come padre, come padre Jorge. Ma anche ora
che è Papa è fortissima questa dimensione della paternità sacerdotale, vero?
R. – Sì, è vero, anche perché lui è un gesuita, è un padre, e continua ad
esserlo. A me commuove ogni volta, ogni mercoledì, quando arrivano gli
argentini e li sistemo in questo settore specialissimo, tantissimi lo chiamano
“Padre; padre Jorge; Jorge” e veramente si nota la familiarità, questa amicizia
che lui ha seminato in tanti anni a Buenos Aires, quando camminava per le
strade della città e andava a visitare i posti più poveri della periferia della
città, come continuano a sentirlo vicino e lui si rallegra e scambia – sempre
con un sorriso, con un abbraccio, con uno sguardo paterno – questo saluto che
esce dal cuore delle persone.
D. – Francesco gode di un
grande affetto e anche di un’immensa popolarità, ma ovviamente non mancano le
critiche, anche nel mondo cattolico. Lei ha mai visto il Papa dispiaciuto per
questo?
R. – No, no… sono poche le volte che uno fa un commento… Lui ride e dice: “Va
bene, meglio, conosciamo come sono fatte le persone”. Lui, però, ha questa
libertà di spirito e questa fortezza interiore. Io penso che sia un unto dallo
Spirito. Porta avanti un ministero affidato dalla Chiesa, per il bene della
Chiesa e del mondo, e lo fa con serenità e con certezza d’animo.
D. – Il mondo è attratto dalla
grande spontaneità di Francesco eppure nell’intimità il Santo Padre è un uomo
di grande intensità spirituale, immerso nella preghiera. Lei può dirci qualcosa
su questo, anche per la sua prossimità?
R. – Sì, è una persona che ha forgiato – lo dico, lo ribadisco sempre – una
forte spiritualità, perché è un uomo di preghiera, un uomo di Dio. Pensiamo
solo che ogni giorno dedica due ore, la mattina appena si alza, alla preghiera,
alla riflessione. E poi vedo, facendo da cerimoniere, la differenza che c’è tra
la sacrestia prima e dopo e la Messa prima e dopo. Mi spiego: lui è uno cui
piace salutare tutti i seminaristi, i ministranti e lo fa – come lo vediamo in
Piazza San Pietro – con tanto affetto. Una volta però indossati i paramenti
liturgici, lui cambia: lo vediamo entrare in Basilica o recarsi all’altare in
Piazza come l’uomo della preghiera, l’uomo concentrato su quello che sta per
celebrare, il mistero eucaristico soprattutto. E lo stesso quando esce dalla
navata centrale della Basilica, quando tutti lo osannano: “Francesco! Evviva!
Ti vogliamo bene!”. Lui, però, va verso la sacrestia. Diciamo che fa una
parentesi. E questo è esemplare anche per un prete, nel senso che noi stiamo
con il popolo, ma quando dobbiamo stare con Dio, stiamo con Dio.
D. – Queste parole sono quasi
uguali alle parole che il cardinale Dziwisz diceva come segretario di Giovanni
Paolo II…
R. – Sì, posso dare testimonianza anche di Giovanni Paolo II, avendo fatto l’aiutante
cerimoniere a suo tempo! Hanno questo in comune: questa presenza di Dio, che si
rende forte nel momento opportuno.
D. – Lei era accanto al Papa la
sera dell’elezione, reggeva il microfono da cui Francesco parlava per la prima
volta Urbi et Orbi. Quale augurio si sente di fare al suo vescovo per il suo
onomastico?
R. – Che continui ad essere se stesso, con la sua coerenza e la sua
trasparenza. Che continui così, perché sta facendo tanto bene. L’augurio è che
San Giorgio lo protegga e che lui continui nella battaglia per il bene,
seminando il bene come sta facendo già adesso.
https://www.papaboys.org/onomastico-di-papa-francesco-come-san-giorgio-lotta-per-il-bene-contro-il-male/
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