Involtini con Cavolo “Pescoi”,
ricetta Veneta e riso pilaf
Per 6 persone
Ingredienti:
Far bollire in acqua salata il riso per 10 minuti e
scolarlo. Sfogliare il cavolo. Lavare le foglie.
Portare ad ebollizione in una casseruola abbondante
acqua salata. Fare scottare le foglie per 3 minuti, poche alla volta.
Prelevarle con un mestolo forato e posarle su un canovaccio pulito, una accanto
all’altra.
Preparare l’impasto. Tritare finemente il prosciutto,
metterlo in una ciotola e unirvi le carni trite, l’uovo leggermente battuto, il
parmigiano, il riso bollito, il prezzemolo, regolare di sale e pepe. Mescolare
bene il composto e riempire ciascuna foglia di cavolo, a cui avrete eliminato
le nervature dure. Richiudere bene le foglie ad involtino. Sistemare gli
involtini in un tegame in un solo strato e coprirli con il brodo vegetale.
Cuocere a tegame coperto e a fuoco moderato per mezz’ora dall’ebollizione,
aggiungendo eventualmente ancora un poco di brodo se necessario. Servire gli
involtini con riso pilaf (segue ricetta).
Per il riso pilaf: 350 gr di riso Patna, una cipolla,
50 gr di burro.
In una pirofila da forno che si possa coprire, fate appassire
una cipolla bianca in 50 gr di burro (attenzione che se la pirofila fosse di
vetro, dovete mettere sotto, sul fuoco, uno spargifiamma ), aggiungete il riso
e sempre mescolando, cuocetelo per 4 minuti. Unite il brodo caldo e mescolate,
portate a ebollizione, coprite la pirofila perfettamente e mettetela in forno
preriscaldato a 180°, fate cuocere per 16 minuti, finché l’acqua sia
completamente assorbita.
Topinambur
in Insalata con Mele e Nocciole e formaggi misti
Per 4 persone
Ingredienti:
800 gr di topinambur, 2 mele renette, 1 limone, 50 gr
di nocciole senza buccia, abbrustolite e tritate grossolanamente, vino bianco,
olio al tartufo nero, sale, pepe.
Togliere la buccia a i topinambur, lavarli e tagliarli
a rondelle non sottili. Farli cuocere in acqua bollente salata aromatizzata con
2 bicchieri di vino per 8 minuti. Sbucciare le mele, ridurle a fette spesse e
passarle nel succo del limone spremuto, affinché non anneriscano. Sgocciolare i
topinambur e trasferirli sul piatto di portata. Aggiungere le fette di mele, un’abbondante
macinata di pepe e le nocciole. Condire con l’olio al tartufo. Servire il
piatto accompagnato dai formaggi misti.
Cachi freschi al cucchiaio
Ma non chiamateli al
singolare, caco non è corretto. lo diciamo comunemente, “mangiare un caco”,
oppure, “il caco non è ancora maturo”. E’ un errore, è uno di quei pochi casi
in cui il sostantativo ha una declinazione invariabile, sia che parliamo di un albero,
di uno o più frutti.
La stagione dei cachi
Autunno, stagione dei cachi. Se c’è un frutto che
marca questo periodo è questa piccola sfera arancione, dalla pelle lucida,
tesa, quasi trasparente. I cachi o kaki, frutti del Diospiros Kaki, un nome che
già ci introduce nella leggenda: dal greco Dios cioè
dio, mentre pyros significa
frumento, a sottolineare l'importanza di questo frutto nell’alimentazione
umana. Di colore arancio intenso quando sono maturi, i cachi sono frutti con una polpa molto dolce, simile
ad una morbida crema, tant’è che si mangiano con un cucchiaino. Se ci pensate è
forse l’unico frutto che si mangia così, come un dolce.
La loro storia è millenaria e da noi, in Europa sono arrivati alla fine del Settecento, ma solo come pianta ornamentale. La sua comparsa in Italia risale al 1870 ed il primo kaki fu portato a Firenze per i giardini di Boboli. I primi impianti specializzati in Italia sono sorti nel Salernitano a partire dal 1916, estendendosi poi in particolare in Emilia. Questo particolare frutto ha un'importanza particolare anche in Sicilia dove è famosissimo e più diffuso il kaki di Misilmeri esportato e conosciuto in tutto il mondo. Sono anche chiamati Loto del Giappone, Mela d'Oriente e Albero delle sette virtù: per la sua lunga vita, per la grande ombra che offre, per l'assenza di nidi, la mancanza di tarli, la possibilità di giocare con le foglie indurite dal gelo, il sapore, il bel fuoco che riesce a creare e per le sostanze concimanti per il terreno che può produrre. C’è tutta un’aura magica intorno a loro. In Giappone il cachi è utilizzato per la produzione di un vino a bassa gradazione alcolica ed il suo succo viene impiegato per chiarificare il sakè.
La loro storia è millenaria e da noi, in Europa sono arrivati alla fine del Settecento, ma solo come pianta ornamentale. La sua comparsa in Italia risale al 1870 ed il primo kaki fu portato a Firenze per i giardini di Boboli. I primi impianti specializzati in Italia sono sorti nel Salernitano a partire dal 1916, estendendosi poi in particolare in Emilia. Questo particolare frutto ha un'importanza particolare anche in Sicilia dove è famosissimo e più diffuso il kaki di Misilmeri esportato e conosciuto in tutto il mondo. Sono anche chiamati Loto del Giappone, Mela d'Oriente e Albero delle sette virtù: per la sua lunga vita, per la grande ombra che offre, per l'assenza di nidi, la mancanza di tarli, la possibilità di giocare con le foglie indurite dal gelo, il sapore, il bel fuoco che riesce a creare e per le sostanze concimanti per il terreno che può produrre. C’è tutta un’aura magica intorno a loro. In Giappone il cachi è utilizzato per la produzione di un vino a bassa gradazione alcolica ed il suo succo viene impiegato per chiarificare il sakè.
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