“La
contraddizione definisce Palermo. Pena antica e dolore nuovo, le pietre dei
falansteri impastate di sangue ma anche di sudore onesto. La Mafia che
distribuisce equamente lavoro e morte, soperchierìa e protezione.” Leonardo Sciascia
Primo romanzo di
Sciascia: «Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l'umanità, e
ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in
cinque categorie: gli uomini, i mezz'uomini, gli ominicchi, i (con rispetto
parlando) pigliainculo e i quaquaraquà».
Così il padrino don Mariano si
rivolge al capitano Bellodi nel
passaggio chiave de Il giorno della civetta, romanzo d'esordio
dello scrittore e giornalista Leonardo Sciascia, pubblicato in
anteprima sulla Rivista "Mondo Nuovo".
L'Italia che diventa Sicilia
Leonardo Sciascia nasce a Racalmuto, in
provincia di Agrigento (allora denominato Girgenti), l'8 gennaio del 1921.
Scrittore tra i migliori del novecento, polemista e giornalista, brillante
saggista, punto di riferimento anche in politica per diverse generazioni, ha
fatto della Sicilia e dei suoi problemi una metafora letteraria in grado di
descrivere qualsiasi parte del mondo. La sua opera rappresenta inoltre, un
punto di riferimento di quella corrente letteraria e saggistica che fa a capo alla
definizione di "realismo critico".
L'ambito nel quale nasce e cresce il
piccolo Leonardo, è quello della piccola borghesia siciliana. Primo di tre
fratelli, sua madre viene da una famiglia di artigiani, mentre il padre è uno
dei tanti operai impegnati nelle miniere di zolfo della zona agrigentina, cara,
com'è noto, anche a Luigi Pirandello.
Nel 1927, Sciascia comincia la sua esperienza
scolastica, rivelando sin da subito il suo amore e la sua ottima
predisposizione per materie come la letteratura e, soprattutto, la storia. Il
tempo extrascolastico invece, lo trascorre con gli zii, oltre che con il nonno,
punto di riferimento cui spesso ritorna nelle sue lettere in età matura. Nel
1935 poi, il futuro scrittore si trasferisce a Caltanissetta con la famiglia,
iscrivendosi all'Istituto Magistrale IX Maggio. Qui, il suo insegnante è il
noto autore Vitaliano
Brancati, il quale ci mette poco a diventare un
nume per lo scrittore di Racalmuto, soprattutto da un punto di vista
letterario. Brancati, Manzoni e Pirandello sono, infatti, per Leonardo Sciascia, dei veri e
propri punti di riferimento stilistici e teorici in ambito letterario. Inoltre,
nella scuola di Caltanissetta, si imbatte anche in un'altra personalità di prestigio,
il giovane insegnante Giuseppe Granata, futuro senatore del Partito Comunista
Italiano. Da lui, il futuro autore apprende l'insegnamento degli illuministi,
oltre che gli autori statunitensi. Voltaire, da quel momento, diventa per lui un modello
filosofico e critico.
Nel 1941, dopo aver passato al terzo
tentativo la visita di leva, Leonardo Sciascia supera l'esame per diventare
maestro elementare. Nello stesso anno, l'ammasso del grano di Racalmuto lo
assume come impiegato. Qui, ci resta fino al 1948, apprendendo la realtà
contadina siciliana, la quale ritorna in alcune sue opere. Nel frattempo però,
il maestro incontra Maria Andronico, che sposa nel 1944. Laura e Anna Maria
sono le figlie che lo scrittore ha dall'unione con la donna.
Al matrimonio segue il primo incarico
come insegnante, presso la scuola elementare di Racalmuto. In questi stessi
mesi però, Sciascia deve fare i conti con un evento spiacevole: il suicidio del
fratello Giuseppe, capitato nel 1948. Un evento che segna per sempre l'animo
dello scrittore.
A partire dagli anni '50, comincia ad
entrare nel vivo della vita politica e letteraria non solo siciliana. È del
1952 infatti, la sua prima pubblicazione, "Favole della dittatura",
nella cui raccolta è facile intuire le simpatie politiche dell'autore, sempre
più spostate a sinistra. L'anno dopo si aggiudica il "Premio Pirandello", grazie ad un suo brano di critica sul grande
autore siciliano. Intanto, dirige periodici letterari, come
"Galleria" e "I quaderni di Galleria", collabora ad alcune
edizioni per Salvatore Sciascia, suo omonimo animatore culturale, e nel 1956
pubblica il suo primo, vero libro: "Le parrocchie di Regalpietra". È
un'inchiesta documentaria della sua vita di insegnante in un paese che, per
larghi tratti, somiglia alla sua Racalmuto. La storia di una delle tante
province siciliane non è tratteggiata con rigore giornalistico, ma evocata
attraverso una serie di situazioni possibili che l'autore immagina come
accadute. È lo stile, ancora in fieri, dello Sciascia successivo, quello de "Il giorno della civetta" e di "Una storia semplice".
