Vita e
opere
Francois-Marie
Arouet, meglio noto come Voltaire, nacque a Parigi nel 1694 e fu l’ultimo
di cinque figli di una ricca famiglia borghese. Il padre, infatti, era notaio
nonché alto funzionario fiscale, mentre la madre vantava lignaggio nobiliare.
All’età di sette anni, però, Voltaire perse la madre e fu educato dal genitore rimasto con cui ebbe, ininterrottamente, un rapporto
molto conflittuale. Il giovane filosofo frequentò un
rinomato collegio gesuita, dove apprese il latino e il greco e dimostrò una grande propensione per lo studio delle materie
umanistiche. Tuttavia, seguendo il volere paterno, si iscrisse ad una scuola
di diritto che abbandonò dopo solo quattro
mesi.
Voltaire conobbe un iniziale successo preso i salotti nobiliari come autore
di scritti sarcastici e polemici nei
confronti dell’autorità e, alla morte del padre, ereditò una cospicua somma.
Ma, un litigio con un cavaliere, gli costò prima la reclusione e poi la via dell’esilio per l’Inghilterra. Il filosofo trascorse tre fruttuosi anni nel nuovo paese ed ebbe modo di
apprezzare la letteratura autoctona (ammirò soprattutto le opere di Shakespeare, ancora poco conosciuto nel resto del continente), la filosofia, la
libertà religiosa e di parola concessa ai cittadini, e i limiti imposti al
potere del re, in netto contrasto con la monarchia assoluta francese.
Al suo ritorno
in Francia pubblicò
le considerazioni sull’esperienza inglese nella raccolta di saggi
intitolata Lettere Filosofiche, che gli procurarono un nuovo attrito con la corona francese. Si nascose,
quindi, nel castello di una nobildonna con cui intrattenne una relazione
amorosa e si immerse nella composizione di scritti di varia natura (teatrali,
filosofici, scientifici). Fu questo il periodo in cui Voltaire sviluppò la sua ammirazione per le
opere di Newton.
Dal 1749 al
1752 accettò l’ospitalità di Federico II di Prussia, che nutriva nei confronti del
filosofo grande ammirazione al punto da volerlo come suo consigliere. Ma, la
rottura dell’amicizia col
sovrano lo costrinse a riparare prima in Svizzera e poi nuovamente in Francia,
presso il piccolo centro di Ferney. Diventò, in questo periodo, il punto
di riferimento dell’Illuminismo europeo
e collaborò alla realizzazione dell’Enciclopedia. Furono gli anni in cui Voltaire diede alla luce le sue opere maggiori tra cui: Micromega (1752), Saggio sui costumi e sullo spirito delle
nazioni (1756), il Candido
o dell’ottimismo (1759), il Trattato
sulla tolleranza (1763).
Dopo 28 anni di
assenza, Voltaire rientrò a Parigi accolto dagli onori dei suoi concittadini, ad eccezione della corte
del re e del clero. Ma poco dopo, a quasi 83 anni, si spense probabilmente per
un cancro alla prostata mentre la folla lo acclamava sotto il suo balcone. Il suo pensiero
laico, anticlericale e spregiudicato influenzò non poco molti protagonisti
della Rivoluzione americana e di quella francese, e l’elaborazione di pensatori successivi come Marx o Nietzsche. (..)
L'idea
di tolleranza di Voltaire
Tutta la
polemica di Voltaire contro le
ingiustizie sociali, la superstizione, il fanatismo è esemplificata nella
sua difesa del principio della tolleranza. Nella sua opera più importante, il Trattato sulla tolleranza, infatti, il
filosofo parte da un fatto di cronaca (un processo concluso con la condanna a
morte di un protestante di Tolosa) per denunciare globalmente le conseguenze
dell’intolleranza, ed in particolare si scaglia contro
il cristianesimo. «I cristiani sono i più intolleranti degli
uomini», o «la nostra (religione, n.d.r) è senza dubbio la più ridicola, la
più assurda e la più assetata di sangue mai venuta a infettare il mondo» scrive.
