Etichette

martedì 4 agosto 2020

Lo Sapevate Che:Il Ponte dell'Italia che reagisce


03 AGOSTO 2020
Genova, il Capo dello Stato che percorre a piedi il “San Giorgio” nel giorno della sua inaugurazione è il simbolo di un Paese più forte delle catastrofi. Renzo Piano: “Una ricompensa dopo la tragedia”
DI FRANCESCO MERLO

GENOVA - Sergio Mattarella con i capelli al vento avanza a piedi, lento e solo nonostante il corteo che lo segue e lo tampina, come il calesse solenne e fragile del ponte di van Gogh. L’immagine, trasmessa in diretta tv, è la metafora dell’Italia che per una volta reagisce alle pene che le sono state inflitte. E la pioggia vai-e-vieni, memento del terribile piovosissimo 14 agosto 2018, tutto sommato ha tolto sussiego a una cerimonia, gioco forza, declamatoria.

Ha infatti “accelerato” le lingue e ha imposto il volo degli ombrelli, neri quelli del governo e bianchi quelli genovesi a pendant con la mascherina bianca e la croce rossa. Ogni tanto anche i movimenti sono accelerati e nel prendere posto Conte e la Casellati si inciampano addosso che è un piacere. La Casellati ha la mascherina verde scuro in tinta con il tailleur a pantaloni. Conte, arrivato in nero, ha chiesto la mascherina bianca, forse per amore del genius loci. Bonafede ce l’ha a pois come la cravatta. Il governatore Toti fuma come lo Young Pope di Sorrentino.

La banda dei carabinieri è inscatolata in un gazebo di plastica trasparente. I corazzieri con la mascherina alta sotto l’elmo basso hanno perduto il volto e somigliano ai robot giapponesi. E l’arcobaleno, mentre piove con il sole, scintilla sulla speculazione edilizia raccontata da Italo Calvino già nel 1962 e fa brillare pure il gasometro cilindrico, uno dei primi edifici in cemento armato, che il sindaco vorrebbe buttar giù. Marco Bucci è un padrone di casa accogliente e sicuro di sé.

E quando Matterella scende dalla Maserati, mascherina bianca senza croce rossa, Bucci gli offre un piccolo ricordo: oggi è l’anniversario della nascita di Cristoforo Colombo. Bucci gli dice: 2Presidente, ci aiuti a proteggere le sue statue". Sulla collina davanti al Ponte, ai balconi e alle finestre sotto gli alberi si intravvede una signora col grembiule che stira e qualcuno che mangia panini. Si comincia con i nomi delle vittime e poi le note del Silenzio, infine i tre minuti di raccoglimento. Quindi i discorsi. Commosso e commovente Renzo Piano, che si sta asciugando un tanto al giorno.

Dunque la Nomenklatura del Ponte comincia quando la pioggia finisce. "Non piove, governo onesto» è la battuta di Conte, la più abusata, rovescio del "piove, governo ladro".Si sfalda anche la fosca nuvolaglia sulle sedie bianche della platea rivestita di plastica azzurra. Montate per un giorno, fanno lo stesso scricchio del linoleum. L’altezza è già cielo e, se non fosse per la folla e il vento da turbolenze nell’incognito, sembrerebbe A Room with a ViewCamera con vista.

Ma è il Presidente sul Ponte dell’Architetto il doppio simbolo di oggi: sono gli uomini della Politica e del Genio italiani, due modelli virtuosi, l’homo faber e l’homo polis, ma sono stanchi e senza eredi. Di nuovo Mattarella a Genova è rimasto in silenzio, dirige il galateo istituzionale ma con gentile distacco, e quando attraversa il Ponte con il suo sorriso dolente, è anche la metafora che chiude il cantiere delle metafore smisurate, “miracolo”, “modello”, “magia”, “orgoglio”, “il primo monumento del XXI secolo”, “un’opera d’arte”… E poi: frecce tricolori, fischi di sirene e suoni di campane, la Vespucci illuminata come un lampadario tricolore, l’inno di Mameli, i generali in divisa e l’arcivescovo Tasca che benedice tutto e tutti. Come appunto dice Renzo Piano: "Non è facile fare un ponte, ma è facile pontificare".