In questi anni poi, per quasi un
biennio, si trasferisce a Roma, al Ministero della Pubblica Istruzione. Da qui,
scrive una raccolta di racconti, "Gli zii di Sicilia", discostandosi
un poco dalla stile intrapreso con il romanzo precedente. Per ritrovarlo,
bisogna attendere il suo ritorno a Caltanissetta e l'ormai noto libro
"Il giorno
della civetta", da cui qualche anno dopo il
regista Damiano Damiani trae un film molto apprezzato da critica e pubblico. Il
libro è ispirato alla vicenda dell'assassinio del sindacalista comunista
Miraglia, avvenuto nel 1947, ed è un riflesso dell'attenzione che l'autore
ripone sempre di più nei confronti della realtà a lui vicina. In questi anni
infatti, egli lavora al Patronato scolastico ma, soprattutto, osserva. E vede,
annota, intuisce tutti quei meccanismi allora sconosciuti, quando non oscurati,
all'opinione pubblica e che si riferiscono al fenomeno della mafia.
"Il giorno della civetta"
porta questa parola in tutta Italia, con un romanzo che si pone esattamente a
metà strada tra narrazione e saggistica. Lo sfondo giallo, infatti, è
soprattutto un pretesto per fotografare e raccontare una realtà assai complessa
e addirittura sottovalutata dalla narrativa e dalla politica nazionale.
Nel 1967, Leonardo Sciascia si
trasferisce a Palermo. Dal suo impiego statale si ritira tre anni dopo,
decidendo di dedicarsi totalmente alla scrittura e alla vita politica. Diventa
un intellettuale controcorrente, problematico, deciso a criticare e guardare
con ottica disincantata tutti i movimenti politici ed ideologici, compresi
quelli a lui vicini, come il comunismo e il partito radicale. "Il
contesto", uno scritto del 1971, non manca di sollevare alcune polemiche
anche in questi ambiti, tirando in ballo espressioni come "ragione di
stato" e "ragione di partito".
Intanto però Sciascia pubblica altri
lavori, come "Il consiglio d'Egitto", del 1963, d'impronta
storiografica e incentrato sul tema dell'impostura, o come l'altrettanto noto
"A ciascuno il suo", del 1966, accolto dagli intellettuali e
ispiratore dell'omonimo film di Elio Petri. L'anno dopo è quello dell'ottimo
"Morte dell'Inquisitore", che prende spunto dalla figura dell'eretico
siciliano Diego La Matina e si incentra su una vicenda riguardante l'Inquisizione
siciliana del secolo XVII.
È la "sicilitudine", come la
chiama l'autore, il tema della raccolta di saggi che va sotto il titolo
"La corda pazza", pubblicata nel 1970. Nel 1974, in pieno clima
referendum nazionale, vede le stampe il brillante "Todo modo". Le
gerarchie ecclesiastiche e i vertici democristiani bocciano il libro, il quale
mette a nudo il sistema di connivenze e le reti di potere tra Clero e Governo,
raccontando la storia di una serie di delitti misteriosi capitati in un ex
istituto ecclesiastico nel quale si celebrano "certi esercizi
spirituali". Il protagonista, a differenza degli altri libri dell'autore
di Racalmuto, non è un detective, né un poliziotto che indaga, ma un pittore
famoso trovatosi per caso ospite nell'edificio.
Nel 1975 scrive il romanzo "La scomparsa di
Majorana" avanzando teorie sulla sparizione
del celebre scienziato,
che saranno poi avvalorate dalle indagini della magistratura negli anni
successivi. Nello stesso anno lo scrittore si candida per le liste del Partito
Comunista a Palermo e viene eletto. Due anni dopo però, rassegna le proprie
dimissioni. Il compromesso storico, gli estremismi e tutte quelle ragioni di
partito tanto criticate anche nei suoi saggi, non gli consentono di proseguire
con serenità la sua vita politica, almeno non nel suo territorio. Sempre nel
1977 esce "Candido", ispirato all'opera di Voltaire,
autore sempre caro a Sciascia.
Nel 1979 però si lascia convincere dai
radicali e si candida sia in Europa che alla Camera. Sceglie Montecitorio,
occupandosi dei lavori della commissione d'inchiesta sul rapimento di Aldo Moro.
Nel frattempo, esce il volumetto "L'affaire Moro", pubblicato nel
1978, nel quale l'autore esprime la sua linea, basata sul tentativo di una
trattativa con i terroristi, per giunta molto criticata sia a destra che a
sinistra. Sorgono infatti, nuovi contrasti con Berlinguer,
il leader del Partito Comunista Italiano, e lo scrittore abbandona al termine
del suo mandato la vita politica nazionale, scegliendo Parigi come meta del suo
ritiro.
Il tumore però, che gli diagnosticano di
lì a poco, lo costringe a frequenti fermate a Milano, per cure sempre più
difficili da sopportare. Escono alcuni altri racconti, come "Porte
aperte", del 1987, "Il cavaliere e la morte", del 1988, e
l'ultimo suo libro di rilievo, "Una storia semplice", il quale va in libreria il giorno stesso della
sua morte. Leonardo Sciascia muore a Palermo il 20
novembre del 1989 all'età di 68 anni.
https://biografieonline.it/biografia-leonardo-sciascia
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