Ma la sua
requisitoria è diretta contro tutte le religioni
storiche che hanno tradito il loro
comune nucleo razionale, fatto di alcuni principi semplici e universalmente condivisi e,
attraverso l’istituzione di dogmi e riti particolari, si sono macchiate di ogni tipo di crimine (dalle guerre alle
persecuzioni). Abbandonare dunque il dogmatismo e abbracciare una religione
spogliata dei suoi tratti esteriori e deleteri perché: «il deista non appartiene a nessuna
di quelle sette che si contraddicono tutte… egli parla una lingua che tutti i
popoli intendono… egli è persuaso che la religione non
consiste né nelle opinioni di una metafisica incomprensibile,
né in vane cerimonie, ma nell’adorazione e nella giustizia. Fare il bene è il
suo culto: obbedire a Dio è la sua dottrina».
L’uomo
deve accettare la diversità, i diversi punti di vista, in quanto, secondo Voltaire, essere tolleranti significa accettare le comuni fragilità: «Siamo tutti impastati di debolezze e
errori: perdoniamoci reciprocamente le nostre sciocchezze, è la prima legge di
natura… Chiunque perseguiti un altro suo fratello, perché non è della sua
opinione, è un mostro».
La tolleranza
deve animare qualunque tipo di potere politico e Voltaire si scaglia, quindi, anche contro l’uso della
tortura e della pena di morte. Allo stesso
modo attacca l’uso della religione per giustificare le guerre e rigetta
il nazionalismo in nome di una fede cosmopolita.
Ritratto di
Voltaire, scrittore e filosofo francese — Fonte: Ansa
Voltaire : Vita e Opere
Francois-Marie Arouet, noto come Voltaire, nacque a Parigi da una ricca famiglia
borghese.Frequentò un rinomato collegio gesuita e si iscrisse, poi, ad una
scuola di diritto che abbandonò dopo solo quattro mesi.
Alla morte del padre ereditò una cospicua somma.
Dopo un iniziale successo presso i salotti francesi,
la vita di Voltaire fu caratterizzata dall’attrito
con nobili e con la corona francese.
Prese prima la via dell’esilio, durato tre anni, verso
l’Inghilterra (che gli ispirò la scrittura delle Lettere Filosofiche), seguito dalla permanenza in
Prussia (presso Federico II), in Svizzera e a Ferney.
Divenne il punto di riferimento dell’Illuminismo europeo; collaborò alla realizzazione
dell’Enciclopedia e compose le sue opere maggiori: Micromega (1752), Saggio sui costumi e sullo spirito delle nazioni (1756),
il Candido o dell’ottimismo (1759), il Trattato sulla tolleranza (1763).
Ritornò infine a Parigi, accolto con trionfo dai suoi
concittadini e si spense, poco dopo, a quasi 83 anni.
Il deismo di
Voltaire e la critica all'ottimismo metafisico
Voltaire era un
deista ed era convinto che Dio esistesse e che ciò potesse essere provato
guardando l’ordine dell’universo.
Il Dio di Voltaire era
una sorta di grande Architetto universale, era inconoscibile e non interveniva
nelle vicende degli uomini, era un prodotto della ragione.
Secondo Voltaire il
male esiste e rimanere nell’ottimismo metafisico (seguendo la massima “tutto è
bene” e “viviamo nel migliore dei mondi possibili”) significa farsi opprimere
ed evitare di ragionare.
L'uomo, la
morale e l'etica animalista in Voltaire
Voltaire invita ad accettare l’imperfetta condizione dell’uomo.
Nonostante non esistano idee innate
rintraccia i principi di una legge morale universale sostenendo che il bene e
il male si configurano con ciò che è utile o nocivo per la società.
Rifiuta l’idea di una superiorità
dell’uomo sull’animale e condanna la vivisezione e qualunque forma di tortura
fisica.
La concezione
della storia
Voltaire crede
che la storia debba concentrarsi sullo “spirito” di una nazione e svelare e
superare tutto ciò che c’è di irrazionale e superstizioso nella storia dei
popoli.
Il progresso dell’uomo, evidenziato
dalla storia, consiste nel suo tentativo di superare, attraverso la ragione,
pregiudizi e miti e fondare una società più giusta.
L'idea di
tolleranza di Voltaire
Nel Trattato sulla tolleranza il
filosofo denuncia le conseguenze dell’intolleranza e si scaglia, in
particolare, contro il cristianesimo.
Secondo Voltaire bisogna
abbandonare il fanatismo delle religioni storiche e abbracciare unicamente una
religione razionale che si basi sull’obbedienza a Dio e sull’esercizio del
bene.
Essere tolleranti significa, per Voltaire: accettare la diversità e le comuni fragilità,
rifiutare la tortura e la pena di morte e abbracciare una fede pacifista e
cosmopolita.
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