Anche il nome, spontaneo e invincibile, che gli danno i genovesi, non è quello ufficiale, “Ponte Genova San Giorgio”. Troppe parole per chi ne è avaro per natura? Il sindaco Marco Bucci non lo ammette: "Arremba San Zorzo – dice - era il grido di battaglia dei genovesi quando in mare attaccavano le navi nemiche ed è il motto della nave San Giorgio della nostra Marina militare". Sciascia spiegava che “quello della nominazione è un grande mistero, ma non privo di metodo”. E infatti basta andare in giro per la città per capire il metodo. I genovesi lo chiamano “il Ponte” e qualche volta “la Nave”, due velocissimi bisillabi che esprimono la semplicità e la sapienza dello spazio galleggiante, la forma dell’architettura, la densità di un’opera che pareva irrealizzabile, "imprigionata com’è nella tragedia" dice Renzo Piano. E aggiunge: "Non so se è felice quel Ponte che sa di sostituirne un altro. Capisco che lo chiamino 'il Ponte' con la maiuscola, che non lo carica di importanza ma di responsabilità, e capisco bene anche la 'Nave' ".

Persino noi, vecchi cronisti scanzonati, proviamo una forte emozione quando l’autobus ci scarica su un Ponte che è già identità italiana, come una nostra piccola Torre Eiffel su una Genova che non è Parigi ma, come Parigi, non è un città ma mille atmosfere, un sogno, anche se la giostra delle meraviglie è in gravissima crisi economica. 2Di questi tempi - dice Piano - fa piacere vedere che sul ponte si raccoglie l’energia del paese, anche con le sue goffaggini. C’è il sapore di una prima cosa bella dopo tanta tragedia, di una ricompensa".

E Bucci spiega così il modello Genova: "Rispettare tutte le regole, fare tutti i controlli, ma semplificare. Per esempio non fare le graduatorie e dunque difenderci dai ricorsi. E ancora: lavorare insieme a un ex procuratore come Michele Di Lecce, che da grande investigatore ci ha fatto escludere due imprese che sembravano pulitissime. E con il procuratore Cozzi abbiamo concordato i tempi dei dissequestri e dei lavori". Il segreto? "La leadership" . Lei, sindaco di destra, ha conquistato la sinistra. Prima dicevano: però quel Bucci, sopresi dall’imprevisto… "Era meglio prima. Adesso che sono salito in alto rischio di cadere. Tutti mi chiedono se mi ricandiderò. Sa qual è il segreto della leadership? Sapere uscire di scena". Resterà nella memoria come l’uomo del ponte? "E le pare poco? Ma ci sono ancora due anni, vedrà che ne faremo delle belle, io e Genova".

E però, come dice Renzo Piano, "sul Ponte non si vede il Ponte", che invece in tv è la panoramica, la fantasia di uno sfondo che conta molto più delle parole, ovviamente retoriche. La forza della cerimonia è tutta nelle immagini che nessuno di noi “dal vivo” e da vicino può vedere. "Il miglior modo di celebrarlo senza tradirlo è mostrarlo" dice ancora Renzo Piano. Dunque sul Ponte oggi decifri solo i codici del cerimoniale, la solita cabala di corte che assegna le posizioni seguendo una complicata graduatoria del potere, come a teatro ma senza palchi reali, solo le sedie di plastica sulle quali nella tarda mattinata scrivono i cognomi di chi le occuperà. E i giornalisti in piedi, accumulati e distanziati in un corral di pochi metri, sono un segno dei tempi.

Sotto i piedi di tutti, a cinquanta metri, lontana dall’emergenza e dalle emozioni ma non pacificata, la periferia degli sfollati è ancora ferita nel paesaggio e nella memoria. In un capannone ci sono i resti del Morandi che sono stati sequestrati dalla magistratura: un pezzo di cemento dal quale esce un ciuffo di ferri storti e curvi, rottami, residui, carcami, e il reperto principe che è il n°132. Sono le rovine di una vergogna italiana. Persino il colore della ruggine sembra esausto.

"Mi sono accorto – mi dice Stefano Boeri - che il Memoriale c’era già: è questo capannone con le rovine che la Procura ha stipato dentro". Boeri ne ha disegnato uno nuovo, con delle grandi vetrate ma «intanto il 14 agosto con i parenti delle vittime inaugureremo questo, provvisorio". Oggi non sono venuti, e con loro neppure gli sfollati e i vigili del fuoco. La signora Egle ha spiegato che il “no” è senza rabbia, poi ha abbracciato Mattarella in prefettura.

