15 OTTOBRE 1940: ESCE IL “GRANDE DITTATORE”
«Mi dispiace, ma io
non voglio fare l’Imperatore: non è il mio mestiere; non voglio governare né
conquistare nessuno. Vorrei aiutare tutti, se possibile: ebrei, ariani, uomini
neri e bianchi. Tutti noi esseri umani dovremmo aiutarci sempre, dovremmo
godere soltanto della felicità del prossimo, non odiarci e disprezzarci l’un
l’altro. In questo mondo c’è posto per tutti.»
È l’incipit del discorso all’umanità che
chiude Il grande dittatore, sublime capolavoro firmato da Charlie
Chaplin che debuttò nelle sale americane il 15 ottobre del 1940.
l grande
dittatore (titolo originale The Great Dictator) è un film statunitense del 1940
diretto, prodotto e interpretato da Charlie Chaplin. Rappresenta una forte
parodia del nazismo e prende di mira direttamente Adolf Hitler e il movimento
nazista tedesco. Per alcune sue peculiarità, è considerato un evento
straordinario. Nel 1941 ottenne cinque candidature al premio Oscar, inclusi
miglior film e miglior attore allo stesso Chaplin. I personaggi del film
sono evidenti caricature dei personaggi reali, così come alcuni nomi che
compaiono,
L’importanza del film va valutata anche alla luce del
fatto che all’epoca della sua uscita gli Stati Uniti non erano ancora in guerra
con la Germania e ancora poco si sapeva degli orrori del Nazismo e ancor meno
della persecuzione antisemita. E questa considerazione non fa che ingigantire i
meriti civili e storici della pellicola e dimostrare come il Cinema possa a
volte svolgere un fondamentale ruolo di supplenza informativa.
Si tratta del primo film in cui Chaplin parla; tuttavia egli non è ancora
avvezzo al sonoro e privilegia il linguaggio a lui più congeniale della
gag del cinema muto, dalle quali proviene anche il personaggio di Charlot, il
vagabondo romantico e dal cuore d’oro, che era stato il protagonista di tantissimi
film del regista, che di questo personaggio ha finito per fare una specie di
alter-ego, incarnazione della sua concezione di vita all’insegna di un
pacifismo poeticamente anarchico e trasognato. La difficoltà del regista nel
gestire in modo originale il sonoro si coglie appieno se si confrontano le
parti dialogate (tutte piuttosto convenzionali, se non apertamente retoriche,
come i discorsi di più esplicita evidenza morale e politica) e quelle
dinamiche, all’insegna quest’ultime di una mimica gestuale assolutamente
esilarante nella sua geniale comicità. È qui che noi assistiamo al meglio della
grande arte cinematografica di Chaplin, fatta di grandi intuizioni umoristiche
e di caustiche (ma mai volgari o banali) frecciate contro il potere ed i
potenti.
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