Si farà davvero il Memoriale? E perché? Nel Vajont, a Longarone, c’è una chiesa che è un capolavoro di Giovanni Michelucci e, accanto, un giardino intitolato alle vittime. A Bologna c’è il Memoriale con i resti dell’aereo di Ustica. Ad Amatrice c’è un’aiuola tristissima con una fontanella e una piccola lapide. «Non si poteva fare una Chiesa - dice Boeri - perché le vittime erano di religioni diverse e dunque faremo un tempio laico». Ma non c’è compiacimento per quella cultura del degrado che pure ha in Genova una delle sue capitali? Boeri mi fa vedere il disegno del nuovo capannone: "Magari avrebbero dovuto farne uno così anche con il Muro di Berlino".

Genova esalta la rovina, e forse c’è persino un eccesso di poesia, se così di può dire, anche nelle bellissime canzoni dei genovesi che sono diventate una specie di ossessione, e voglio dire che non è bello vedere “una bambina / con le labbra color rugiada” che si prostituisce in via del Campo.
La canzone Crêuza de mä di Fabrizio de André è stata diffusa in tutta l’area del ponte, cantata da 20 artisti. Si riconoscono le voci di Mina, Vasco Rossi, Zucchero, Gianna Nannini: “E a muntä l’àse gh’é restou Diu/ u Diàu l’é in çë e u s’è gh’è faetu u nìu. E a montare l’asino c’è rimasto Dio / il Diavolo è in cielo e ci si è fatto il nido”.

Il progetto Boeri prevede parchi, laboratori di ricerca, case dello studente, impianti industriali: "Le quattro periferie che stanno sotto il ponte saranno unite da una sopraelevata per pedoni e biciclette, il cerchio rosso". Interviene Bucci: "Come la High Line a Manhattan". E sono stati già piantati 43 alberi, uno per ogni vittima, "se i parenti saranno d’accordo daremo agli alberi i loro nomi" dice ancora Bucci. Sono aceri, castagni, frassini, platani... e i famosi ginkgo giapponesi che sopravvissero alla bomba di Hiroshima, e Catherine Deneuve riuscì a farne piantare uno in piazza dell’Alma a Parigi. Il ginkgo è la pianta virile della tenacia e del coraggio. Gli alberi qui hanno il triplice scopo di celebrare la morte, esaltare la vita e purificare la terra. Bucci ha già pronti 60 milioni per far partire i primi lavori: "Mi erano stati versati dal governo prima che Autostrade pagasse l’intero costo del Ponte: aspetto il decreto del presidente Conte". Sarà ancora commissario o agirà con i tempi del sindaco? "Spero commissario".

Il Ponte bisogna vederlo di notte. Al crepuscolo assisto alla prova delle luci che si accendono per noi: di lato, sul bordo, da sotto e da sopra… L’architetto Piano segue tutto, insieme con i mille operai del ponte, ogni giorno per tutto il giorno, anche a mangiare e a prendere il caffè, si spiega chiaramente ma ripete le cose, fa gli auguri al figlio dell’operaio per il compleanno, e ogni tanto si arrabbia, vezzeggia e rimprovera, si accanisce sulle luci.

Le vuole tenui ma non pallide, "cosi sono troppo forti, pare un albero di Natale", poi a qualcuno è venuta l’idea di renderle “psicologiche, d’atmosfera”, ma Piano non cede all’estetismo dei dettagli: 2Quei giunti neri li ammorbidiamo, ma lasciamoli per far vedere come è stato fatto il lavoro, anche se un giorno, senza manutenzione, potrebbero colare; quelle fessure invece le riempiremo di stucco…". Senza le macchine e senza gli uomini che le guidano, si lavorerà ancora per un mese nei cunicoli e negli alloggiamenti dei fili e delle tubature che, anche se non si vedono, sono come il rifugio di Alien con la sua bava paralizzante.

Ancora Piano: "È già parte della vallata, sarà paesaggio e vita, non parlerà di noi che l’abbiamo fatto ma di chi ci passerà sopra e di chi ci passeggerà sotto. Lo sento già amato e accudito dagli sguardi futuri". È l’ultima notte di quiete: domani si va in scena, domani il ponte diventa ponte.
Francesco Merlo – La Repubblica – 4 agosto 2020 -

Nessun commento:

Posta un commento